Il mandamento mafioso di Mazara del Vallo torna a far parlare e discutere dopo gli arresti dell’operazione Visir. Ma qual è l’importanza in Cosa nostra delle famiglie di Mazara del Vallo e del suo mandamento (che, ricordiamolo, comprende anche Marsala). Eccolo spiegato.
Come dicevamo il mandamento comprende oltre alla famiglia mafiosa di Mazara anche quelle di Marsala, Vita e Salemi e a guidarlo per anni è stato il boss Mariano Agate fino alla sua morte avvenuta il 3 aprile del 2013. Agate è una delle figure più forti della mafia trapanese e durante la sua lunga detenzione a prendere le redini del mandamento sono stati, negli anni ‘80 Francesco Messina, detto Mastro Ciccio, e Salvatore Tamburello, detto u Putiaru. Agli inizi degli anni ’90, e precisamente nel marzo del ’92, invece, assumono la reggenza Vincenzo Sinacori e Andrea Mangiaracina, per poi tornare ancora a Tamburello e al figlio Matteo, fino ad arrivare alla più recente guida di Vito Gondola, detto Coffa, arrestato ad agosto del 2015 con l’operazione antimafia Ermes.
A confermare queste dinamiche è stato lo stesso Vincenzo Sinacori, diventato dopo il suo arresto collaboratore di giustizia e ad oggi, l’unico che ha permesso di ricostruire la storia e i passaggi più importanti della mafia mazarese. Così racconta il collaboratore Sinacori: “Dopo il primo arresto dell’Agate avvenuto nel 1982, il mandamento fu affidato a Tamburello che era coadiuvato da Bruno Calcedonio. Successivamente, intorno al 1983, a quest’ultimo subentrò Francesco Messina che poco tempo dopo divenne il vero reggente: dopo il nuovo arresto di Agate nel 1992, la reggenza fu affidata ad Andrea Mangiaracina e a me stesso. Francesco Messina è stato sempre “Sottocapo”, mentre Salvatore Tamburello è stato il “consigliere”; Vito Gondola e Giovanni Leone hanno assunto i ruoli di “capo decina”.
Tra le attività primarie del mandamento c’è sempre stata quella del traffico di sostanze stupefacenti, in cui si sono messi in luce soggetti del calibro di Salvatore Miceli e Vito Bigione, capaci di saper interloquire e instaurare rapporti con diversi gruppi criminali italiani e stranieri.
Altro aspetto fondamentale, su cui ruota un po’ tutta l’attività del mandamento mafioso, e per comprendere come abbia avuto la capacità di influenzare diversi settori della società civile è la vicenda della Stella D’Oriente, una società operante principalmente nel settore ittico.
Questa società fu costituita a Palermo nel 1974 da Giuseppe Di Stefano (cugino di Mariano Agate) e Giuseppe Mandalari (detto Pino), il commercialista palermitano, massone di rito eterodosso e contabile di fiducia di Totò Riina. Quando la Stella D’Oriente fu trasferita a Mazara divennero soci oltre ai fondatori anche Mariano Agate, il fratello Giovan Battista, Salvatore Tamburello e le mogli e i parenti di altri personaggi di spicco della famiglia mafiosa locale. L’analisi della compagine sociale rende l’idea della dimensione sovra regionale e delle capacità operative di Cosa nostra mazarese. Figuravano, infatti, tra i soci della Stella D’Oriente seppur tramite interposte persone, esponenti di primo piano della di Cosa nostra, della Camorra napoletana, per non parlare della presenza nel nucleo societario, anche se indiretta, di Totò Riina tramite il fratello Gaetano, elemento che confermava il forte legame tra Mariano Agate e i Corleonesi.
Altra indicazione sulla pericolosità e capacità di infiltrazione nel tessuto sociale trapanese è data dalle relazioni tra esponenti mafiosi e appartenenti alla massoneria deviata. Oltre all’appartenenza dei soci fondatori della Stella D’Oriente, Giuseppe Di Stefano e Pino Mandalari emergono i rapporti con la loggia coperta “Iside 2” attiva a Trapani negli anni ’80 e tra i quali risultava iscritto lo stesso Mariano Agate. Di recente poi l’indagine Hiram ha svelato l’esistenza di un patto tra mafiosi mazaresi e massoni che avevano l’obiettivo di condizionare alcuni procedimenti giudiziari pendenti presso la Corte di Cassazione e a carico di affiliati alla famiglia mafiosa di Mazara.
A conferma dell’importanza strategica della zona di Mazara del Vallo nello scenario di Cosa nostra, infine, c’è un fatto certo, che il territorio oltre che per Riina è stato garanzia di una lunga e indisturbata latitanza anche per tanti altri mafiosi di primo piano tra cui Leoluca Bagarella e Bernardo Brusca.