di Gian Antonio Stella – 27 aprile 2021 – Corriere della Sera
Il racconto di un giornalista e scrittore siciliano sui giorni e le notti persi per le conseguenze delle proprie battaglie. E dell’amore
Giacomo Di Girolamo, di Marsala, uomo sorridente e gentile, giornalista, scrittore coraggioso e ironico sulla mafia, autore di libri belli come Cosa grigia, L’invisibile, Dormono sulla collina, Gomito di Sicilia, ha scritto su theitalianreview.com righe imperdibili. Narra dell’amore per la moglie («La conosco da quando eravamo ragazzini. Per me fu un vero e proprio colpo di fulmine, lei ci arrivò con i suoi tempi, appena quindici anni dopo») e di come annotava su un calendario, «con un pennarello, il tempo passato insieme. Ogni mese sommavo tutti i minuti e le ore e tiravo una somma. Vivevo così la mia storia d’amore unilaterale».
La stessa cosa, scrive, potrebbe farla oggi coi carabinieri, i finanzieri, i poliziotti, gli ufficiali di polizia giudiziaria, i messi notificatori: «Annotare in un calendarietto tutto il tempo passato con loro. Tre ore un pomeriggio per un interrogatorio, mezz’ora un altro giorno per una notifica. Dovrei scrivere e appuntare tutte le ore e i minuti passati in una caserma umida a guardare un appuntato che scrive le mie generalità dopo che mi ha appena notificato una querela, l’attesa per la copia che l’unica stampante non fornisce perché manca il toner/la carta/la sta usando un collega…». Ore, ore, ore, ore… «E poi le attese in aula per i processi, l’udienza segnata alle nove e chiamata alle tredici, i viaggi in macchina con il mio avvocato per i tribunali lontani di Caltanissetta/Barcellona Pozzo di Gotto/Lamezia Terme. Le notti insonni a ragionare su una richiesta di risarcimento danni da 50mila / 100mila / 500mila euro… Ecco, se io scrivessi in un calendario le ore e i minuti passate così, solo perché cerco di fare bene e liberamente il mio mestiere, ne verrebbero fuori dei giorni, questi giorni sommati farebbero anni ed è come scontare una pena a piccoli sorsi, una galera ambulante, una privazione della libertà a intermittenza…».
Senza contare, ammicca amaro, le pene accessorie. «Un venerdì pomeriggio, ad esempio, due ore della mia libertà perse per un appuntamento con il sindaco neoeletto che mi convoca al Comune, mi fa ricevere da sua moglie, e sua moglie tra le altre cose mi dice: “Noi non ci rimaniamo male per le cose che scrivi, i nostri amici sì”». E il giorno dopo Giacomo torna a scrivere…