C’era una volta il “Fortino”. Così sta scomparendo la costa di Marsala

C’era una volta il “Fortino”. Così sta scomparendo la costa di Marsala

2020-04-24T07:19:51+02:00 29th Gennaio, 2016|inchieste|

I trentenni di Marsala, ricordano bene il fortino del Mediterraneo. D’estate, quando andavano in spiaggia, nel primo tratto della lunga costa marsalese, ci si fermava lì, dove c’era un fortino di epoca fascista. Ci si metteva appoggiati con la schiena alla struttura in pietra, con le gambe distese verso il mare e si aspettava l’onda grande per farsi bagnare i piedi. C’era chi vi saliva per prendere il sole, chi lo usava come frigo, chi come immondezzaio, chi come base su cui aprire i ricci appena presi nello specchio di mare antistante. Oggi il fortino non c’è più, non è più possibile fare tutto ciò che si poteva fare fino a 15, 20 anni fa.
Il fortino è in mezzo al mare, ed è l’unità di misura, per tutti i marsalesi, per calcolare grosso modo l’erosione costiera. Quanta costa sta scomparendo in città, quanta se ne porta via ogni anno il mare. Quanto è colpa dell’uomo. Il mare si prende ciò che trova sul suo cammino, ciò che arriva ad abbracciare durante le mareggiate invernali, e lascia ogni anno gli spiccioli per l’estate. Si prende tutto ciò che l’uomo gli ha tolto, con l’abusivismo edilizio, con la trasformazione della morfologia del territorio.
Il fortino, non c’è più. E’ in mezzo al mare, e non c’è più neanche la spiaggia. Si sta sgretolando anche quel piccolo promontorio, usato come parcheggio. E afferrando ciò che trova, il mare, mostra ciò che l’uomo ha provato a nascondere. E dalla pancia della terra riaffiorano rifiuti edili, tubi, materiale di risulta, pneumatici. Si sta sgretolando tutto. Lo si vede ad occhio nudo, ogni anno, la riduzione della costa. Evento naturale o c’è lo zampino dell’uomo?
Certo l’abusivismo edilizio ha rovinato la costa a Marsala, la natura non ha trovato più se stessa, non ha trovato più la possibilità di rigenerarsi. Ma non sono solo le case abusive, quelle costruite sulla spiaggia le cause di tutto.

Il geologo Roberto Gallo ha una spiegazione a questo fenomeno. “Bisogna premettere che i fenomeni di erosione dipendono dalla morfologia, dalla composizione della sabbia, da come il tratto di costa è esposto al regime dei venti dominanti. I sistemi di spiaggia sono diversi tra loro e ognuno reagisce in modo diverso. Ma dove ci sono interventi antropici, dell’uomo, questi possono favorire o sfavorire l’erosione. Al Fortino la spiaggia si è ridotta così negli ultimissimi anni perché è stato fatto un intervento di difesa della strada provinciale. Questa strada viene presa d’attacco dalle mareggiate di ponente, i marosi, arrivano con una certa energia sulla strada, e la danneggiano. A questo si è pensato di opporre una scogliera a ridosso della strada”. Quella che c’è tra la foce del sossio e il curvone del “Mediterraneo”. “Questa scogliera artificiale – continua il geologo – allontana l’impatto con la strada. Ma quest’acqua torna indietro con la stessa energia e cammina in altre direzioni, va verso sud e attacca la punta del “Fortino”. Una costa naturale fatta di poseidonia attutirebbe l’energia del mare. Si ha così un volume d’acqua che va parallelamente verso sud, a causa delle mareggiate che arrivano da ponente, e che scalza il fortino”.

La costa si sgretola anche in centro. Il lungomare fotografato da tutti quando arriva la bella stagione piano piano collassa. Sono piccole avvisaglie. Il costone si sbriciola poco a poco, e un giorno inghiotte una parte di staccionata, un altro giorno può inghiottire un palo dell’illuminazione. Un altro giorno potrà essere la strada a sentirne le conseguenze. E anche lì, sotto, dove sembra si stia formando una spiaggetta ci sono materiali edili. Portati dal mare, o estratti dalle onde. Visibili in mezzo ad altri rifiuti e con la puzza delle acque non proprio bianche, come dicono dal Comune, che escono dalla condotta fognaria che scarica in mare. Il Museo Baglio Anselmi sovrasta tutto, e i turisti ammirano lo scempio.
Una morfologia del territorio che cambia con la complicità dell’uomo, dicevamo. E anche a Nord, dalle parti della Riserva dello Stagnone, le cose non sono messe molto bene. A rischiare qui è un intero ecosistema a casua della chiusura della bocca nord dello Stagnone. Il passaggio dalla terra ferma all’isola lunga è sempre stato caratteristico, per l’acqua bassa che permetteva di raggiungere l’isola a piedi. Da qualche anno la lingua di sabbia si è notevolmente alzata e, in base alle maree, il si può anche arrivare sull’isola senza bagnarsi i piedi. Lo specchio di mare è caratterizzato dal passaggio delle correnti che dal mare aperto incontrano le acque calde dello Stagnone. In quella lingua si è formato un passaggio naturale e suggestivo ma che ostruisce la circolazione e il ricambio dell’acqua dello stagnone. Questo determina, appunto, la mancata ossigenazione della laguna con conseguenti ripercussioni all’ecosistema.
“Lì c’è il problema legato alla biocenosi, all’attività biologica dello Stagnone – spiega Gallo. Scarseggia l’ossigeno a favore della produzione di alghe. In qualche modo anni fa era venuto meno, anche per via di scarichi abusivi di materiale dalle parti di San Teodoro, il processo di ossigenazione. L’immissione principale di acqua nella laguna arriva da nord, dalla bocca chiusa. E la lingua di sabbia che si è creata è causata anche dalle opere fatte all’interno del fiume Birgi che hanno modificato l’apporto di sedimentazione dal fiume”.
Sono fenomeni naturali che si scontrano con l’intervento dell’uomo. E solo l’uomo può porre rimedio ma senza causare altri danni. L’escavazione dei fondali nella bocca nord dello Stagnone è competenza della Provincia, ma soldi non ce ne sono. E un intervento dovrebbe essere pensato bene, senza causare ulteriori danni all’ecosistema.
A sud, nella costa sabbiosa, invece si devono fare valutazioni di insieme, perchè le operazioni di ripascimento delle spiagge potrebbero causare ripercussioni nella costa più a sud.
L’uomo fa, l’uomo disfa, la natura si adegua e si prende ciò che le è stato tolto.

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Giacomo Di Girolamo
Giacomo Di Girolamo, giornalista. Mi occupo di criminalità organizzata e corruzione in Sicilia da più di 20 anni. Sono direttore della radio più ascoltata della provincia di Trapani, Rmc 101, e di un portale molto letto in Sicilia, Tp24. Miei articoli sono usciti su Repubblica, Il Sole 24 Ore, Domani. Collaboro anche con Linkiesta.  Sono autore della biografia del boss Matteo Messina Denaro: L’invisibile (un'edizione aggiornata è uscita nel 2023), di Cosa Grigia (il Saggiatore 2012, finalista al premio Piersanti Mattarella), Dormono sulla collina (il Saggiatore 2014), Contro l’antimafia (Il Saggiatore, 2016).  Per Laterza ho scritto "Gomito di Sicilia" (2018), per Zolfo "Matteo va alla guerra" (2022) e "Una vita tranquilla" (2004). Per le mie inchieste ho vinto nel 2014 il Premiolino, il più importante premio giornalistico italiano, e, nel 2022, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, il Premio Nazionale "Paolo Borsellino". Ho raccontato la mia vita in un podcast per Audible, "L'isola di Matteo".