Matteo Messina Denaro e le stragi /3

Matteo Messina Denaro e le stragi /3

2020-06-29T12:18:42+02:00 20th Giugno, 2020|inchieste|

Continuiamo con la terza parte del nostro approfondimento sulla requisitoria del pm Gabriele Paci, al processo che si sta svolgendo a Caltanissetta nei confronti di Matteo Messina Denaro, accusato di essere il mandante delle stragi.  (Qui potete leggere la prima parte) e (qui la seconda). 

La Loggia Iside 2, il Circolo Scontrino di Trapani  e il professore Gianni Grimaudo –  Nella metà degli anni ’80 viene fatta una perquisizione in questo centro studi in cui viene scoperto l’intreccio massonico che fa capo appunto al “Circolo Scontrino”, un’associazione culturale, dietro la quale Grimaudo concepisce una serie di logge coperte con la benedizione di Licio Gelli. Il pentito Vincenzo Sinacori dice che il rapporto con la massoneria è un rapporto di dare/avere, secondo quello che dicono i mafiosi trapanesi. 

Chi c’era nella Loggia Scontrino – Nella Loggia Scontrino troviamo i rapporti tra Grimaudo e Licio Gelli, ma dello stesso Grimaudo con Pino Mandalari, commercialista di Riina. Troviano anche l’affiliazione di alcuni personaggi strettamente legati ai mafiosi, in particolare Natale L’Ala, che non era un mafioso, ma era molto vicino ai mafiosi di Campobello e che poi venne ucciso, tra l’altro partecipo nel gruppo di fuoco, lo stesso Matteo Messina Denaro. Adria Calogero che era un mafioso partannese che si spese con Grimaudo per fare ottenere dei benefici a Stefano Accardo detto “Cannata”, protagonista della guerra di mafia partannese e vicinissimo a Messina Denaro. Altro soggetto legato a questa loggia è Mariano Asaro, che non è un uomo d’onore ma che è legato agli uomini d’onore. Viene arrestato infatti assieme a Michele Mercadante della famiglia di Castellammare. C’è traccia di Mariano Asaro, in questo processo, perché ne parla Gaspare Spatuzza, che è latitante insieme ad altri mafiosi palermitani a Marausa nel ‘95 insieme a Mariano Asaro, e mette assieme sia Asaro, sia lo stesso Mariano Agate per quei rapporti massonici, tutti inseriti nel Circolo Scontrino di Gianni Grimaudo, che era in contatto anche Don Agostino Coppola, il famoso prete che celebrò il matrimonio di Riina, e che era nipote di Frank “Tredita”, amministratore dei beni della diocesi di Monreale. Questi rapporti accertati all’interno dello “Scontrino, in molti casi vengono attivati per favorire personaggi del calibro di Giovanni Bastone e Gioacchino Calabrò, il primo uomo della famiglia di Mazara e massone a sua volta, e il secondo, Calabrò, capo della famiglia di Castellammare, venne condannato per la strage di Firenze. 

Gianni Grimaudo e la sua importanza per la mafia trapanese – Per capire l’importanza del ruolo di Gianni Grimaudo e di come fosse uomo importante per i mafiosi, c’è una indicazione che riguarda proprio l’arresto di Grimaudo e il fatto che la sua collocazione in carcere veniva decisa dai mafiosi marsalesi da D’Amico e Caprarotta. Appena arrivato lo presero in cella con loro, ma ci sono le indicazioni che provengono dalla sentenza per il “Processo Scontrino” che amplificano quelle che abbiamo acquisito durante il processo.

Il tentativo di Messina Denaro di aggiustare il processo nei confronti dei catanesi – Una di queste è la vicenda dell’omicidio di Vito Lipari, sindaco di Castelvetrano, ucciso nel 1980, tra l’altro Vincenzo Sinacori dirà nel processo Omega che ad ucciderlo è stato lui e verrà condannato per questo. Il giorno dopo l’omicidio Lipari, vengono arrestati Mariano Agate, Nitto Santapaola, Romeo e Mangionna, uomini d’onore della famiglia di Catania. Vengono condannati in primo grado, sentenza poi però ribaltata in appello. Sia Malvagna, sia Avola, collaboratore ed ex killer della famiglia di Catania, sottolineano come ci sia stato un tentativo di aggiustare il processo da parte di Matteo Messina Denaro, si disse: “i catanesi erano rimasti incagliati in questo processo a causa dei trapanesi e questi ultimi dovevano in qualche modo risolvere la questione” e uno dei sistemi utilizzati fu il ricorso alle contiguità massoniche dei mafiosi trapanesi.

Massoneria trapanese e Cosa Nostra – Sulla massoneria trapanese (qui una nostra inchiesta), oltre a quello che ha detto Sinacori, ci sono le dichiarazioni di Giuffrè: “Che Cosa Nostra trapanese e non solo, fosse in contatto con la massoneria e in particolare con al P2 lo sapevano tutti. Si diceva in particolare che Mariano Agate fosse iscritto alla massoneria”. E’ confermato, dunque, lo stretto legame della mafia trapanese alla massoneria. Anche il mafioso Gioè spende i rapporti tra la mafia trapanese e la massoneria, per il raggiungimento di alcuni obiettivi criminali.

L’acquisto di un terreno nel mandamento di Castelvetrano per conto di Riina – Elemento di prova delle cointeressenze tra Riina e la mafia trapanese. Ai due mandamenti di Mazara e Castelvetrano viene dato il compito di custodire i beni di Riina e Provenzano, intestandoli a persone di fiducia. Pietro Bono è un imprenditore vinicolo di Campobello di Mazara che rientra nel mandamento di Castelvetrano e ricorda che Riina aveva delle proprietà già nel 1978. “Mi risulta personalmente – disse Bono – che Passanante, capo della famiglia di Campobello, mi chiese di versare 100 milioni sul mio conto corrente che io tenni per una settimana, somma che serviva per acquistare un terreno per conto di Riina. Il terreno apparteneva originariamente ai D’Alì di Trapani ed era amministrato da Francesco Messina Denaro e in quel momento di proprietà dei Geraci, gioiellieri di Castelvetrano. Un altro terreno di Riina è a Castelvetrano in contrada San Filippo, ma è intestato al dottor De Simone che è uomo d’onore della locale famiglia mafiosa. Nel settembre del 1995 mi fu presentato uno dei fratelli Giambalvo che è un mafioso che risiedeva a Santa Ninfa, si occupava del terreno di Riina in contrada San Filippo”.

Le riunioni a Castelvetrano per decidere l’attacco allo Stato – Pietro Giambalvo, uomo d’onore di Roccamena e residente a Santa Ninfa, parteciperà a diverse riunioni importanti con Riina e con Matteo Messina Denaro e, soprattutto, Giambalvo è indicato come colui che ha ospitato Riina e gestito i suoi beni, in particolare inoltre ha partecipato alla famosa riunione di Castelvetrano, dove si iniziò a delineare la strategia di attacco allo Stato e la morte di Giovanni Falcone, nel settembre /ottobre 1991.

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Giacomo Di Girolamo
Giacomo Di Girolamo, giornalista. Mi occupo di criminalità organizzata e corruzione in Sicilia da più di 20 anni. Sono direttore della radio più ascoltata della provincia di Trapani, Rmc 101, e di un portale molto letto in Sicilia, Tp24. Miei articoli sono usciti su Repubblica, Il Sole 24 Ore, Domani. Collaboro anche con Linkiesta.  Sono autore della biografia del boss Matteo Messina Denaro: L’invisibile (un'edizione aggiornata è uscita nel 2023), di Cosa Grigia (il Saggiatore 2012, finalista al premio Piersanti Mattarella), Dormono sulla collina (il Saggiatore 2014), Contro l’antimafia (Il Saggiatore, 2016).  Per Laterza ho scritto "Gomito di Sicilia" (2018), per Zolfo "Matteo va alla guerra" (2022) e "Una vita tranquilla" (2004). Per le mie inchieste ho vinto nel 2014 il Premiolino, il più importante premio giornalistico italiano, e, nel 2022, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, il Premio Nazionale "Paolo Borsellino". Ho raccontato la mia vita in un podcast per Audible, "L'isola di Matteo".