18 aprile 2022 – editoriale su Tp24.it
Diciamo la verità: non ci hanno sorpreso più di tanto le ultime clamorose inchieste di questi giorni in Sicilia. Anzi, forse anche l’aggettivo “clamoroso” è fuori luogo. Siamo purtroppo nell’ambito di un’esperienza che, anzi è nell’ordinario. Mi riferisco ai due scandali scoperchiati dalle Procure di Trapani e Palermo. Il primo caso riguarda la piccola centrale di raccomandazioni e tangenti messa su ad Alcamo da alcuni funzionari infedeli dei Vigili del Fuoco, che organizzavano corsi per superare gli esami e le prove pratiche di accesso al Corpo. L’agognato posto fisso tra i pompieri arrivava a costare ai candidat anche sette mila euro Tant’è che, nelle intercettazioni, c’era anche chi lo suggeriva come forma di investimento alle famiglie: paga sti settemila euro e sistemi tuo figlio tra i vigili del fuoco. L’altra inchiesta, invece, della Procura di Palermo, riguarda l’Università di Palermo, e l’ennesimo caso del prof dott che aveva messo su la sua rete per sistemare amici e parenti, con gran disprezzo del merito e delle competenze.
Non ci sorprendono più di tanto queste inchieste, ma ci lasciano sempre l’amaro in bocca. Perché non ci arrendiamo all’idea che nella pubblica amministrazione, ad ogni livello, si entri per concorso, come prevede la Costituzione, e i concorsi li vincano i migliori, come prevede invece il buon senso, E gli asini volano, risponderà qualcuno. Già. Perchè la verità è che abbiamo sconfitto la mafia, ma non ancora la corruzione, e soprattutto un’idea corrotta che noi abbiamo della cosa pubblica. E’ un problema etico enorme, non è solo una banale questione penale.
E pertanto, ieri come oggi: basta pagare.
Tra l’altro va detto che il “basta pagare”, oggi ha assunto forme diverse, si è sublimato. Un po’ come la mafia. Mi spiego meglio. Effettivamente un po’ di sorpresa c’è, quando sento di funzionari che prendono mazzette per favorire un candidato ad un concorso. E’ una grande stupidaggine, una cafonaggine, quasi. Oggi il “basta pagare”, dicevo, non si fa più in contanti. Troppo rischioso. Ci sono altre forme. Come l’inchiesta di Palermo insegna, ad esempio, si creano reti di favori incrociati (tu sistemi il mio protetto, io sistemo il tuo), si chiedono regalie, addirittura servizi, si fa un tortuoso giro di assunzioni, si pagano viaggi premio, tutto al più qualche carta ricaricabile intestata a qualche ignaro giovane immigrato (così funzionava, ad esempio, il sistema messo su dall’ex manager dell’Asp di Trapani, Fabio Damiani). La forma, della corruzione oggi è più varia che mai, tant’è che poi in Tribunale diventa difficile dimostrarla, diventa tutto un piccolo favore, un’inezia, un qualcosa di poco dimostrabile.
E così come la mafia oggi è diventata una zona grigia indefinita, che ha il suo punto di forza nel confine incerto tra legalità ed illegalità, nelle zone oscure delle leggi, nella confusione di regole ed ordinamenti che favoriscono i più furbi, lo stesso accade a certa corruzione, oggi legalizzata, diventata sistema. Si è trasformata in qualcos’altro. Un esempio ci viene, in questi giorni, dai concorsi per l’assuzione nella scuola pubblica, il posto fisso più facile ed agognato. In queste settimane si tiene la prova scritta del concorso del 2020, poi verranno riaperte le graduatorie, in molti tra i professionisti, piegati dalla crisi, si riciclano come docenti. Per avere più chance bisogna avere più punti, per avere più punti bisogna ricorrere a master, diplomi, certificati di lingue, patenti informatiche. Ecco allora fiorire decine e decine di istituti che promettono 24 crediti formativi universitari in men che non si dica, master in due o tre mesi, e senza mai farsi vedere, fare un esame. Per non parlare del mercato degli istituti di lingue, dove basta pagare e con un piccolo aiuto si ottiene una cerficazione di inglese influente per gente che è ancora ferma a “the window is open” e “the cat is on the table”. Non è corruzione anche pagare un prezzo per aver riconsociute competenze che non si hanno? Non anche una forma di malevola furberia inseguire i tortuosi sentieri dei certificati all’estero per diventare, ad esempio, insegnanti di sostegno in Italia, a colpi di ricorsi e sentenze? E non è corruzione il sistema messo su da alcuni sindacati, dove formazione, servizi, assistenza legale, tutto si mischia? E’ tutto legale, per carità: basta pagare, e si diventa insegnanti, in un modo o nell’altro.
Il problema della corruzione è che quando una persona incompentente passa avanti ad una competente, per titoli che ha solo sulla carta, o per una raccomandazione, non è che siamo tutti felici e contenti. E’ un gioco a somma zero: se qualcuno ottiene un vantaggio (l’agognato posto fisso nel pubblico impiego), in tanti ottengono uno svantaggio. Ecco perchè è una cosa che ci riguarda, tutti.
Chi paga davvero? Me lo chiedevo nei giorni scorsi, riflettendo su questa ed altre amare cose. Arrivando in una scuola, dove avevo un incontro con degli studenti, posteggiando, ho notato, nell’aiuola accanto al parcheggio, una giovane. Griffatissima, con l’aria annoiatissima, fumava una sigaretta. Le ho chiesto un’informazione, cercavo l’aula magna e l’ingresso più utile. Mi ha guardato con aria sorpresa e mi ha detto: “Non lo so, io faccio il sostegno”, indicando con la testa una ragazzina. Era a qualche metro da lei. La guardava fumare, dandosi piccoli schiaffetti sul viso, nel tentativo di avere un po’ di attenzione.
E ho capito chi paga.