Matteo Messina Denaro latitante nel «Palazzo di ferro» in via dei Cantieri, a Palermo, sotto la responsabilità dei mafiosi dell’Acquasanta: il pentito Vito Galatolo ne parla al processo Apocalisse, nello stesso contesto in cui aveva descritto il progetto di attentato alla vita del pm Nino Di Matteo, ordito, secondo lo stesso ex boss del quartiere, proprio dal superlatitante di Castelvetrano.
Il mistero dei rapporti tra Messina Denaro e i palermitani continua: perché Galatolo insiste nel dire che il peso del capomafia trapanese è determinante, al punto che Cosa nostra palermitana, senza discutere, avrebbe dovuto uccidere il pm della trattativa Stato-mafia.
Il boss sarebbe stato latitante pure nel capoluogo dell’Isola: Galatolo sostiene di avere appreso in carcere dallo zio Pino Galatolo, «però non posso dire se è vero o no, che era appoggiato in via dei Cantieri».
Secondo il pentito “la leadership di Cosa nostra ce l’ha Matteo Messina Denaro, che è anche figlioccio di Salvatore Riina e tutti a Palermo si sono accodati. Quello che prendeva tutti i contatti, e che era molto legato a lui, era Mimmo Biondino”. E a confermargli il dato sarebbero stati anche altri soggetti come “Nino Sacco, uomo d’onore della famiglia di Brancaccio, poi dalla famiglia di Santa Maria di Gesù, da Piero Pilo, detto Billy, da Nino Corso, da Giampaolo Corso, a cui lui ha fatto fare di nuovo le famiglie, i mandamenti, Santa Maria di Gesù, Brancaccio, Corso dei Mille, San Lorenzo”.
Che Messina Denaro abbia da sempre un rapporto speciale con la famiglia Biondino è un dato acquisito da tempo, tanto che lo stesso superlatitante intervenne in prima persona nel 2008 proprio a protezione dei figli di Girolamo e Salvatore Biondino che stavano tentando una sorta di scalata all’interno della famiglia mafiosa di San Lorenzo. All’epoca il reggente riconosciuto era Mariano Troia ed erano sorti dei contrasti che avrebbero potuto portare anche a fatti di sangue. Persino i Capizzi si attivarono con lo stesso boss trapanese tramite Franco Luppino e la risposta non tardò ad arrivare. “Sandro- scriveva Messina Denaro – ma né ora né mai… ti posso già subito dire, fin da adesso vai tranquillo. Primo perché non se n´è parlato mai…però non li toccate perché sono figli di amici, di picciotti che ci tengo”.
Al processo “Apocalisse” Galatolo ha poi ribadito chel’ordine di morte di uccidere il magistrato Nino Di Matteo, titolare assieme al procuratore aggiunto Vittorio Teresi ed i sostituti Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene dell’indagine sulla trattativa Stato-mafia, fosse arrivato tra settembre e dicembre 2012 proprio da Messina Denaro, indicato come “il fratellone”.