Pietro Ivano Nava, il primo, vero, testimone di giustizia

Pietro Ivano Nava, il primo, vero, testimone di giustizia

2018-09-22T18:11:47+02:00 22nd Settembre, 2018|storie|

Oggi, 22 Settembre, ricorre l’anniversario della barbara uccisione di Rosario Livatino, magistrato. Era il 1990. I killer mafiosi lo affiancarono a bordo di una moto, cominciarono a sparare, lui, colpito ad una spalla, scese dalla macchina, scappò per la campagna. Fu una corsa di pochi metri. 

Ma oggi, 22 Settembre, non è stato solo Livatino a morire. E’ “morta” un’altra persona. Pietro Ivano Nava. Agente di commercio,  40 anni, lombardo, rappresentante di porte blindate, si trovava casualmente sulla stessa strada di Livatino e dei killer perchè aveva degli appuntamenti in Sicilia.

Vide l’omicidio.

Vide in faccia i killer.

Non esitò un minuto a fermarsi da un cliente, ad Agrigento, a  chiamare la polizia, fornire una ricostruzione dettagliata e dire: “Ho visto i killer, saprei riconoscerli”.

Così avvenne.

Pietro Ivano Nava è stato il primo vero testimone di giustizia in Italia.

Vero, autentico: ha visto un crimine efferato, lo ha denunciato, senza se e senza ma, portando alla condanna dei killer.

Lui è morto quel giorno, perché lo Stato gli ha dato protezione, sistemazione, una nuova identità. Ma il signor Nava è morto, un’altra persona vive adesso la sua vita, tra le mille difficoltà di chi in un pomeriggio ha perso tutto: il lavoro, la carriera, la casa, gli amici. 

Ricordiamo sempre Livatino, ma dovremmo non dimenticare Nava.

E’ stato il primo vero testimone di giustizia italiana. Non era  mafioso, non ha parlato perché gli hanno ucciso un parente, o perchè era stanco dell’ambiente in cui viveva. Non ha parlato per rifarsi una vita. Non ha fatto ricostruzioni, supposizioni, congetture. Ha raccontato la meccanica di un fatto, i lineamenti di un volto. Una, due, tre volte, ogni volta che gliel’hanno chiesto.

E, con grande rispetto dello Stato  non ha utilizzato la sua condizione per fare carriera politica o reclamare un posto, giocare con la doppia identità, fare, ancora peggio, il gioco del non potersi mostrare in pubblico per poi mostrarsi, tipico di certe starlette dell’antimafia. Non si è autocelebrato come eroe.

La sua assenza, da allora, parla per lui. E parla di uomo normale, che ha fatto una cosa semplice, responsabile, umana. 

“Perchè lo ha fatto?”, gli chiesero una volta i giornalisti, durante l’udienza del processo in cui aveva appena confermato l’identità dei killer di Livatino. “Perchè l’ho fatto? Perchè sono stato educato così”.

Grazie, signor Nava. 

About the Author:

Giacomo Di Girolamo
Giacomo Di Girolamo, giornalista. Mi occupo di criminalità organizzata e corruzione in Sicilia da più di 20 anni. Sono direttore della radio più ascoltata della provincia di Trapani, Rmc 101, e di un portale molto letto in Sicilia, Tp24. Miei articoli sono usciti su Repubblica, Il Sole 24 Ore, Domani. Collaboro anche con Linkiesta.  Sono autore della biografia del boss Matteo Messina Denaro: L’invisibile (un'edizione aggiornata è uscita nel 2023), di Cosa Grigia (il Saggiatore 2012, finalista al premio Piersanti Mattarella), Dormono sulla collina (il Saggiatore 2014), Contro l’antimafia (Il Saggiatore, 2016).  Per Laterza ho scritto "Gomito di Sicilia" (2018), per Zolfo "Matteo va alla guerra" (2022) e "Una vita tranquilla" (2004). Per le mie inchieste ho vinto nel 2014 il Premiolino, il più importante premio giornalistico italiano, e, nel 2022, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, il Premio Nazionale "Paolo Borsellino". Ho raccontato la mia vita in un podcast per Audible, "L'isola di Matteo".