L’operazione antimafia Visir della scorsa settimana, che ha portato all’arresto di 14 persone ci permette di fare un approfondimento sulla famiglia mafiosa di Marsala e sulle sue dinamiche. Per capire come su quest’ultima, ad un certo punto, alcuni anni fa il boss di Castelvetrano Matteo Messina Denaro, non poteva fare più nessun affidamento – come lui stesso ebbe a scrivere in alcuni suoi pizzini – perché erano stati arrestati tutti, anche i rimpiazzi dei rimpiazzi, bisogna ricordare una serie di operazioni condotte dalle forze di polizia sin dalla metà degli anni ’90.
Le fasi delle indagini denominate Peronospera I, II e II, Black Out e Nerone e successivamente le operazioni Raja e Rabbit hanno consentito gli arresti di pericolosi latitanti della famiglia marsalese. Queste operazioni man mano hanno permesso di fare chiarezza sull’organigramma della cosca locale e svelato gli intrecci confluenti della criminalità organizzata con alcuni esponenti della politica e del mondo dell’imprenditoria.
Peronospera, affari e politica – Nella seconda fase di Peronospera, scaturita dalle dichiarazioni dell’ex vigile urbano e poi responsabile dell’ufficio biciclette del Comune di Marsala, Mariano Concetto, venne arrestato il senatore Pietro Pizzo, accusato di voto di scambio politico-mafioso. Quelle indagini fecero luce sul fatto che certe scelte amministrative in seno al consiglio comunale marsalese erano condizionate da precise strategie direttamente emanate dai vertici della famiglia mafiosa di Marsala e per capire come questa influenzasse gli affari e la vita politica c’è un altro personaggio della criminalità organizzata marsalese, Vincenzo Zerilli, 64 anni, ufficialmente, all’epoca, titolare di una tabaccheria ma, secondo secondo gli inquirenti un mafioso che condizionava la vita pubblica cittadina. A parlare di Zerilli e dei suoi rapporti con l’ex deputato Onofrio Fratello, sono stati ancora una volta l’ex vigile urbano Mariano Concetto e l’ex consigliere comunale Vincenzo Laudicina. Assieme a Zerilli, finito in carcere nel 2005 con l’accusa di associazione mafiosa, estorsione plurima e turbativa d’asta, sono stati arrestati Luigi Adamo, Filippo Chirco, imprenditore edile; Maurizio Vincenzo Errera imprenditore edile; Rosario Esposto, dirigente comunale, già dirigente dell’ufficio tecnico e Vito Russo, imprenditore edile.
Reggenza e avvicendamenti al vertice – A Marsala, come dicevamo, gli arresti di pericolosi latitanti come i fratelli Giacomo e Tommaso Amato, Natale Bonafede, insieme al capo mafia di Mazara Andrea Mangiaracina, ed ancora l’arresto di Antonino Rallo e Francesco De Vita, consentivano di avere un quadro chiaro della famiglia e gli avvicendamenti al suo vertice. Nel 2003 la reggenza è affidata a Natale Bonafede e dopo il suo arresto ad Antonino Rallo, a sua volta divenuto latitante per una condanna all’ergastolo a suo carico. Catturato nel 2007, Rallo fu sostituito al vertice dal fratello Vincenzo Rallo fino all’arresto avvenuto il 3 luglio del 2009. Con l’arresto di quest’ultimo la reggenza fu affidata in quel periodo all’anziano uomo d’onore Antonino Bonafede, padre di Natale Bonafede.
E’ in questo periodo, come si ricostruisce con l’operazione Visir che, Bonafede Antonino venne sostenuto nella sua reggenza dal nipote Ignazio Lombardo, il quale assunse il ruolo di luogotenente dello zio, rapportandosi a nome suo, sia con gli altri esponenti locali che con quelli delle altre famiglie trapanesi.
Le dichiarazioni del pentito Cimarosa – A conferma di quanto ricostruito sulle dinamiche al vertice della famiglia mafiosa di Marsala dagli inquirenti ci sono anche le dichiarazioni di Lorenzo Cimarosa, cugino di Matteo Messina Denaro, morto lo scorso 8 gennaio. “Nel 2011 -2012, andai a trovare in carcere a Trapani Matteo Filardo, nella sala colloqui c’era anche Antonino Rallo (l’ergastolano) che mi avvicinò e mi disse che dovevo incontrare Antonino Bonafede di Marsala. Dopo una quindicina di giorni venne in un mio cantiere Antonino Lo Sciuto e mi disse che era stato avvicinato da Ignazio Lombardo, il quale gli aveva detto che suo zio Nino Bonafede voleva incontrarmi. In seguito suo nipote mi portò all’incontro con lo zio”.
Sempre per quel che riguarda i cambiamenti al vertice della famiglia di Marsala, Vincenzo Rallo (arrestato con l’operazione Visir) una volta tornato in libertà riprese la reggenza a partire dal settembre del 2013 e anche in questo caso oltre al supporto delle ricostruzioni degli inquirenti, ci sono le dichiarazioni rese sempre dallo stesso Cimarosa nell’interrogatorio del 15 marzo del 2016, il quale affermava che Vincenzo Rallo era succeduto a Ignazio Lombardo al vertice della famiglia: “Ignazio Lombardo rappresenta va la famiglia mafiosa di Marsala, così come io rappresentavo Castelvetrano. Ha comandato lui fino alla scarcerazione di Vincenzo Rallo”.
Arresti e condanne – Tra i 14 fermati dell’operazione Visir: Andrea Antonino Alagna di Mazara; Alessandro D’Aguanno di Marsala; Vincenzo D’Aguanno di Marsala; Calogero D’Antoni di Marsala; Giuseppe Giovanni Gentile, detto “testa liscia”, di Marsala; Michele Giacalone, di Marsala, Massimo Giglio di Marsala; Simone Licari di Marsala; Ignazio Lombardo, detto “il capitano”, di Marsala; Michele Lombardo, detto Michelone, di Petrosino; Vito Vincenzo Rallo, di Marsala; Aleandro Rallo, di Marsala; Nicolò Sfraga, di Marsala e Fabrizio Vinci, di Mazara, molti sono stati più volte arrestati e condannati per il reato di associazione mafiosa o comunque per reati commessi nell’interesse dell’associazione e una volta tornati in libertà si sono tranquillamente reinseriti all’interno della struttura criminale. In particolare Vincenzo Rallo condannato per ben tre volte nel febbraio del 1999, giugno 2007 e settembre 2013 per il reato del 416 bis c.p. e reati di estorsione, detenzione illegale di armi e violazione delle misure di prevenzione personali; Ignazio Lombardo condannato a luglio del 2015 in via definitiva sempre per gli stessi reati e per incendio; ed ancora Michele Lombardo e Michele Giacalone condannati il 25 settembre del 2008 per concorso esterno in associazione mafiosa e nello specifico per aver curato e gestito la latitanza del boss Antonino Rallo.
Organigramma – Il complesso delle indagini di Visir ha dato prova, anche se in formato rimaneggiato per via delle tante precedenti operazioni, della capacità operativa della consorteria marsalese, guidata da Vincenzo Rallo nel territorio del Comune di Marsala, comprendente le zone di Strasatti e Petrosino, e perfettamente inserita nel mandamento di riferimento, quello di Mazara del Vallo. Le intercettazioni degli indagati da parte degli uomini del ROS hanno permesso di stabilire con precisione ruoli, gerarchie, colloqui e controversie all’interno di Cosa nostra marsalese e i rapporti intrattenuti con le altre famiglie mafiose di Trapani tra cui quella del mandamento di Alcamo e la famiglia di Salemi e per la provincia di Palermo il mandamento di San Giuseppe Jato.
L’organigramma ultimo venuto fuori dal controlli di alcuni affiliati della decina di Strasatti-Petrosino, Michele Lombardo e Vincenzo D’Aguanno è questo: Vincenzo Rallo a capo di tutta la famiglia di Marsala; Nicolò Sfraga scelto da Rallo quale referente della decina di Strasatti-Petrosino, ma la cui figura non è ben vista dagli altri esponenti dell’area. E’ Rallo che dà le indicazioni da seguire agli affiliati ed è lo stesso che impone i suoi luogotenenti. Inoltre nei colloqui intercettati tra i diversi soggetti associati, si manifesta l’influenza e gli ordini per il rispetto delle gerarchie e dell’equilibrio imposto alla famiglia di Marsala da Matteo Messina Denaro tramite il capo decina Nicolò Sfraga.
Le controversie – Tra le controversie sorte all’interno del gruppo criminale alcune riguardavano le commesse della Calcestruzzi Romano e l’acquisizione dell’impianto della For.Edil che vede coinvolta la figura del mazarese Fabrizio Vinci. E i conflitti che riguardavano il Vinci e le gelosie sorte per l’incarico affidato da Rallo a Sfraga Nicolò sono alla base di intercettazioni che hanno documentato la capacità del Rallo e dell’intero gruppo criminale di decidere anche di omicidi evitati solo grazie all’intervento dei carabinieri.
Il luogo degli incontri – C’era un luogo, esattamente a Petrosino, in via dei Platani, di proprietà di Vincenzo D’Aguanno, dove gli affiliati della famiglia mafiosa si incontravano regolarmente per le loro riunioni. Si sentivano al sicuro in questo luogo che chiamavano “l’ulivo”, “San Giuliano” o “il recinto” e lì si confrontavano sulle controversie, per ricevere gli ordini dai vertici e pianificavano le varie attività dell’associazione ed era usato anche come una sorta di poligono per allenamento all’uso delle armi. Dalle analisi e dalle acquisizioni dei contenuti di queste riunioni si è evidenziato come i soggetti intercettati avevano l’obiettivo comune di controllare il territorio, facendo ricorso all’uso della violenza, alle estorsioni e come si attivassero per assistere i sodali con i proventi delle attività criminose.
Decina e sottogruppi – All’interno della decina “Strasatti-Petrosino” si erano delineati due sottogruppi, uno che faceva riferimento a Nicolò Sfraga, nominato referente dal boss Vincenzo Rallo e l’altro al D’Aguanno Vincenzo che, sottoposto sempre al Rallo non sopportava la figura e l’ingerenza di Sfraga, specie nella ripartizione delle risorse economiche del territorio di competenza, che riteneva non proprio equa.
Paura di essere intercettati – In questi anni di indagini serrate, portate avanti dal comando Provinciale dei Carabinieri di Trapani in collaborazione con il ROS, gli indagati ad un certo punto hanno intuito che potevano essere intercettati, si sentivano controllati e avevano più di un sospetto che qualcosa non andava per il verso giusto. In alcuni colloqui ad esempio tra Fabrizio Vinci, imprenditore di Mazara, tra i 14 arrestati, e Vincenzo D’Aguanno, i due palesano il fatto che temevano di essere l’obiettivo delle videocamere di sorveglianza delle forze dell’ordine. Così parlano tra di loro: “39 telecamere! Da qua… partendo da qua ad arrivare là sotto… 39 telecamere! Dove ti devi andare a salvare tu? un’altra ventina ce n’è qua?!.. “Già come ci si può salvare!“. Indicano dove sono piazzate le telecamere: «dove ci sono le ….? Da dove ci sono le …. a .…? Dove ci sono le …? 100 metri più avanti c’è una traversa a sinistra! Di questa traversa a sinistra… non ti voglio esagerare… devi calcolare un 5- 600 metri… ce ne sono 12 messe! 5- 600 metri… 12 telecamere!».
C’è pure un episodio, un incontro tra i due capi di San Giuseppe Jato, Bruno, e quello di Marsala, Rallo. Quest’ultimo è particolarmente nervoso per il continuo passaggio di auto lungo la strada vicino al luogo dell’incontro. Rallo manda tutti via, la riunione dura un minuto, troppe auto lo infastidiscono, ma i militari riescono ugualmente a riprenderli.