Così l’imprenditoria cinese ha invaso la Sicilia e l’Italia

Così l’imprenditoria cinese ha invaso la Sicilia e l’Italia

2020-04-27T17:14:20+02:00 19th Novembre, 2014|inchieste|

 Quello dell’imprenditoria cinese in Italia sembra essere un fenomeno che non conosce crisi. L’attività è in continua crescita e, mentre durante il 2013 le imprese italiane sono diminuite dell’1,6%, quelle cinesi sono aumentate ancora del 6,1%. Si è raggiunta così la cifra di 66.050 imprese cinesi presenti nel territorio italiano. Secondo i dati presentati dalla CGIA di Mestre, degli oltre 708 mila imprenditori stranieri, la Cina è il terzo paese di provenienza, preceduta dalla Romania con 67.266 attività e dal Marocco, che con 72.014 imprese, si classifica al primo posto.

L’aumento della presenza di attività cinesi all’interno del contesto italiano è da ricercarsi nella spiccata indole imprenditoriale dei cinesi stessi.

La possibilità di avere accesso a materiali a prezzi ridotti e di usufruire di una manodopera a basso costo sono alcuni tra i fattori che trainano lo sviluppo dell’imprenditoria cinese.
I settori più interessati dalla presenza degli imprenditori cinesi sono il commercio, con 24.047 attività (anche tra i venditori ambulanti), il manifatturiero, con 18.204 imprese (soprattutto tessile-abbigliamento e calzature) ed infine la ristorazione.
Per quanto concerne la Sicilia, secondo i dati della CGIA, al 31 dicembre 2013 le imprese cinesi erano 2499. Rispetto al periodo precedente, ciò si traduce in un incremento del 31% tra il 2008 ed il 2013. Su scala nazionale, la Sicilia contribuisce con un 3,8% al totale delle imprese cinesi attive.
Al primo posto si classificano la Lombardia con 14.093 attività e la Toscana con 11.882.
Differiscono, invece, i dati della Camera di commercio di Palermo che quantificano in 2686 le imprese cinesi operanti in Sicilia. Al primo posto si piazzano Catania e Palermo, rispettivamente con 772 e 692 imprese. Sono 201, invece, le attività in provincia di Trapani.
I prodotti cinesi risultano essere molto più economici rispetto ai corrispettivi italiani, in alcuni casi a discapito della qualità del prodotto. Tuttavia, spesso i consumatori, soprattutto in un periodo di crisi economica, sono maggiormente propensi ad acquistare un prodotto di prezzo inferiore, indipendentemente dalle qualità dello stesso. Ed è proprio lì che risiede la fortuna degli imprenditori cinesi.
Spesso accusati di sfruttamento della manodopera e di utilizzo di materiali di bassa qualità o addirittura nocivi, le imprese cinesi costituiscono ormai un fenomeno ben radicato a livello nazionale..
Sebbene in alcune aree del Paese esistano delle sacche di illegalità che alimentano illavoro neroe il mercato della contraffazione – dichiara il segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi – non dobbiamo dimenticare che imigranti cinesisi sono sempre contraddistinti per unaforte vocazione alle attività di business”.
Un ultimo dato interessante emerge dal rapporto della Cgia: rispetto al 2012, le rimesse, cioè l’ammontare complessivo di denaro inviato in Cina dai lavoratori cinesi presenti in Italia, sono diminuite.
Nel 2013 il totale è stato, infatti, di 1,10 miliardi di euro. Una cifra di gran lunga inferiore ai 2,67 miliardi di euro dell’anno precedente. Ciò indica che sempre più spesso i cinesi decidono di stabilirsi definitivamente in Italia e di non inviare più i loro guadagni al loro paese d’origine.
In merito al fenomeno, il presidente regionale di Confesercenti, Vittorio Messina, sposta l’attenzione sul concetto di legalità e dichiara: “È indubbio che il proliferare di queste attività qualche dubbio lo fa sorgere, soprattutto per l’impiego spesso in nero della manodopera, ma bisogna anche sottolineare che noi rappresentiamo pure i commercianti cinesi nel momento in cui svolgono correttamente la loro attività. La nostra proposta? Possiamo solo pretendere il rispetto delle regole, dagli italiani per primi, e spingere per combattere il fenomeno dei falsi e della merce contraffatta e impedire quelle distorsioni del mercato che rendono molti dei commercianti cinesi fuori concorrenza. E bisogna favorire l’integrazione perché in un momento di crisi gli unici segnali positivi sembrano arrivare proprio da loro”.

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Giacomo Di Girolamo
Giacomo Di Girolamo, giornalista. Mi occupo di criminalità organizzata e corruzione in Sicilia da più di 20 anni. Sono direttore della radio più ascoltata della provincia di Trapani, Rmc 101, e di un portale molto letto in Sicilia, Tp24. Miei articoli sono usciti su Repubblica, Il Sole 24 Ore, Domani. Collaboro anche con Linkiesta.  Sono autore della biografia del boss Matteo Messina Denaro: L’invisibile (un'edizione aggiornata è uscita nel 2023), di Cosa Grigia (il Saggiatore 2012, finalista al premio Piersanti Mattarella), Dormono sulla collina (il Saggiatore 2014), Contro l’antimafia (Il Saggiatore, 2016).  Per Laterza ho scritto "Gomito di Sicilia" (2018), per Zolfo "Matteo va alla guerra" (2022) e "Una vita tranquilla" (2004). Per le mie inchieste ho vinto nel 2014 il Premiolino, il più importante premio giornalistico italiano, e, nel 2022, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, il Premio Nazionale "Paolo Borsellino". Ho raccontato la mia vita in un podcast per Audible, "L'isola di Matteo".