I capi, la decina, la faida. Così la famiglia mafiosa di Marsala si è riorganizzata

I capi, la decina, la faida. Così la famiglia mafiosa di Marsala si è riorganizzata

2020-04-20T09:35:03+02:00 24th Ottobre, 2018|inchieste|

 Mafiosi che erano tornati a piede libero, dopo anni di carcere, e avevano ripreso a “mafiare”. E a litigare, tant’è che stava scoppiando una faida interna. Sarebbe intervenuto direttamente Matteo Messina Denaro a scongiurare la guerra di mafia. Una mafia depotenziata, ma comunque attiva sul territorio, con un arsenale pronto da usare. E’ questa la cosa nostra marsalese. E’ questa la famiglia mafiosa di Marsala venuta fuori dal processo Visir, l’operazione che ha consentito di stroncare l’ennesimo tentativo della consorteria mafiosa di riorganizzarsi.

Il processo, le condanne
Il giudice delle udienze preliminari di Palermo Nicola Aiello ha condannato, con rito abbreviato, ad oltre 114 anni di carcere dieci presunti mafiosi arrestati nell’operazione antimafia dei carabinieri di Marsala denominata “Visir” scattata il 10 maggio 2017.
La pena più severa (16 anni di carcere) è stata inflitta a quello che viene definito il “reggente” della cosca lilybetana: Vito Vincenzo Rallo, 58 anni, pastore, già tre condanne definitive per mafia sulle spalle per una quindicina d’anni di reclusione.

Storia recente della famiglia mafiosa di Marsala
La sentenza del processo che si è celebrato con rito abbreviato permette di avere l’organigramma e la storia della famiglia mafiosa di Marsala degli ultimi anni. Una famiglia che appartiene al mandamento di Mazara del Vallo, e che fino al 2003 era guidata da Natale Bonafede, arrestato proprio con il boss di Mazara Andrea Mangiaracina a Marsala. Quando Bonafede viene preso al suo posto subentra Antonino Rallo, poi arrestato nel 2007. Dopo di lui passa al comando Vito Vincenzo Rallo, che viene arrestato il 3 luglio 2009. La famiglia di Marsala diventa un problema, non riesce ad organizzarsi, non riesce ad avere una struttura, un vertice. Finiscono dentro tutti i boss, e i mafiosi della provincia di Trapani negli anni hanno tentato di mettere ordine, ma era troppo difficile: “non ci sono più neanche i rimpiazzi dei rimpiazzi”, dicono intercettati. La reggenza viene allora affidata all’anziano uomo d’onore Antonino Bonafede, padre di Natale. Il vecchio boss ha come braccio destro Ignazio Lombardo, imputato nel processo Visir. Lombardo è il suo portavoce, e agisce da capo, sostanzialmente, fino alla scarcerazione di Vito Vincenzo Rallo, ultimo capo conosciuto della famiglia mafiosa marsalese. Una famiglia che controlla anche il territorio della frazione di Strasatti e il piccolo comune di Petrosino. Ed è proprio su questo “ramo” dell’organizzazione che si creano i dissidi. Il rischio è quello di una nuova guerra di mafia, e da quello che emerge dall’operazione, sarebbe stata evitata dall’intervento diretto di Matteo Messina Denaro. E’ il 2015, qualcuno parla di un contatto con la primula rossa di Castelvetrano. Il giudice lo scrive in sentenza, i mafiosi marsalese si scambiano la voce. Tutto tace, vengono riposte le armi. L’ultimo capo, o chi per lui, si è fatto vivo. 

I vertici
Era quindi Vito Vincenzo Rallo il reggente della famiglia mafiosa di Marsala. Alle sue spalle un curriculum criminale di rilievo, con altre condanne per mafia passate in giudicato. Il suo braccio destro, in quella che è stata inquadrata come la decina di Petrosino-Strasatti, è Nicolò Sfraga. Non è ben visto dagli altri affiliati di quel territorio, perchè imposto da Rallo. “Manifestava il proprio potere d’imperio imponendo agli affiliati i propri luogotenenti, programmando addirittura l’eliminazione di soggetti scomodi per l’organizzazione”. Scrive questo di Rallo nella sentenza il gup. Rallo comandava su tutto, decideva che doveva controllare gli affari di Strasatti e Petrosino, e questo non andava giù ai mafiosi di quella zona. Il suo portavoce era Nicolò Sfraga a Strasatti,

La guerra di mafia mancata
Rallo comandava, metteva i suoi uomini dove voleva, senza sentire il parere di chi operava a Strasatti e Petrosino. E chi non era d’accordo poteva rischiare. Gli era sfuggita un po’ la mano, si era messo in testa di rispolverare i ferri, di ricominciare a sparare. Il gruppo mafioso facente capo a Rallo aveva a disposizione, infatti, un piccolo arsenale. Uno dei progetti era quello di far fuori Vincenzo Danilo Pellegrino, un imprenditore che spesso fa affari con Vincenzo e Alessandro D’Aguanno, padre e figlio imputati nel processo Visir. Di ciò che ha commesso il Pellegrino per ricevere una condanna a morte non si sa nulla.
La decina di Strasatti-Petrosino da quando Vito Vincenzo Rallo era tornato a comandare non era in pace. Una decina divisa in due, con due fazioni. Una riferibile a Nicolò Sfraga, luogotenente imposto dal capo famiglia Rallo. L’altra riferibile a Vincenzo D’Aguanno e Michele Lombardo, colui che si occupava delle estorsioni.


Un contrasto che si percepisce da alcune intercettazioni. Una guerra di mafia, si legge nella sentenza, che sarebbe stata evitata dall’intervento di Matteo Messina Denaro. Le intercettazioni rivelano l’esistenza di armi pronte all’uso. Ma ci sono anche altre voci che parlano della famiglia mafiosa di Marsala. Una è quella di Lorenzo Cimaosa, il collaboratore di giustizia sulle cui dichiarazioni si sono basate molte delle ultime operazioni antimafia din provincia di Trapani. Cimarosa è morto ad inizio 2017. Ha raccontato tanto sulla mafia in questo territorio, sui rapporti con Matteo Messina Denaro.

About the Author:

Giacomo Di Girolamo
Giacomo Di Girolamo, giornalista. Mi occupo di criminalità organizzata e corruzione in Sicilia da più di 20 anni. Sono direttore della radio più ascoltata della provincia di Trapani, Rmc 101, e di un portale molto letto in Sicilia, Tp24. Miei articoli sono usciti su Repubblica, Il Sole 24 Ore, Domani. Collaboro anche con Linkiesta.  Sono autore della biografia del boss Matteo Messina Denaro: L’invisibile (un'edizione aggiornata è uscita nel 2023), di Cosa Grigia (il Saggiatore 2012, finalista al premio Piersanti Mattarella), Dormono sulla collina (il Saggiatore 2014), Contro l’antimafia (Il Saggiatore, 2016).  Per Laterza ho scritto "Gomito di Sicilia" (2018), per Zolfo "Matteo va alla guerra" (2022) e "Una vita tranquilla" (2004). Per le mie inchieste ho vinto nel 2014 il Premiolino, il più importante premio giornalistico italiano, e, nel 2022, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, il Premio Nazionale "Paolo Borsellino". Ho raccontato la mia vita in un podcast per Audible, "L'isola di Matteo".