Il mandamento mafioso di Mazara, spiegato

Il mandamento mafioso di Mazara, spiegato

2017-05-14T07:38:23+02:00 15th Maggio, 2017|inchieste|

Il mandamento mafioso di Mazara del Vallo torna a far parlare e discutere dopo gli arresti dell’operazione Visir. Ma qual è l’importanza in Cosa nostra delle famiglie di Mazara del Vallo e del suo mandamento (che, ricordiamolo, comprende anche Marsala). Eccolo spiegato.

All’operazione Visir si è arrivati con un approfondimento d’indagine proprio sul mandamento di Mazara, da sempre considerato tra quelli più influenti in tutta la provincia di Trapani. Per capire il perché, basta considerare che il suo capo storico, il defunto boss Mariano Agate, era uno dei fedelissimi di Totò Riina e per anni il capo dei capi ha trascorso la sua latitanza nel territorio mazarese dove tra l’altro, aveva la sua residenza il fratello Gaetano. Ma per capire le dinamiche di questo mandamento che, nell’operazione Visir vede coinvolto la figura emergente dell’imprenditore Fabrizio Vinci che, a sua volta intrattiene rapporti molto stretti con altri personaggi di rilievo della famiglia mafiosa locale, bisogna fare un passo indietro.

Come dicevamo il mandamento comprende oltre alla famiglia mafiosa di Mazara anche quelle di Marsala, Vita e Salemi e a guidarlo per anni è stato il boss Mariano Agate fino alla sua morte avvenuta il 3 aprile del 2013. Agate è una delle figure più forti della mafia trapanese e durante la sua lunga detenzione a prendere le redini del mandamento sono stati, negli anni ‘80 Francesco Messina, detto Mastro Ciccio, e Salvatore Tamburello, detto u Putiaru. Agli inizi degli anni ’90, e precisamente nel marzo del ’92, invece, assumono la reggenza Vincenzo Sinacori e Andrea Mangiaracina, per poi tornare ancora a Tamburello e al figlio Matteo, fino ad arrivare alla più recente guida di Vito Gondola, detto Coffa, arrestato ad agosto del 2015 con l’operazione antimafia Ermes.

A confermare queste dinamiche è stato lo stesso Vincenzo Sinacori, diventato dopo il suo arresto collaboratore di giustizia e ad oggi, l’unico che ha permesso di ricostruire la storia e i passaggi più importanti della mafia mazarese. Così racconta il collaboratore Sinacori: “Dopo il primo arresto dell’Agate avvenuto nel 1982, il mandamento fu affidato a Tamburello che era coadiuvato da Bruno Calcedonio. Successivamente, intorno al 1983, a quest’ultimo subentrò Francesco Messina che poco tempo dopo divenne il vero reggente: dopo il nuovo arresto di Agate nel 1992, la reggenza fu affidata ad Andrea Mangiaracina e a me stesso. Francesco Messina è stato sempre “Sottocapo”, mentre Salvatore Tamburello è stato il “consigliere”; Vito Gondola e Giovanni Leone hanno assunto i ruoli di “capo decina”. 

Tra le attività primarie del mandamento c’è sempre stata quella del traffico di sostanze stupefacenti, in cui si sono messi in luce soggetti del calibro di Salvatore Miceli e Vito Bigione, capaci di saper interloquire e instaurare rapporti con diversi gruppi criminali italiani e stranieri.
Altro aspetto fondamentale, su cui ruota un po’ tutta l’attività del mandamento mafioso, e per comprendere come abbia avuto la capacità di influenzare diversi settori della società civile è la vicenda della Stella D’Oriente, una società operante principalmente nel settore ittico.

Questa società fu costituita a Palermo nel 1974 da Giuseppe Di Stefano (cugino di Mariano Agate) e Giuseppe Mandalari (detto Pino), il commercialista palermitano, massone di rito eterodosso e contabile di fiducia di Totò Riina. Quando la Stella D’Oriente fu trasferita a Mazara divennero soci oltre ai fondatori anche Mariano Agate, il fratello Giovan Battista, Salvatore Tamburello e le mogli e i parenti di altri personaggi di spicco della famiglia mafiosa locale. L’analisi della compagine sociale rende l’idea della dimensione sovra regionale e delle capacità operative di Cosa nostra mazarese. Figuravano, infatti, tra i soci della Stella D’Oriente seppur tramite interposte persone, esponenti di primo piano della di Cosa nostra, della Camorra napoletana, per non parlare della presenza nel nucleo societario, anche se indiretta, di Totò Riina tramite il fratello Gaetano, elemento che confermava il forte legame tra Mariano Agate e i Corleonesi.

Altra indicazione sulla pericolosità e capacità di infiltrazione nel tessuto sociale trapanese è data dalle relazioni tra esponenti mafiosi e appartenenti alla massoneria deviata. Oltre all’appartenenza dei soci fondatori della Stella D’Oriente, Giuseppe Di Stefano e Pino Mandalari emergono i rapporti con la loggia coperta “Iside 2” attiva a Trapani negli anni ’80 e tra i quali risultava iscritto lo stesso Mariano Agate. Di recente poi l’indagine Hiram ha svelato l’esistenza di un patto tra mafiosi mazaresi e massoni che avevano l’obiettivo di condizionare alcuni procedimenti giudiziari pendenti presso la Corte di Cassazione e a carico di affiliati alla famiglia mafiosa di Mazara.

A conferma dell’importanza strategica della zona di Mazara del Vallo nello scenario di Cosa nostra, infine, c’è un fatto certo, che il territorio oltre che per Riina è stato garanzia di una lunga e indisturbata latitanza anche per tanti altri mafiosi di primo piano tra cui Leoluca Bagarella e Bernardo Brusca.

About the Author:

Giacomo Di Girolamo
Giacomo Di Girolamo, giornalista. Mi occupo di criminalità organizzata e corruzione in Sicilia da più di 20 anni. Sono direttore della radio più ascoltata della provincia di Trapani, Rmc 101, e di un portale molto letto in Sicilia, Tp24. Miei articoli sono usciti su Repubblica, Il Sole 24 Ore, Domani. Collaboro anche con Linkiesta.  Sono autore della biografia del boss Matteo Messina Denaro: L’invisibile (un'edizione aggiornata è uscita nel 2023), di Cosa Grigia (il Saggiatore 2012, finalista al premio Piersanti Mattarella), Dormono sulla collina (il Saggiatore 2014), Contro l’antimafia (Il Saggiatore, 2016).  Per Laterza ho scritto "Gomito di Sicilia" (2018), per Zolfo "Matteo va alla guerra" (2022) e "Una vita tranquilla" (2004). Per le mie inchieste ho vinto nel 2014 il Premiolino, il più importante premio giornalistico italiano, e, nel 2022, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, il Premio Nazionale "Paolo Borsellino". Ho raccontato la mia vita in un podcast per Audible, "L'isola di Matteo".