Mafia, il boss Scandariato, gli Asaro e le estorsioni “fatte con cortesia”

Mafia, il boss Scandariato, gli Asaro e le estorsioni “fatte con cortesia”

2020-04-20T15:34:41+02:00 19th Marzo, 2018|inchieste|

Sono a dir poco sconcertanti le intercettazioni dell’imprenditore Girolamo Scandariato, arrestato nell’inchiesta sui favoreggiatori di Messina Denaro: “Le vittime bisogna saperle prendere”.

“Uno con le persone deve dialogare e diciamo non deve mettere mai in difficoltà a nessuno. Perché non si mette a nessuno in difficoltà, anzi una persona prima si aiuta no che si butta giù. Noi quando andiamo in un posto per esempio ci aprono le porte… questa è la soddisfazione nella vita”. A elencare il decalogo del comportamento corretto è Scandariato, imprenditore già condannato per mafia, arrestato dalla Dda di Palermo.

Scandariato è finito in manette nell’ambito dell’inchiesta dei carabinieri e della Dia su boss trapanesi e favoreggiatori del capomafia latitante Matteo Messina Denaro.

L’imprenditore mafioso, come emerge dalle intercettazioni, stigmatizzava il comportamento di alcuni estorsori di Partanna che avevano danneggiato gli olivi di un proprietario terriero a cui era stato chiesto il pizzo, Tommaso Asaro e i suoi familiari. 

Asaro è un imprenditore molto noto. Ha un terreno a Castelvetrano con oltre 40.000 alberi di ulivo, ed esporta olive da mensa in America. Nativo di Partanna, è castelvetranese di adozione. Tanto che quando, qualche anno fa ha organizzato una presentazione della sua azienda a dei clienti americani, ha chiesto la presenza dei due Sindaci di Castelvetrano e Partanna, Felice Errante e Nicolò Catania.

“Le persone cattive – aggiunge Scandariato mentre parla in macchina con Sergio Giglio, non sapendo di essere intercettato – siamo noi che ce li facciamo diventare, in base a come si ci chiacchiera, in base a come si dicono le cose una persona diventa tinta (malvagia ndr). Bisogna saperli prendere, bisogna trovare quello che ci sta bene vicino perché io quando vedo a uno che non ci si può parlare non insisto me ne accorgo subito”. L’atteggiamento assunto dai partannesi non solo non aveva portato ai risultati sperati ma era stato addirittura pericoloso perché aveva rischiato di far diventare “cattivo” Tommaso Asaro, nel senso che costui esasperato dai danneggiamenti subiti avrebbe potuto sporgere denuncia.

In un’altra intercettazione, la vittima del racket, sempre Asaro, non si lamenta tanto della richiesta di pizzo, ma del metodo intimidatorio. “A me non è piaciuto perché se fossero venuti con il ‘verso’ … probabile che la cosa era diversa ….. “, dice l’imprenditore taglieggiato. “V’è quindi – conclude il Gip commentando l’intercettazione – una sorta di accondiscendenza verso una mafia, per così dire cortese’, ancorché subdola, esemplarmente rappresentata dalla figura di Scandariato”.

E infatti come finisce? Che Asaro incontra Scandariato, ad Alcamo, presso la sede dell’attività dell’imprenditore Impellizzeri (anche lui vittima di estorsione, e per il quale Scandariato ha fatto anche in quel caso da mediatore…). I due si chiariscono, Scandariato spiega la sua intermediazione, e Asaro, tranquillamente, si offre di pagare al suo ritorno dall’America, dove vive per parte dell’anno. Ed infatti al ritorno dalla sua permanenza all’estero gli investigatori intercettano nuovamente i due, che si vedono in un luogo isolato, con Asaro che consegna dei dollari a Scandariato. 

Ovviamente, gli Asaro, interrogati, hanno negato di aver subito mai estorsioni e che Scandariato abbia fatto da mediatore. Ma per gli inquirenti, in realtà, gli Asaro non solo sono vittime, ma c’è in loro anche una “accondiscendenza”. Scrive il Gip: “Il contenuto di alcune considerazioni espresse dagli ASARO e segnatamente da ASARO Tommaso lascia trasparire addirittura una certa condivisione di logiche mafiose. Ciò che ha turbato gli ASARO sembra non essere stata la richiesta di denaro, considerata un atto dovuto, piuttosto i comportamenti associati a tale richiesta”.

L’estorsione va bene, purché fatta con garbo.  E’ un episodio importante, perché spiega ancora una volta qual è la forza della mafia: e la forza della mafia sta nel fatto che le vittime sono la sua prima forza, perchè, soprattutto gli imprenditori, sono i primi ad attuare comportamenti che favoriscono la mafia. 

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Giacomo Di Girolamo
Giacomo Di Girolamo, giornalista. Mi occupo di criminalità organizzata e corruzione in Sicilia da più di 20 anni. Sono direttore della radio più ascoltata della provincia di Trapani, Rmc 101, e di un portale molto letto in Sicilia, Tp24. Miei articoli sono usciti su Repubblica, Il Sole 24 Ore, Domani. Collaboro anche con Linkiesta.  Sono autore della biografia del boss Matteo Messina Denaro: L’invisibile (un'edizione aggiornata è uscita nel 2023), di Cosa Grigia (il Saggiatore 2012, finalista al premio Piersanti Mattarella), Dormono sulla collina (il Saggiatore 2014), Contro l’antimafia (Il Saggiatore, 2016).  Per Laterza ho scritto "Gomito di Sicilia" (2018), per Zolfo "Matteo va alla guerra" (2022) e "Una vita tranquilla" (2004). Per le mie inchieste ho vinto nel 2014 il Premiolino, il più importante premio giornalistico italiano, e, nel 2022, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, il Premio Nazionale "Paolo Borsellino". Ho raccontato la mia vita in un podcast per Audible, "L'isola di Matteo".