Anche quest’anno il Giornale di Sicilia, come ogni 30 Novembre, ha pubblicato un necrologio in ricordo di Francesco Messina Denaro, potente capomafia di Castelvetrano, padre di Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993. Il necrologio pubblicato sul Giornale di Sicilia, è firmato “I tuoi cari”: al centro c’è la scritta in grassetto del nome di Francesco Messina Denaro, a sinistra la data di morte, a destra quella attuale. Un necrologio sempre più stringato rispetto a quelli pubblicati nel passato, quando le frasi usate per il ricordarlo erano, ad esempio: “Ti vogliamo bene, Sei sempre nei nostri cuori” e sempre la firma “I tuoi cari tutti”, o ancora (in latino): “È tempo di nascere ed è tempo di morire ma vola soltanto colui che vuole e il tuo volo è stato per sempre sublime…”, citazione dall’Ecclesiaste e anche in questa occasione il saluto “In ricordo di te… I tuoi cari”.
Messina Denaro padre morì, da latitante, con un infarto. Il suo cadavere venne fatto ritrovare nelle campagne di Castelvetrano, vestito di tutto punto, pronto per le esequie. Il figlio, Matteo Messina Denaro, è attualmente il quinto latitante più ricercato al mondo. Capo e rappresentante indiscusso della mafia trapanese, è il boss più influente di tutta Cosa Nostra siciliana. La prima denuncia nei suoi confronti per associazione mafiosa risale al 1989. Nel febbraio 1992 Matteo Messina Denaro fece parte di un gruppo di fuoco che venne inviato a Roma per compiere appostamenti nei confronti di Maurizio Costanzo e per uccidere Giovanni Falcone e il ministro Claudio Martelli, facendo uso di kalashnikov, fucili e revolver. Nel luglio 1992 Messina Denaro fu tra gli esecutori materiali dell’omicidio di Vincenzo Milazzo (capo della cosca di Alcamo), che aveva cominciato a mostrarsi insofferente all’autorità di Riina; pochi giorni dopo, strangolò barbaramente anche la compagna di Milazzo, Antonella Bonomo, che era incinta di tre mesi. In seguito, Messina Denaro fece anche parte del gruppo di fuoco che compì il fallito attentato al vicequestore Calogero Germanà a Mazara del Vallo (14 settembre 1992).
Dopo l’arresto di Riina, Messina Denaro fu favorevole alla continuazione della strategia degli attentati dinamitardi insieme ai boss Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano: gli attentati dinamitardi a Firenze, Milano e Roma provocarono in tutto dieci morti e 106 feriti, compresi danni al patrimonio artistico. Dall’estate 1993 Messina Denaro è irreperibile. Da allora è iniziata la sua lunga latitanza.