Siamo arrivati alla fine della nostra inchiesta sulle trame di Erice e Trapani. Sugli accordi tra pregiudicati e politici per ottenere pacchetti di voti. Un’inchiesta che ha suscitato parecchie reazioni, e che ha svelato scenari inediti. Ecco la quinta e ultima puntata.
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Sono molto richiesti i capibastone che vanno in cerca di voti tra Erice e Trapani per i politici che si candidano alle elezioni.
Siamo partiti da San Giuliano, quartiere caldo di Erice, dove operano con molta disinvoltura alcuni pregiudicati che si attivano nel procacciamento dei consensi.
Il “grande elettore” di San Giuliano è Diego Pipitone, quello che ha portato in consiglio comunale Francesco Tarantino e che lo ha costretto a dimettersi. Cercato da tutti per la sua influenza, per i suoi voti.
E’ l’uomo da battere. E lo sapeva Luigi Manuguerra, politico di lungo corso, deceduto nei mesi scorsi. Manuguerra era stato rinviato a giudizio insieme al figlio per aver chiesto voti a Franco Orlando, boss di Trapani, per il figlio Alessandro, candidato, poi eletto, al consiglio comunale di Erice. Ma questa è un’altra storia che abbiamo raccontato più volte nell’ambito dell’inchiesta Scrigno. Quello che emerge di nuovo però è proprio la temibilità anche in quegli ambienti di Diego Pipitone, che Manuguerra e Orlando cercano di contrastare alle elezioni amministrative. Di Pipitone parla nel suo interrogatorio Pietro Cusenza, uno degli arrestati nell’operazione antimafia Scrigno, e sotto processo, per i suoi legami con la mafia e il suo lavoro di procacciamento delle preferenze. Ed è il primo a parlare, a vuotare il sacco, a collaborare con i magistrati. Ecco cosa dice il 10 settembre 2019 a proposito del caso Tarantino e di Pipitone.
Cusenza ammette molti fatti e a racconta retroscena di quei patti con i politici, come quello con Paolo Ruggirello e Vito Mannina per l’elezione della figlia Simona. Cusenza è quello che, come emerge dall’operazione Scrigno, commenta così: “Quando ho fatto salire la figlia di Vito Mannina a me, sua figlia mi ha abbracciato e si è messa a piangere, e mi ha detto Se non era per te io non avevo dove andare, dico sono belle soddisfazioni”.
Ci pensano loro, questi personaggi, a fare quello che una volta si chiamava “caseggiato”. In questa lunga storia che vi raccontiamo non ci sono soltanto i pregiudicati di San Giuliano a muoversi per intercettare preferenze. Ma anche persone legate da un filo diretto con Cosa nostra. Personaggi che vengono ricercati dai politici locali per ottenere qualche voto in più per arrivare in consiglio comunale.
E in questa storia vengono fuori nomi nuovi, soggetti non coinvolti nelle indagini legate all’operazione antimafia “Scrigno”.
Il primo nome è quello di Alberto Mazzeo.
E’ l’eterno candidato, Alberto Mazzeo. La sua carriera politica è decennale. Oggi è consigliere comunale a Trapani, eletto nella lista Trapani Tua, quella che accoglieva i fuoriusciti dall’Udc dietro “mentite spoglie” per sostenere la candidatura a sindaco di Giacomo Tranchida. Poi Mazzeo è passato all’opposizione. Prima di essere consigliere di Trapani Mazzeo è stato seduto per anni nel consiglio di Erice. Mazzeo eletto a Trapani nel 2018 aveva provato già l’anno prima la candidatura, nel 2017, l’anno delle elezioni mancate, dei terremoti giudiziari che coinvolsero Tonino d’Alì, che sosteneva in quella campagna elettorale, e Mimmo Fazio.
E Mazzeo avrebbe chiesto aiuto a Pietro Cusenza.
Quella delle elezioni amministrative del 2017 non sarebbe stata l’unica occasione in cui Mazzeo avrebbe interpellato Cusenza, sostengono gli investigatori. Tra loro c’è un certo rapporto di confidenza. Secondo gli investigatori Mazzeo “già in occasione di precedenti tornate elettorali si era servito dell’illecito sostegno di Pietro Cusenza, supporto questo che ne aveva permesso l’elezione”.
Dalle telefonate che si fanno “emerge con estrema chiarezza che fra quei due personaggi vi era un rapporto confidenziale”. E’ il 6 maggio 2017, manca poco alle elezioni. Mazzeo ha bisogno del sostegno di Cusenza, dei suoi voti, di quello che riesce a racimolare. Cusenza lo anticipa ad una donna con cui è in auto. “E’ in lista lui, questo era consigliere comunale però a Erice, no a Trapani, è stato per due volte per dieci anni consigliere comunale ad Erice e ora si è candidato qua a Trapani. Minchia ti sembra che io non lo so cosa vuole, ora mi dice ‘ma tu mi devi aiutare”.
Mazzeo e Cusenza si vedono. Il pregiudicato racconta tutto alla sua compagna. Attenzione. L’incontro non avviene in un posto qualunque, ma nel ristorante di Andrea Buzzitta, figlio di Nino Buzzitta uno dei boss arrestati nell’operazione Scrigno. I tre parlano dell’aiuto da dare a Mazzeo. Cusenza sembra essere indeciso. Ha, infatti, già un accordo con Vito Mannina per procurare voti alla figlia Simona, candidata (nelle liste di sostegno di Daniela Toscano) e poi eletta al consiglio comunale di Erice, il tutto con il benestare dei fratelli Francesco e Pietro Virga.
Ebbene, in quella riunione Buzzitta sposa le ragioni di Mazzeo e anticipa che, anche se c’è una vecchia amicizia, c’è la possibilità di pagare il “disturbo”. Ecco cosa dice Cusenza intercettato.
Cusenza ha bisogno dell’ok di Pietro Virga. Lo ottiene qualche giorno dopo, e allora chiama subito Mazzeo. E si vedono.
Ma nei giorni successivi Cusenza fa partire una sorta di gioco al rilancio, come un’asta a chi offre di più per i suoi voti. Si vede con Vito Mannina e dopo questo incontro presumono gli inquirenti che Cusenza si sia “astenuto, sebbene lusingato, nel sostenere Mazzeo”. Infatti Cusenza sarebbe riuscito a convincere Mannina a dare altri soldi per procurare quel pacchetto di voti che dice di aver già raccolto per Mazzeo. “Cu mille euro pigghiamo 40, 50 voti sicuri? si una cinquantina li pigghiamo statti tranquillo, sul mio onore e la mia parola d’onore Vito!”.
Niente da fare, Cusenza ha troppo lavoro. Non può procurare i voti a Mazzeo. E’ quasi dispiaciuto: “Vuoi vedere che ci resta pure male!”.
Altro personaggio che si inserisce in queste storie di criminalità e raccolta di voti è Gianfranco Gianni, vicino alla famiglia mafiosa di Trapani, avrebbe favorito tra gli altri la latitanza di Vincenzo Virga e Andrea Mangiaracina. Parliamo di lui qui.
Gianni ha un lungo curriculum criminale, già nel 1983 viene arrestato per furti, rapine, porto e detenzione illegale di armi. E ancora viene arrestato nel 1997 per il tentato omicidio di Giovanni Barbera. Viene condannato a sette anni per associazione a delinquere.
Ma nel 2017 Gianfranco Gianni è libero di scorrazzare tra Erice e Trapani per raccogliere voti utili a sostenere alcuni candidati. Come Pietro Cafarelli, già consigliere comunale a Trapani, oggi consigliere a Paceco, nel 2017 candidato a Trapani con il Psi.
Gianfranco Gianni e Pietro Cusenza parlano del sostegno a Cafarelli. “I voti a questo li diamo però è giusto? Appena ci ricu scrivimi a lista, perchè io non ci l’aiu cinquanta voti senza travagghiari”, dice Gianni.
Però sono giorni frenetici, di intenso lavoro. Cusenza non sa se può garantire l’impegno, e si pensa di coinvolgere altre persone, di subappaltare il lavoro di procacciamento dei voti. Gianni propone di interessarsi in modo esclusivo e chiede a Cusenza se può bastare un pacchetto di 50 voti per accontentare Cafarelli. Ma anche Gianni ha i suoi impegni perchè dice che deve trovare anche dei voti per un altro candidato, Nino Bianco.
Cusenza ci riflette, pensa che “uno sforzo congiunto avrebbe loro consentito di raggiungere l’obiettivo di raccattare un numero di consensi sufficiente a soddisfare anche le richieste fatte loro pervenire da Pietro Cafarelli”. La soluzione però è sempre quella di subappaltare.
“Iu u saccio chiddro ca fare, compare vero ti dico, io ci l’haiu veramente quattru cristiani e mi firo faricci pigghiari i voti”. L’idea è di dare 200 euro a testa a tre, quattro persone con l’incarico di recuperare 35/40 voti e per un importo complessivo di mille euro “potendo trattenere per sé la rimanente cifra che era stata consegnata e/o promessa come contropartita per l’incarico assunto di favorire l’elezione del candidato Pietro Cafarelli”.
E quei mille euro che “ci appizzano”, che ci rimettono, Gianni e Cusenza dove li recuperano? Da Anna Rosa Venturini, altra candidata che secondo le indagini della Squadra Mobile avrebbe stretto un patto con la malavita per ottenere dei voti facili alle elezioni del 2017 a Trapani. Poi la Venturini riprovò la candidatura l’anno dopo con la lista Amo Trapani a sostegno di Tranchida.
Il patto tra Venturini e Gianni viene definito dagli inquirenti “scellerato”. Anche per quello che confida Gianni a Pietro Cusenza, cioè che la candidata avrebbe dato dei pacchi con generi alimentari da consegnare agli elettori per ottenere voti. Da dove li avrebbe presi questi pacchi la Venturini? Dall’associazione di volontariato Social di Paceco di cui è presidente. Scrivono gli inquirenti che quei pacchi spesa sarebbero stati “distratti per finalità abnormi rispetto a quelle che cui erano istituzionalmente destinati”. I pacchi che dovevano finire ai bisognosi sarebbero serviti a ricompensare gli elettori per i voti.
E’ Gianni ad occuparsi di tutto, a proporsi per consegnare i pacchi e ottenere i voti.
Cusenza gli dice però che bisogna fissare un incontro con la Venturini per organizzarsi meglio, per formalizzare le richieste. E le richieste sono otto pacchi dono da destinare agli elettori e 2 mila euro, senza acconti e dilazioni.
Tra l’altro proprio la Venturini e il presidente della onlus Leonardo Raccosta, nel 2018, durante la campagna elettorale per le elezioni amministrative di Paceco sono stati fermati per un controllo della Digos mentre distribuivano dei pacchi spesa. Raccosta era candidato al consiglio comunale. Quella circostanza era stata giustificata dai due che “si trattava della consueta e mensile distribuzione dei pacchi spesa alle famiglie bisognose”.
Tornando ai fatti del 2017, da quello che si dicono il lavoro non manca per Cusenza e Gianni. Devono impegnarsi. In un giorno gli promettono da più parti 4 mila euro che “risarcivano ampiamente gli sforzi che stavano mettendo in campo per intercettare quel bacino di voti da far confluire in favore dei candidati che ad essi si erano rivolti”. Gianni è fiducioso, se Cafarelli viene eletto avrebbe dato 2 mila euro. Per Cusenza, Cafarelli ha poche chance di elezione, nonostante il loro aiuto. Che aiuto? Per Cusenza sarebbe bastato recuperare 60 voti a fronte dei 120 richiesti per rispettare i patti.
Un altro patto sarebbe stato stretto tra Antonino Bianco, ex consigliere a Trapani, e Gianfranco Gianni. Per Bianco, Gianni sarebbe riuscito a recuperare un pacchetto di 90 voti, dice il pregiudicato. “Sai da quando ci lavoro per Nino Bianco? Io lo voglio fare acchianare (salire, eleggere, ndr) mi hai capito oh? vedi che questo risolve….”. Per Cusenza quei voti potrebbero valere anche 1500 euro in più.
Tutto questo si svolge tra Trapani ed Erice. Dove esponenti legati alla mafia girano per le città a raccattare voti e distribuire pacchi spesa per i candidati al consiglio comunale con cui sono in affari.
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Questo è quanto accade a Trapani ed Erice nel 2017. Sugli episodi che abbiamo ricostruito ovviamente i diretti interessati avranno le loro obiezioni e loro ricostruzioni. Ma lo spaccato che emerge è significativo ed inquietante. Al di là delle condotte penali e dei possibili risvolti giudiziari, non siamo nati ieri, e sappiamo bene che gli episodi si ripetono in tante città e in quasi tutte le elezioni. Parlarne per sentito dire è una cosa, raccontarle da vicino fa una certa impressione.
Affinchè queste cose non si ripetano non è necessario l’intervento della magistratura, ma è importante fare appello alla responsabilità e alla coscienza di ognuno, di chi fa le liste, di chi si candida, ma soprattutto di chi vota.
FINE