Qualcuno faceva l’antimafia

Qualcuno faceva l’antimafia

2016-03-01T14:30:40+01:00 1st Marzo, 2016|Contro l'antimafia|
Qualcuno faceva l’antimafia perché era nato in Sicilia.
Qualcuno faceva l’antimafia perché Falcone e Borsellino erano delle brave persone.
Qualcuno faceva l’antimafia perché si sentiva solo.
Qualcuno faceva l’antimafia perché glielo avevano spiegato a scuola.
Qualcuno faceva l’antimafia per educazione.
Qualcuno faceva l’antimafia perché aveva la tessera di Libera.
Qualcuno faceva l’antimafia nonostante Libera.
Qualcuno faceva l’antimafia perché la scuola lo esigeva, la politica lo esigeva, insomma, lo esigevano tutti…
Qualcuno faceva l’antimafia per la disperata, patetica voglia di appartenere a qualcosa, una volta per tutte.
Qualcuno faceva l’antimafia perché gli avevano fatto credere che stavano distruggendo la mafia, ma in realtà, a sua insaputa, dava il suo contributo a crearne un’altra, di mafia, più grande e forte.
Qualcuno faceva l’antimafia perché prima era mafioso.
Qualcuno faceva l’antimafia per gioco.
Qualcuno faceva l’antimafia perché non lo sapeva, che lo stavano giocando come un babbeo.
Qualcuno faceva l’antimafia per sicurezza.
Qualcuno faceva l’antimafia perché voleva diventare ricco.
Qualcuno faceva l’antimafia perché aveva un parente nelle forze dell’ordine.
Qualcuno faceva l’antimafia perché si commuoveva al ricordo del generale dalla Chiesa.
Qualcuno faceva l’antimafia per i gadget.
Qualcuno faceva l’antimafia perché era così affascinato dai giudici antimafia, i giornalisti antimafia, i preti antimafia, i politici antimafia, che voleva diventare uno di loro.
Qualcuno faceva l’antimafia perché «Peppino è vivo e lotta insieme a noi…».
Qualcuno faceva l’antimafia perché la mafia è una montagna di merda.
Qualcuno faceva l’antimafia perché era facile.
Qualcuno faceva l’antimafia perché glielo avevano detto.
Qualcuno faceva l’antimafia perché non gli avevano detto tutto.
Qualcuno faceva l’antimafia perché leggeva solo Saviano.
Qualcuno faceva l’antimafia per un senso come di liberazione.
Qualcuno faceva l’antimafia perché era comunista.
Qualcuno faceva l’antimafia per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione.
Qualcuno faceva l’antimafia perché non c’era niente di meglio.
Qualcuno faceva l’antimafia perché non ne poteva più.
Qualcuno faceva l’antimafia perché Capaci, via D’Amelio, i Georgofili eccetera, eccetera, eccetera…
Qualcuno faceva l’antimafia, ma forse faceva qualcos’altro.
Qualcuno faceva l’antimafia perché voleva essere felice.
Qualcuno faceva l’antimafia per fede, perché ci credeva.
Qualcuno faceva l’antimafia perché non aveva mai letto quella frase di Rosario Livatino: «Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili».

About the Author:

Giacomo Di Girolamo
Giacomo Di Girolamo, giornalista. Mi occupo di criminalità organizzata e corruzione in Sicilia da più di 20 anni. Sono direttore della radio più ascoltata della provincia di Trapani, Rmc 101, e di un portale molto letto in Sicilia, Tp24. Miei articoli sono usciti su Repubblica, Il Sole 24 Ore, Domani. Collaboro anche con Linkiesta.  Sono autore della biografia del boss Matteo Messina Denaro: L’invisibile (un'edizione aggiornata è uscita nel 2023), di Cosa Grigia (il Saggiatore 2012, finalista al premio Piersanti Mattarella), Dormono sulla collina (il Saggiatore 2014), Contro l’antimafia (Il Saggiatore, 2016).  Per Laterza ho scritto "Gomito di Sicilia" (2018), per Zolfo "Matteo va alla guerra" (2022) e "Una vita tranquilla" (2004). Per le mie inchieste ho vinto nel 2014 il Premiolino, il più importante premio giornalistico italiano, e, nel 2022, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, il Premio Nazionale "Paolo Borsellino". Ho raccontato la mia vita in un podcast per Audible, "L'isola di Matteo".