Una banca al servizio delle cosche. Come abbiamo raccontato ieri, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani ha disposto l’amministrazione giudiziaria per sei mesi della Banca di Credito Cooperativo “Sen. Pietro Grammatico” di Paceco. Il provvedimento è scattato a seguito di un’indagine del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo da cui sono emersi collegamenti con soggetti legati alla criminalità organizzata. Si tratta di un provvedimento mai applicato prima in Italia nei confronti di un istituto bancario. Fino ad oggi erano finiti sotto amministrazione giudiziaria aziende, società, finanziarie, mai istituti bancari. Il provvedimento ha una durata di 6 mesi e può essere prorogato.
Tutti i particolari dell’operazione li potete leggere cliccando qui. Ad amministrare la banca sarà il commercialista Andrea D’Ara e la società di consulenza Pricewaterhouse Coopers. Dovranno analizzare i conti di una sede a Paceco e cinque filiali tutte nel Trapanese: a Paceco, Trapani, Dattilo, Napola e Marsala. Sottoposto a controlli da parte della Banca d’Italia nel 2010 e nel 2013, il Credito cooperativo di Paceco secondo l’accusa ha ignorato o rispettato solo formalmente le raccomandazioni degli ispettori, in tema soprattutto di normativa antiriciclaggio e concessioni di fidi ed extrafidi.
Tra le cose scoperte: prestiti senza garanzie nonostante gli obblighi delle norme anti riciclaggio, per i boss di rango. Da qui il provvedimento per la banca, il primo nel genere in Italia, che ha cinque filiali, e che è arrivato alla fine di una lunga indagine, fatta con software specializzati, e con due ispezioni della Banca d’Italia. “La misura – dice il procuratore di Palermo, Lo Voi – serve a tutelare innanzitutto a tutelare i correntisti”.
Secondo i rapporti di Banca d’Italia e Guardia di Fiinanza tra il 2002 e il 2014 la banca ha avuto ben 1600 soci, tra i quali 357 con precedenti penali, e tra questi 11 con precedenti per mafia. E tra i soci ci sono nomi importanti della mafia trapanese, insieme a politici e imprenditori, e naturalmente non manca la massoneria. Il conto corrente della Loggia “Abele Damiani” del Grande Oriente d’Italia era proprio alla Bcc Paceco.
L’attenzione in particolare è stata puntata sulla famiglia Coppola, e su Filippo Coppola, detto “il professore”, pregiudicato per mafia. Coppola era insegnante di lettere alla scuola media. Fu arrestato e condannato a sette anni per mafia.Nello scorso aprile gli sono stati confiscati beni per un valore di tre milioni di euro, il capomafia è ritenuto dagli inquirenti vicino sia al superlatitante Matteo Messina Denaro che all’ex capomandamento di Trapani, Vincenzo Virga. Il fratello, Rocco Coppola, era dipendente e responsabile dell’ufficio rischi e l’altro fratello, Girolamo, funzionario della Regione siciliana, fu indagato nel 2009 per associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione «Golem». Il procedimento venne poi archiviato su richiesta degli stessi pubblici ministeri. Già nell’inchiesta patrimoniale a carico di Filippo Coppola emerse «l’inspiegabile facilità ad accedere al credito bancario – sottolinearono gli inquirenti -, con erogazione di mutui, per oltre cinquecentomila euro, nell’arco di pochi anni».
Uscito dal carcere diventò per un breve periodo preside di una scuola privata, poi aprì un’azienda per la coltivzione del melone giallo, grazie al sostegno di un prestito della banca, dalla quale non partì alcuna segnalazione. Anche perché il fratello Rocco Coppola era direttore dell’ufficio fidi della Banca….
Ma la banca oltre ad elargire, «con facilità», prestiti al boss mafioso Filippo Coppola avrebbe, negli anni passati, dichiarato finanche il falso per coprire il proprio cliente. Il capomafia negli anni Novanta era esposto di un miliardo di vecchie lire, con almeno cinque banche. Uno dei mutui era stato concesso dalla «Grammatico» di Paceco. La banca, con verbale del consiglio di amministrazione del 25 febbraio 1993, deliberò la cancellazione delle ipoteche iscritte contro una serie di fidejussori (tra cui Coppla) «preso atto che i suddetti nominativi hanno provveduto ad effettuare i versamenti pattuiti». Ma come si legge nel decreto di confisca a carico del boss emesso ad aprile dalla sezione misure di prevenzione di Trapani (presidente il giudice Piero Grillo) «non emerge alcun pagamento effettuato dal Coppola, all’ epoca in carcere»
Paolo Ruggirello, cugino dell’omonimo deputato regionale del Pd, ha raccontato poi come la banca “era considerata per certuni rifugio sicuro”, in particolare sarebbe stata l’agenzia di Trapani punto di riferimento “di ambienti massonici facoltosi”.
Ancora: un giorno una signora, nota per appartenere ad una famiglia con precedenti per mafia, i Milazzo, andò in banca a prelevare 120.000 euro. Nessuno segnalò l’operazione. Quando al funzionario Pietro Bello, gli ispetto della Banca d’Italia chieero come mai non aveva fatto alcuna segnalazione dell’operazione,rispose dicendo che ritenne di non fare nulla “avendo conoscenza del carattere della cliente, sensibilmente suggestionata dalle notizie negative date dai telegiornali sui mercati”. Grande. Altra operazione quantomeno singolare, la transazione concessa a Pietro Leo, indiziato di mafia, che aveva stipulato un mutuo di 237 mila euro e ha ottenuto di restituirne 135 mila in 10 anni. La figlia era dipendente della «Grammatico».
Dagli amministratori arriva questa nota stampa:
Gli Amministratori Giudiziari, dottori Andrea Dara e Marco D’Alia,con riferimento al decreto del Tribunale di Trapani, Misure di Prevenzione, del 26 novembre 2016, notificato in data 28 novembre 2016, precisano che la misura con la quale è stata disposta la sospensione dell’organo amministrativo costituisce uno strumento assunto allo scopo di tutelare, in condizioni di legalità, la continuità della gestione dell’azienda bancaria, le sue obbligazioni e la tutela dei suoi soci e depositanti.
L’amministrazione giudiziaria informa che tutti i rapporti in corso proseguiranno regolarmente nei confronti dei clienti che restano tutelati dal fondo di garanzia depositanti.
MARTORANA. “Personalmente non ho nulla da temere. Il consiglio d’amministrazione da me presieduto ha sempre lavorato nella perfetta legalità” dice intervistato da Il Locale News il Sindaco di Paceco Biagio Martorana che è stato presidente della banca per 18 anni, fino al 2010, prima di diventareSindaco della città. “I rapporti bancari con i Coppola ci sono sempre stati – spiega Martorana – anche quando ero presidente. Vado a memoria
in questo momento, visto che non ho carte alla mano ma ricordo di un mutuo concesso per l’apertura di una tabaccheria al figlio o al nipote di Coppola. Mutuo regolarmente estinto secondo la normativa senza alcun tipo di problema o sofferenza”.
PALAZZOTTO. “Già nel 2013 io e l’on. Claudio Fava avevamo presentato un’interrogazione ai ministri di Interno e Finanze chiedendo di intervenire sugli strani movimenti del Banco di credito cooperativo di Paceco, che avevano erogato più volte prestiti ad un condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso come Filippo Coppola. Ma nessuno dal governo ha mai risposto all’interrogazione, nessuno è intervenuto sulla banca e non vi è stato alcun monitoraggio”. A dirlo è il deputato di Sinistra italiana Erasmo Palazzotto, in riferimento alla disposizione della misura di amministrazione giudiziaria per il Bcc di Paceco per sospetti contatti con la criminalità organizzata. “Si sarebbe potuto intervenire tre anni fa – continua Palazzotto – come al solito si è dovuti arrivare all’azione della magistratura, che finisce sempre per anticipare una politica che resta inerte”.