Mafia a Marsala. I soldi, le liti, il “vecchietto” al comando

Mafia a Marsala. I soldi, le liti, il “vecchietto” al comando

2020-04-27T16:34:33+02:00 18th Marzo, 2015|inchieste|

Non è per niente unita la famiglia mafiosa di Marsala, se così si può definire. Ci sono sempre screzi, da quello che emerge dalle conversazioni intercettate negli anni e che hanno dato luogo all’operazione The Witness. Ci sono liti che si consumano per futili motivi, altre per questioni antiche, di famiglia. Altre per denaro. Altre questioni che hanno un retroscena di drammatico. C’è il caso di Francesco De Vita che tiene banco nell’estate 2010, che inizia a parlare con la magistratura. La notizia si diffonde negli ambienti malavitosi. I figli vanno a trovare il boss al carcere di Padova dicendogli di ritrattare tutto, che è meglio farsi ammazzare che “buttarsi” pentiti. C’è Vito Galfano che due giorni dopo si fa scappare la notizia che uno dei figli avrebbe potuto uccidere il padre per lavare la vergogna per il pentimento. “Sti gran coglioni. Ma io ti ammazzo,dice, ti butto e vaffanculo…davanti e a tutti e ti ammazzo là dentro stesso. Dice…lui! Suo figlio”.

TESTE CALDE: “TUM TUM TUM”
Il sangue che ribolle, che si altera, ad ogni screzio. C’è Martino Pipitone che spende, che nonostante la brutta situazione economica della famiglia, maneggia soldi. Se ne lamentano, nel 2008, Francesco Raia e Maurizio Bilardello, fratellastri, arrestati un anno dopo. E altri si lamentano anche del suo parlare “a matola”, a vanvera. Perchè critica il patteggiamento di Michele Giacalone: “Poi viene Martino, va parlando a matola perchè io ho fatto il patteggiamento…con uno schiaffo gli farei fare 3 giri nell’aria…qualcuno mi ha detto che non è vero che l’ha detto…ce ne andiamo o feo portiamo a questo là (si riferisce a Pipitone,ndr) se questo disse che quello che sto dicendo è menzogna resto io là…se questo sta diceria è menzogna, lasciamo a lui là…prendo e l’ammazzo…”.
Pipitone, con Sebastiano Angileri, altro degli arrestati in The Witness, “firriano”, girano, scrive la Dda. Si “mette in mezzo” in diverse cose, come il passaggio della pizzeria Cellarius, in via Mazzini, dal vecchio al nuovo proprietario. E gli altri, si accorgono che Pipitone può avere il coltello dalla parte del manico, che sta assumendo un ruolo importante nell’ambiente malavitoso. C’è Vito Galfano, ritenuto vicino agli ambienti mafiosi (è genero di Giuseppe Barraco anziano esponente della consorteria arrestato nel 2010 nell’operazione Nerone, accompagna la moglie di Vito Vincenzo Rallo a colloquio col marito al carcere di Avellino). Dice che Pipitone si può addirittura permettere di non pagare il rinfresco per l’apertura del suo negozio di ferramenta: “iddu teni a st’ura a bacchetta a tutti”.
Anche Vincenzo Giappone è un tipo sanguigno. E’ un’escalation quella di Giappone. Anni fa voleva mantenere un profilo basso, il massimo riserbo sui propri spostamenti, perchè, come ha detto lui, conduceva “un’altra vita”. Ma anche lui è uno che conosce gente.Racconta di essere in buoni rapporti con Vito Gondola, esponente di Cosa nostra mazarese. Vito “Coffa”, come viene chiamato negli ambienti malavitosi, fece una tirata d’orecchie a Giappone una volta. Era il dicembre 2011, e Giappone doveva fare pace con un altro tale, lo ordinava Vito. Prima il profilo basso, poi la squadra al suo servizio. “Io la squadra l’haio…non si scantano! ‘n faccia u chiummu ci vanno…non sono tipi che si ettano di lato”Racconta anche di quella volta che qualcuno aveva tentato di accopparlo in aperta campagna e lui rispose al fuoco: “un moto cross, meno male che vedevo questo motore, facevo: ‘non mi piace’…puttana..minchia ascippu un appena ho visto quello di dietro era allacciato io ‘tum tum tum’ tannu unni pigghia pi miraculu du cazzu. Poi ero da solo, dovevo gruardare allo specchio”. Si lascia andare a confidenze. Dei conti in sospeso che ha. Quando dice di aver trovato gli autori del tentato omicidio è pronto a farsi vendetta. Ma aspetta che scendano dal nord. “uno è in germania e uno è a Milano”. Ma non sono qua, “e appena vengono li attumulio”. Li fa fuori, insomma. Fa un’estate a girare, a vedere se sono tornati, se hanno preso case in affitto. Niente, non li trova.

LA CASSA E IL “VECCHIETTO”
Ci sono quelli dentro. Quelli che anche se sono carcerati parlano con l’esterno. Parlano con Nino Bonafede e Vincenzo Giappone. C’è Antonino Rallo, esponente della famiglia mafiosa di Marsala, ergastolano che dà delle disposizioni dal carcere a Bonafede che si lamenta con Giappone della vitaccia che sta facendo, rintanato in un ovile. E aspetta che esca dal carcere Vito Vincenzo Rallo, fratello di Antonino, per risolvere il contrasto originato dalla disposizione resa dal fratello ed eseguita, estromettendo Bonafede da una zona di pascolo, da Pietro Rallo, nipote di Antonino. Dopo queste vicende l’immagine di Bonafede non ne è uscita bene, appuntano gli inquirenti, con l’anziano boss che dice “…una poco se ne sono fatte risate…”.
Con Nino Bonafede, Giappone provvede anche a dare soldi ai familiari dei detenuti. C’è da dare qualcosa agli Amato, che si sono lamentati con Martino Pipitone.
C’è da dare soldi a Francesco Messina, arrestato per l’estorsione all’Eurofish nel 2009. Qui Giappone ha un altro battibecco, con Giovanni Indelicato, detto Ercolino, tra gli arrestati nell’operazione Peronospera II, e cognato di Vito Vincenzo Rallo per un periodo reggente della famiglia mafiosa di Marsala. “Ercolino” vorrebbe soldi, ma Giappone non glieli vuole dare. Se ne riparlerà quando esce dal carcere il cognato (i fatti risalgono al 2011, Rallo è in cella da 2 anni). “Buona ci finisce che lo saluto…iddu mi può richiamare solo su una cosa che io ci posso pure dare ragione sopra a Ciccio Messina che è in galera e magari qualche 500 euro ce li potrei mandare..ma l’altro…a sucare mi deve dare per direttissima”Giappone con Bonafede avrebbe gestito la cassa della famiglia, ma c’è qualcuno che lo accusa di aver scroccato dei soldi. Lui si difende: “consegnai tutto alla lira compà. Morto di fame sono! Non me ne sono approfittato mai. Non posso accattare manco le sigarette”.Un’altra volta erano i soldi del potente mandamento mafioso di Castelvetrano, quello guidato da Matteo Messina Denaro, che non sarebbero arrivati a destinazione. La cosa ha fatto arrabbiare i castelvetranesi che hanno chiesto conto e ragione direttamente a Nino Bonafede. Per Giappone questo ammanco aveva determinato una forte perdita di prestigio per Bonafede nei confronti degli altri esponenti di Castelvetrano: “sti vecchiareddi hanno perso colpi”. Perde colpi il vecchio Bonafede. Giappone lo ripete in un’altra occasione, quando addirittura viene incaricato di rimproverare l’anziano boss: “ora io più tardi mi devo partire e devo andare a rimproverare sto vecchio di qua”.

OCCHI CADDUSI
Baldassare Marino, ucciso nelle campagne di Samperi a Marsala, nell’agosto 2013, detto “Occhi Caddusi”. In passato aveva avuto precedenti per droga, era stato coinvolto in indagini di mafia, poi era andato via per alcuni anni, poi era tornato. E due anni fa lo hanno ammazzato a colpi di fucile. Anche di lui si parla nell’indagine The Witness, viene ritenuto vicino alla famiglia mafiosa di Marsala. Nell’ottobre 2011 Giappone e Bonafede parlano di Marino, socio occulto della Calcestruzzi For.Edil Scarl, che era interessato alla fornitura di cemento per lavori di realizzazione di un impianto. Bonafede manifestava a Giappone il disappunto per il comportamento di Marino che si era permesso di contattare esponenti mafiosi di altre zone senza coinvolgerlo: “allora questo miraculi avi…ha avuto contatti e non mi ha detto niente. è che Batassano la bocca ce l’ha davvero larga”. Adesso ce l’ha chiusa.

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Giacomo Di Girolamo
Giacomo Di Girolamo, giornalista. Mi occupo di criminalità organizzata e corruzione in Sicilia da più di 20 anni. Sono direttore della radio più ascoltata della provincia di Trapani, Rmc 101, e di un portale molto letto in Sicilia, Tp24. Miei articoli sono usciti su Repubblica, Il Sole 24 Ore, Domani. Collaboro anche con Linkiesta.  Sono autore della biografia del boss Matteo Messina Denaro: L’invisibile (un'edizione aggiornata è uscita nel 2023), di Cosa Grigia (il Saggiatore 2012, finalista al premio Piersanti Mattarella), Dormono sulla collina (il Saggiatore 2014), Contro l’antimafia (Il Saggiatore, 2016).  Per Laterza ho scritto "Gomito di Sicilia" (2018), per Zolfo "Matteo va alla guerra" (2022) e "Una vita tranquilla" (2004). Per le mie inchieste ho vinto nel 2014 il Premiolino, il più importante premio giornalistico italiano, e, nel 2022, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, il Premio Nazionale "Paolo Borsellino". Ho raccontato la mia vita in un podcast per Audible, "L'isola di Matteo".