Matteo Messina Denaro e le stragi /2

Matteo Messina Denaro e le stragi /2

2020-06-29T12:52:52+02:00 19th Giugno, 2020|dove sei matteo, inchieste|

Proseguiamo con la seconda parte del nostro approfondimento sulla requisitoria del pm Gabriele Paci, al processo che si sta svolgendo a Caltanissetta nei confronti di Matteo Messina Denaro, accusato di essere il mandante delle stragi. Qui potete leggere la prima parte.

I collaboratori di giustizia sulle vicende Trapanesi – “Iniziamo con alcuni collaboratori di giustizia che ritengo  – afferma il pm Paci – rispetto ad altri, particolarmente affidabili nella ricostruzione delle vicende trapanesi. Riina la guerra la vince con Brusca. Giovanni Brusca è il figlioccio di Riina che esegue assieme alle squadre trapanesi e presenzia a quasi tutti gli omicidi della guerra di mafia nella provincia trapanese. Brusca assieme a Giuseppe Ferro e Vincenzo Sinacori sono i depositari di quei segreti, sia perché partecipano sia per la posizione all’interno delle loro famiglie. Brusca perché cresce sulle ginocchia di Riina. Ferro perché capo mandamento di Alcamo, e Sinacori, coreggente di Mazara del Vallo dopo l’arresto di Mariano Agate. Tutti e tre partecipano anche alle commissioni provinciali, vedono, assistono ma non sanno. Gioacchino La Barbera che abbiamo sentito è un soldato di Altofonte che veniva a fare gli omicidi a Trapani e ha riferito seriamente solo quello che ha visto. Tutto questo è importante, per capire il ruolo che svolge Trapani per i Corleonesi e i Corleonesi per Trapani e perché alcuni Corleonesi, in particolare Giovanni Brusca, dal 1980 al giorno del suo arresto nel 1996, ha vissuto sempre con un piede in provincia di Trapani. C’è una mutua assistenza dunque tra Trapani e Palermo che consente a Riina di vincere la guerra”.

I quattro mandamenti della provincia di Trapani – “E Riina rimane in provincia di Trapani e piazza i suoi colonnelli che lo hanno aiutato, nei posti di comando. Promuove Francesco Messina Denaro diventa capo del mandamento di Castelvetrano e capo della provincia di Trapani. Mariano Agate che era capo della famiglia di Mazara del Vallo diventa capo del mandamento di Mazara del Vallo, perché per rendergli onore, il mandamento che faceva capo a Marsala viene spostato a Mazara del Vallo che ora ingloba la famiglia di Marsala. Vincenzo Milazzo, a cui è stato ucciso da pochi anni il padre, viene nominato da Riina capo del mandamento di Alcamo. A Trapani dopo l’uccisione di Totò Minore, si insedia Cola Gucciardi e dopo Gucciardi arriva Vincenzo Virga. I mandamenti della provincia di Trapani sono questi, Castelvetrano, Alcamo, Trapani e Mazara. Riina però tra questi si sente a casa nei mandamenti di Castelvetrano e Mazara”.

La strategia del peso e del contropeso – “Nei mandamento di Mazara e Castelvetrano Riina conosce tutto e tutti. Quando Riina va lì, gira tranquillamente per il paese, perché è sicuro che nessuno andrà a denunciare alle forze dell’ordine la sua presenza. Riina fa quello che troviamo nei libri di storia. Dove non si fida completamente crea un sistema di pesi e contrappesi. Mette un capofamiglia e poi mette un altro uomo di sua fiducia a cui dice: qui sono tutti bravi e tutti belli, ma tu se c’è qualcosa che non va mi fai sapere. A quel punto il gioco è fatto, Trapani è nelle mani di Riina con tutti i suoi colonnelli che sono stati promossi sul campo. In particolare gli uomini piazzati da Riina a controllo di quanto avveniva nei mandamenti sono: Antonino Patti a Marsala e Giuseppe Ferro ad Alcamo.
L’idea di Riina era quella di mettere un peso e un contrappeso. Un uomo di fiducia e un uomo che controllasse se il suo uomo fosse capace di gestire al meglio la famiglia.

“Riina e i trapanesi erano tutti una persona” – A quel punto chi non si adatta, chi non si allinea alle direttive e ai diktat di Riina muore. E questo accade a Marsala con l’accenno di rivolta e con l’uccisione agli inizi del ’92 dei boss D’Amico e Caprarotta e, sempre nel ’92 ad Alcamo con l’uccisione di Vincenzo Milazzo e la sua fidanzata. Tutto questo porta a dire ai pentiti, in particolare Cangemi, che i Corleonesi avevano a Trapani una roccia, come se erano a casa loro. Brusca dice che “tra Riina e i trapanesi erano tutti una persona”, radiografia precisa di quello che erano i rapporti del tempo. Stessa cosa dice Peppe Ferro che sintetizza il concetto così: “per noi lo Stato era Riina”, stessa cosa dirà Sinacori e anche Giuffré. Solo che Giuffrè dirà una cosa più importante e che divide tra Riina e Provenzano una divisione del territorio in aree di influenza. Provenzano aveva i suoi uomini di fiducia nella zona di Bagheria e nel nisseno, mentre Riina, invece, aveva i suoi uomini più vicini nella roccaforte trapanese, specie a Mazara e Castelvetrano”.

Castelvetrano e Mazara erano la casa di Riina – C’è una frase che va oltre e che è di Vincenzo Sinacori ad un certo punto esprime così il concetto: “In Cosa nostra non ci sono più commissioni, non c’è nulla, le regole saltano tutte perché comanda soltanto Riina”. La forza di Riina – continua Sinacori – era tale che non si dovevi dire sì, così tanto per, lo si doveva dire in maniera convinta, altrimenti non si tornava a casa”. Sinacori dice le commissioni non c’erano, ma non è così, le commissioni c’erano, è un falso e Sinacori lo sa, usa quest’iperbole per esprimere e rafforzare quello che era il peso preponderante di Riina. Non ha fatto solo la guerra, ma ad esempio a Mazara del Vallo e Castelvetrano ha investito tanto. Lì ci passava le sue vacanze, ci portava i figli. Aveva una casa sul lungomare di Mazara e non solo ci passava le vacanze ma ha investito tanti soldi proprio tra Castelvetrano e Mazara. Insomma, lì c’erano diversi prestanomi che danno qualcosa a Riina. C’è insomma una sorta di simbiosi tra i vertici della mafia corleonese e i mafiosi trapanesi, e c’è una comunanza di interessi.

Delitti e stragi nel trapanese ordinate da Riina – Oltre ai delitti collegati all’ascesa del potere dei Corleonesi, ci sono almeno quattro o cinque vicende clamorose che riguardano il territorio trapanese che sono ordinate da Totò Riina o che vedono comunque la partecipazione di Riina o dei palermitani a questi delitti. Il primo è l’omicidio del sostituto procuratore di Trapani Giangiacomo Ciaccio Montalto, la soppressione dei vari personaggi che erano stati autori del sequestro Campisi, la strage di Pizzolungo del ’85, per la quale sono stati condannati Riina, oltre a Vincenzo Virga e a Balduccio Di Maggio, l’attentato al poliziotto Rino Germanà nel settembre del ’92, la soppressione dei vertici della famiglia di Marsala, i fratelli Vincenzo e Gaetano D’Amico e Francesco Caprarotta, sostituiti con Patti e Marceca, le vicende alcamesi, poi la faida di Alcamo dell’89, la famosa eliminazione dei quattro a Partinico nell’89, l’omicidio di Vincenzo Milazzo e Antonella Bonomo nel ’92, la guerra contro i Greco, l’eliminazione dei fratelli Evola a Castellammare del Golfo. Tutti sostituiti nell’organigramma da soggetti di assoluta fiducia di Totò Riina.

Gli affari di Riina con i clan trapanesi – Ma, oltre ai delitti, ci sono anche gli affari. Si comincia negli anni ’70 con il traffico dei tabacchi, oggi fa sorridere, ma allora era un business enorme che viene condiviso con i napoletani e il famoso Nuvoletta. C’è la vicenda del Big John, nave con un enorme carico di cocaina sbarca nella zona di Mazara. Traffico commissionato al cartello di Medellin da Francesco Madonia, c’è l’installazione della più grande raffineria di eroina ad Alcamo, nell’85, dove, grazie ad una soffiata, vennero arrestati Vincenzo Milazzo e Giuseppe Ferro, e altri mafiosi alcamesi.

La Stella d’Oriente – Poi c’è la “politica del tavolino”, i grandi affari vengono ora gestiti dalle imprese del Nord Italia che scendono al Sud e beneficiari di questi grandi appalti sono anche i mazaresi e gli uomini della provincia di Trapani. C’è poi la “Stella d’Oriente”, è una società che lavora nel settore ittico, dove ci sono dentro tutti: Mariano Agate, c’è dentro Riina e il fratello Gaetano, c’è Pino Mandalari che è il commercialista di Totò Riina, c’è Giovanni Bastone e ci sono i fratelli Nuvoletta, uomini d’onore della famiglia di Napoli. Uno dei Nuvoletta lo ritroveremo a Roma quando, assieme ad una squadra capitanata da Matteo Messia Denaro e Giuseppe Graviano, su ordine di Riina si recano a Roma per il progetto di eliminazione di Giovanni Falcone o Claudio Martelli.

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Giacomo Di Girolamo
Giacomo Di Girolamo, giornalista. Mi occupo di criminalità organizzata e corruzione in Sicilia da più di 20 anni. Sono direttore della radio più ascoltata della provincia di Trapani, Rmc 101, e di un portale molto letto in Sicilia, Tp24. Miei articoli sono usciti su Repubblica, Il Sole 24 Ore, Domani. Collaboro anche con Linkiesta.  Sono autore della biografia del boss Matteo Messina Denaro: L’invisibile (un'edizione aggiornata è uscita nel 2023), di Cosa Grigia (il Saggiatore 2012, finalista al premio Piersanti Mattarella), Dormono sulla collina (il Saggiatore 2014), Contro l’antimafia (Il Saggiatore, 2016).  Per Laterza ho scritto "Gomito di Sicilia" (2018), per Zolfo "Matteo va alla guerra" (2022) e "Una vita tranquilla" (2004). Per le mie inchieste ho vinto nel 2014 il Premiolino, il più importante premio giornalistico italiano, e, nel 2022, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, il Premio Nazionale "Paolo Borsellino". Ho raccontato la mia vita in un podcast per Audible, "L'isola di Matteo".