Tra le cose di cui vado più fiero della mia vita professionale c’è una tavola rotonda, in quel di Bratislava, capitale della Slovacchia, alla quale partecipai nel 2012 , se ricordo bene, in un teatro affollatissimo di giovani, sul tema “verità e corruzione”. Ero sul palco con Zygmunt Bauman. Lui parlava, come al solito, benissimo, di massimi sistemi, di percezione del tempo, di un’opinione pubblica che non esiste più. Io parlavo della mia vita e delle mie cose da cronista. Sul retro del palco, poi, con Bauman ci fermammo a parlare, io, lui e il mio inglese da combattimento. Ci sedemmo in salottino, era curioso di sapere tutto sul mio lavoro. Sorseggiava continuamente the e vino bianco, miscelati, insieme. Un po’ mi faceva senso, ma lui era quello della società liquida, e quindi di liquidi se ne intendeva, chi ero io per sindacare. Passammo un pomeriggio insieme. Finì che ci lasciammo con un abbraccio, e un “a mai più rivederci”. Mi stringa bene, mi disse, “a big hug”, perché io sono anziano e non so se ci rivedremo. Sono fiero di quel pomeriggio, di quell’incontro, e di tante altre cose. E il professor Bauman mi disse, quel pomeriggio: faccia quello che può, lo faccia bene, l’importante è non avere paura. Avrei voluto scattare una foto con lui, ma mi vergognavo a chiederlo, mi vergogno sempre.
Detto questo, una riflessione a margine. Il 2016 si è portato via grandi leggende del pop internazionale. Ok. Il 2017 in nemmeno dieci giorni si è portato via due monumenti della cultura, Bauman e prima ancora Tullio De Mauro (e quando muore un linguista è sempre una perdita immensa, come fosse un premio Nobel, uno scienziato, perché la lingua ha a che fare con il ragionamento….) Sarà dunque il 2017 l’anno in cui moriranno tutti i nostri grandi riferimenti culturali? Bene, mi adeguo. Ma mi chiedo: l’anno delle “cose inutili” quando arriva?