editoriale – 17 gennaio 2023 – Tp24.it
Il fatto è che quando la storia arriva, tu non sei per niente preparato.
Quante volte in questi anni mi hanno chiesto: cosa farai il giorno in cui prendono Messina Denaro, se lo prendono?
E io immaginavo quel giorno, certo. Ultimamente un po’ meno, ma ci pensavo. Solo che poi quel giorno è arrivato. E io non ero pronto. Come sempre. Stai una vita ad organizzarti, poi la vita arriva, e ti sbatte in faccia, sbam.
Non ero pronto, perchè quando l’ho visto, nella prima immagine diffusa per i giornali, questo signore così emaciato, quest’aria smarrita, questo volto scavato dalla latitanza, dalla malattia, e dalla vecchiaia, che è una sentenza per tutti, mi sono detto: tutto qui?
Non so cosa mi aspettavo. Tutto qui? mi sono ripetuto. E tutto questo scrivere, raccontare, interrogarsi, e dove sei Matteo, e le inchieste, e i reportage, e le notti a leggere documenti, e giri pazzi e solitari per il Belice che sapevamo tutti fosse la sua tana, e questo domandarsi inquieto, e ancora, e ancora: tutto qui?
Sì.
Non so cosa mi aspettavo. Magari neanche lui se l’aspettava così, la sua cattura. Avrebbe preferito un conflitto a fuoco, elicotteri, caroselli di auto alla rotonda della circonvallazione, il traffico che impazzisce all’ora di punta. E invece. Suo padre si è consegnato da morto, già pronto per il funerale. Lui si consegna da vivo, e non si fa mettere neanche le manette (hai visto mai, graffiassero l’orologio buono…). Anche lui sembra dire, tutto qui? Neanche un colpo a salve, una scacciacani, un figlio-di-buttana-arrenditi.
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Scrivo queste righe che è notte, e lavoro senza sosta dalle nove. Scrivo queste righe dopo aver risposto a domande di giornalisti dalla Francia, da New York, dal Brasile, ad una tv di Genova, due radio dalla Svizzera, mi pare, forse era un giornale. E quante telefonate, centinaia di messaggi, neanche fosse la mia prima comunione.
E la domanda per tutti, finale, è uguale, e mi chiedono: e adesso che farai? La risposta ce l’ho da tempo, ed è quella che ho dato sempre: non ho mai avuto l’ossessione per Matteo Messina Denaro. Me ne sono occupato perché mi sembrava, quando ho iniziato a fare questo mestiere, che fosse una storia grande e poco raccontata. Poi è diventata una storia che ha interessato tanti, e si, lo dico con orgoglio, anche un po’ per merito mio, per questo parlarne sempre, in ogni occasione, dappertutto. Ma non era mica un’ossessione. Quindi si continua a fare la vita di prima: cercare, capire, raccontare. Perché Messina Denaro è finito, la mafia, di sicuro no.
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C’è una bella seratina fresca, è quasi mezzanotte, le previsioni davano acqua ma ha piovuto poco, giusto quattro gocce.
C’è una bella seratina fresca, dovrei dire qualcosa di importante, come i ringraziamenti del festeggiato, come ad una laurea, al discorso che fai per il pensionamento, o davanti ad una rivelazione. Mi accorgo che oggi ho scritto articoli e analisi per tutti, in pratica, tranne per il mio giornale, la mia casa.
Ma non ho parole, sono stanco, e poi mi godo l’aria. Questi quattro passi che mi faccio fino all’auto, la notte che mi sembra, guardala, amica. E mi dico che per una volta mi basta, sono momenti belli. C’è silenzio, e pure l’orizzonte, a scrutarlo, è una schiena dritta. E’ nostro questo cielo notturno di Sicilia, mi dico, è nostro il giorno che verrà domani, e quelli da venire, e il buono che faremo ancora, ancora. Penso a mia figlia, che ha dieci anni, e questo pomeriggio ad un certo punto mi ha scritto “complimenti” e una gif dei Minion che applaudivano, e già basta, figlia mia. Ma si, ho vissuto per questo momento, in fondo, per questa giornata lunga e meravigliosa, per tutti i dubbi che mi verranno da domani, le analisi, gli approndimenti e quel che è. Ho vissuto e vivo per il gusto del racconto, per il riscatto di chi è morto, perchè amo il mio lavoro e questa terra, e siamo in tanti. E’ tutto qui.