Marsala, la storia di Gaspare Vaccari: “Io, rovinato da un assegno rubato e da…”

Marsala, la storia di Gaspare Vaccari: “Io, rovinato da un assegno rubato e da…”

2020-04-21T09:10:08+02:00 23rd Novembre, 2017|inchieste|

Nel Novembre del 1988 avviene una rapina ad un treno postale che viaggia per i binari del Lazio. I malviventi fanno incetta di contanti, titoli, assegni.

Per il signor Gaspare Vaccari, noto titolare di un’ agenzia viaggi a Marsala, “Mondo Viaggi” e di altre attività sempre nel settore turistico alberghiero, quella rapina è l’inizio della sua fine. Ma lui questo ancora non lo sa.

Perché in quel furgone c’è anche il suo assegno di pagamento ad un fornitore, la Cit di Palermo. Un assegno da due milioni di lire. Ai tempi non c’era internet, non c’erano le carte di credito e i bonifici on line. E quindi le transazioni su e giù per l’Italia avvenivano così: assegno in busta, raccomandata, consegna al corriere portavalori, e segno della croce.

L’assegno, inviato con raccomandata, non giunge mai a destinazione.

La cosa la scopre il signor Vaccari tempo dopo, quando il fornitore al quale aveva destinato l’assegno lo chiame per informarlo del ritardato pagamento. Vaccari si sorprende, capisce che l’assegno è stato rubato, e fa, come è giusto, una denuncia ai carabinieri. 

 Qualche giorno dopo riceve una telefonata del direttore del Banco di Sicilia di Marsala, Scalisi, che lo chiama in banca alle tre del pomeriggio: “Erano tempi in cui non si faceva l’orario pomeridiano, nelle banche, quindi ho capito che la cosa doveva essere davvero urgente per chiedermi di venire a quell’orario insolito” ricorda oggi Vaccari.
Il direttore lo accoglie nella sua stanza: “Lei si ricorda di avere dato un assegno alla Mundial Service di Aprilia?”.
“E chi sono?”.
“Mi ha  chiamato il direttore della filiare della Montepaschi di Aprilia dove hanno tentato di incassare un suo titolo. C’è questo assegno suo impagato…”

Cos’era successo? l’assegno rubato, era stato scambiato grazie a qualche complice di un altro istituto di credito, ed era stato smistato per altre banche. “L’assegno era stato tutto cancellato, manomesso, il nome era cambiato….anziché Marsala, era scritto Aprilia…e ovviamente era cambiato anche il nome del beneficiario ”.
Che fare? L’assegno è quello rubato. Vaccari è tranquillo. Spiega al direttore cosa è successo.

Il fatto è che l’assegno non doveva neanche arrivare in banca, dato che era stato manomesso, ed era stato denunciato il furto. Un assegno così per legge è improtestabile. Andrebbe consegnato alle forze dell’ordine.

Ma di fatto l’assegno c’è. E’ lì. E’ insoluto. E’ stato messo all’incasso dalla Monte Paschi di Aprilia e il direttore di quella banca, come se niente fosse, anziché consegnare l’assegno rubato ai carabinieri lo spedisce al Banco di Sicilia.
“Dobbiamo protestare ugualmente l’assegno – suggerisce il direttore – per non pagarlo non per mancanza di liquidità, ovviamente, ma perché appunto risulta rubato”.

Il consiglio è sbagliato. Ma purtroppo anche questo Vaccari non lo sa. L’impreditore  si raccomanda: “Non dovete protestare l’assegno perché è insoluto, dovete specificarlo che è stato un furto”. Non c’è problema, gli dicono dal Banco di Sicilia. “E’ un incidente che non avrà conseguenze” gli spiega il direttore. E invece per l’imprenditore è l’inizio del calvario.

Infatti, da allora Gaspare Vaccari non sa più niente.
D’altronde è tranquillo: hanno rubato un assegno, hanno tentato di incassarlo cambiando il nome, ma la banca lo ha respinto e la truffa non è riuscita.

Ma a lui accade di peggio.
Passano cinque anni.

Gli scrive inizialmente l’American Express: “Gentile signor Vaccari, non possiamo rinnovarle la carta di credito. Lei, infatti, risulta nell’elenco dei debitori protestati”. E’ fine 1993. Vaccari non ha tempo di chiedersi cosa stia succedendo, che viene chiamato da un’altra banca: la Bnl. Anche lì Vaccari aveva un conto e un fido. Si ripete la scena: “Ho bisogno di parlare con lei”. Questa volta è il direttore che raggiunge Vaccari al suo ristorante: “Vaccari mio, ma com’è che si è fatto protestare un assegno di due milioni…” gli dice mentre assaggia una spigola al sale. 
“Ma quale assegno?” risponde imparpagliato l’imprenditore.
“Ma che fa, mi prende in giro…?
E spunta fuori che si trattava sempre di quell’assegno. La centrale rischi aveva messo Vaccari nella black list, la lista nera dei protestati. L’assegno è rubato, Vaccari non c’entra nulla, ma la Bnl è costretta a chiudere i rubinetti e azzera tutte le linee di credito. Il direttore, infatti, non può fare altro. 

Ma come mai si arriva a tanto per un assegno rubato? Vaccari scopre quello che era successo: “Il Banco di Sicilia ha chiesto illegittimamente il protesto dell’assegno, nonostante sapeva che fosse rubato. Quando hanno fatto il protesto, inoltre, hanno dimenticato di mettere che il motivo era il furto. Hanno inserito la dicitura “CONTO ESTINTO”. Il Notaio ha sbagliato. Anziché scrivere che l’assegno era rubato, ha messo che il conto era estinto”. E invece il conto era assolutamente attivo. Un grave errore. Alla data del protesto il conto era aperto e operativo, con un fido da 150 milioni di lire.

Ma ormai la frittata è fatta. Le banche cominciano a chiudere in fretta tutti i ponti, Vaccari si trova costretto ad accendere mutui per 600 milioni di lire, per rientrare nelle linee di credito ed è costretto ad utilizzare la firma di sua moglie, a chiedere soldi ai parenti.  Lui ormai non può più fare l’imprenditore, perché è segnalato alla centrale dei rischi, nel bollettino della Banca d’Italia. I fornitori, poi, grossi tour operator con i quali l’agenzia Mondo Viaggi lavorava, inviano lettere di diffida, chiedono la risoluzione dei contratti o il pagamento anticipato delle prenotazioni. 

Una vita e un’azienda rovinate. Ovviamente la prima cosa che l’imprenditore fa è citare in giudizio il Banco di Sicilia, perché non doveva protestare l’assegno rubato.
Da lì comincia la sua odissea.
“Perdo la causa per un motivo banale 
– ricorda oggi Vaccari – perché nel frattempo l’istituto di credito si era fuso con Unicredit Banca, e il loro legale sostenne che l’Unicredit non era perseguibile”.

Se non è colpa della banca è colpa del notaio. I notai, tra l’altro, sono assicurati per coprire il rischio di errori materiali come quello. Parte così un’altra causa. Vaccari si rivolge ad un avvocato di Trapani – a Marsala non trova nessun avvocato che vuole difenderlo – perchè vuole che il notaio che per sbaglio non ha scritto che l’assegno era rubato, paghi il suo errore. I danni nel frattempo vengono calcolati in 1.300.000 euro. Euro, già. Perché il tempo passa e siamo già ad anni più recenti. La causa arriva in Tribunale. E nel 2009 (sent. 10/2009) Vaccari la perde.
Perché? “Perché i giudici non si sono letti le carte” racconta sempre l’imprenditore 
Il Tribunale di primo grado , infatti, ritiene prescritto il diritto al risarcimento di Vaccari. Perché era tenuto a sapere dell’errore del notaio, non nel 1994, ma già nel 1991 quando la notazione errata era stata fatta nel repertorio dei protesti che ha appunto la funzione di rendere pubblico l’elenco dei cattivi pagatori.
Inoltre solo nel 2003 Vaccari  aveva invitato il notaio a risarcirgli il danno, e solo nel 2004 gli aveva fatto causa. Troppo tardi. Dal 1991 al 2003 sono più di dieci anni: tutto prescritto. Anche l’appello viene perso e costa a Vaccari altri 32.000 euro di spese legali.  

Si arriva in Cassazione. Qualche mese fa l’ultima sentenza: nulla da fare, è trascorso ormai troppo tempo. “Come se fosse colpa mia… mi hanno fatto perdere da quattro a cinque anni per ogni grado di giudizio….” è l’amaro commento dell’imprenditore.

Vaccari ha ottanta anni, ormai. “Non ho più nulla da perdere – racconta –  Per una cosa da niente mi hanno rovinato. Per colpa di quell’assegno rubato sono stato protestato, nessuna banca mi ha dato più credito. Ho potuto riaprire un conto corrente dopo 28 anni e solo per la canalizzazione della pensione. Ho speso per le cause legali più di 120.000 euro e ho ancora la casa ipotecata. Dopo 30 anni ancora non so perché mi hanno protestato per un assegno rubato e manomesso, non perché il notaio abbia sbagliato il protesto, perché è stato segnato  il “conto estinto” dalla banca e dal notaio, quando tutti sapevano che il conto era attivo”.

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Giacomo Di Girolamo
Giacomo Di Girolamo, giornalista. Mi occupo di criminalità organizzata e corruzione in Sicilia da più di 20 anni. Sono direttore della radio più ascoltata della provincia di Trapani, Rmc 101, e di un portale molto letto in Sicilia, Tp24. Miei articoli sono usciti su Repubblica, Il Sole 24 Ore, Domani. Collaboro anche con Linkiesta.  Sono autore della biografia del boss Matteo Messina Denaro: L’invisibile (un'edizione aggiornata è uscita nel 2023), di Cosa Grigia (il Saggiatore 2012, finalista al premio Piersanti Mattarella), Dormono sulla collina (il Saggiatore 2014), Contro l’antimafia (Il Saggiatore, 2016).  Per Laterza ho scritto "Gomito di Sicilia" (2018), per Zolfo "Matteo va alla guerra" (2022) e "Una vita tranquilla" (2004). Per le mie inchieste ho vinto nel 2014 il Premiolino, il più importante premio giornalistico italiano, e, nel 2022, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, il Premio Nazionale "Paolo Borsellino". Ho raccontato la mia vita in un podcast per Audible, "L'isola di Matteo".