Che la sanità siciliana sia sempre stata al centro degli interessi e degli intrecci tra la mafia e la politica è una certezza e ne è un esempio la storia di Michele Aiello e delle cliniche siciliane. La conferma del forte interesse della mafia trapanese per la sanità locale oggi è ritornata alla ribalta con le dichiarazioni che riguardano addirittura il boss Matteo Messina Denaro che voleva aprire un campus sanitario altamente specializzato a Marsala, vicino l’ospedale “Paolo Borsellino” di via Salemi. Lo ha rivelato il pentito della ‘ndrangheta, il medico Marcello Fondacaro, che ha testimoniato nel corso del procedimento per l’applicazione della sorveglianza speciale a “sua sanità”, l’ex deputato salemitano Pino Giammarinaro, per anni il vero dominus della sanità trapanese. Fondacaro in questi ultimi mesi è stato ascoltato dalle Procure di Roma, Trapani e Palermo, per fatti di mafia collegati alla massoneria, parlando dell’esistenza in Sicilia di una superloggia al cui vertice ci sarebbe proprio Matteo Messina Denaro. Del progetto del campus sanitario di cui parla Fondacaro si è iniziato a parlare nel 2005; si volveva rifare a Marsala quanto già fatto dallo stesso Fondacaro con la sua società, con la quale aveva realizzato già due attività analoghe nel Lazio e in Calabria.
Il collaboratore dice di averne portato a conoscenza l’ex presidente della Regione Totò Cuffaro, Nino Dina attuale deputato regionale e il medico trapanese Giovanni Gentile affinchè informasse Pino Giammarinaro, circostanza confermata ai giudici da Gentile, anche se ha continuato a dire che Giammarinaro con la struttura non c’entrava nulla. Il pentito calabrese, – sposato con una donna di Mazara, anche lei medico, che ha prestato servizio per qualche periodo all’ospedale di Mazara -, dice che i soldi per la costruzione dell’opera erano stati raccolti e provenivano in parte dal Canada e dagli Stati Uniti e messi a disposizione dalle famiglie mafiose trapanesi che da anni volevano far rientrare i loro capitali nelle loro terre, e in parte da altre persone interessate ad investire nell’affare. “In parole povere – afferma Fondacaro – non era altro che una partita di ritorno di soldi della mafia locale, guadagnati con i grandi traffici internazionali, tra il Canada e l’America”. Il collaboratore ha confermato che, tra gli altri soggetti impegnati nell’iniziativa c’era un certo Bulgarella di Trapani, proprietario di diverse strutture alberghiere, e tra gli imprenditori di Castelvetrano, Vito Li Causi e un certo Patti. Qui le dichiarazioni del collaboratore non sono molto precise, si tratta forse di Li Causi, l’ex deputato dell’Udeur scomparso recentemente, e Patti, sarà forse il cavaliere Carmelo Patti, proprietario di Valtur, morto anch’egli recentemente, e sul quale pendeva un procedimento di confisca di beni di 5 miliardi di euro proprio per fatti di mafia?
Sul progetto del campus sanitario che aveva già un nome, “Villa Salus”, c’è anche un riscontro oggettivo. E’ stato, infatti, trovato in casa dello stesso Fondacaro, al momento del suo arresto, prima quindi che diventasse un collaboratore di giustizia, un bozza preliminare della struttura i cui veri proprietari, secondo quanto affermato, sarebbero stati Giammarinaro e Messina Denaro.
Ma la vicenda della struttura sanitaria voluta dal boss castelvetranese non può certamente fermarsi al semplice fatto di cronaca giudiziaria legata, comunque, a fatti di mafia, perché le dichiarazioni di Fondacaro, ma più che le dichiarazioni, il progetto in sé di cui parla, sembra ripercorrere con incredibile analogia la storia e i luoghi della struttura che a Marsala conosciamo benissimo: il Campus Biomedico che si trova proprio alle spalle dell’ospedale Paolo Borsellino. I lavori per la realizzazione di quest’opera, che è stata costruita esclusivamente grazie a fondi pubblici, sono terminati a settembre del 2012, ma ancora oggi non è entrata in funzione. Il Campus sorge su un’area di 6.800 mila metri quadrati di proprietà dell’Asp, e ha una superficie coperta di 550 metri quadrati. Ha nove aule didattiche che potranno ospitare 180 allievi, uffici amministrativi e direzione, segreteria e front-office studenti, hall d’ingresso a piano terra, spazi comuni a primo piano, servizi e locali tecnici.
Il campus (qui potete leggere la storia completa) quando entrerà in funzione sarà un punto di riferimento per gli studenti marsalesi e non che si avvieranno negli studi sanitari. Ma un’altra analogia che viene in mente tra il campus di Matteo Messina Denaro e il Campus Biomedico è quella temporale. Siamo agli inizi del 2000 quando l’idea del campus nasce in seno ad “Oltrecittà”, associazione giovanile vicina a Massimo Grillo, dopo i contatti con l’Università di Palermo. La gestazione del Campus prosegue con la costituzione il 22 novembre del 2001 del “Consorzio Universitario Campus Bio-Medico di Marsala” i cui componenti sono l’Asl di Trapani (ora Asp), il Comune di Marsala e il “Comitato promotore di un Corso di Laurea di Medicina e Chirurgia Campus Bio-Medico di Marsala” presieduto, a quei tempi, dallo stesso Grillo. L’iter per la realizzazione del Campus Biomedico vede nel 2003 una delle tappe più importanti. Il primo aprile il Ministero dell’Economia invia al Senato uno schema di decreto relativo alla “ripartizione delle disponibilità del Fondo nazionale per il sostegno alla progettazione delle opere pubbliche delle regioni e degli enti locali” della somma di 5 milioni di euro, di cui 350.000 sono destinate alla “Progettazione del Campus Bio-Medico”.
Nella finanziaria del 2005 viene inserita la somma di 1,1 milioni di euro per il “completamento”. La Ragioneria dello stato suddividerà l’investimento in quattro momenti: 226 mila euro nel 2005, 221 mila nel 2006, 353 mila 2007, 300 mila nel 2008. Nel 2006, l’allora sindaco di Marsala, Eugenio Galfano, affida la progettazione a Pietro Licari e Girolamo Busetta. Nel 2009 si conclude la trafila burocratica e con una gara d’appalto vengono assegnati i lavori ad un’associazione temporanea di imprese ARCOSS s.r.l.. Per fortuna, visto quello che si sta apprendendo il campus di Matteo Messina Denaro non si è realizzato, sarà costretto a curare i suoi acciacchi altrove. Per il Campus Biomedico, invece, fino a questo momento possiamo dire che sono stati spesi inutilmente 1 milione e 400mila euro di soldi pubblici, finchè non sarà una struttura operativa. La sua storia purtroppo è simile a quella di tante altre strutture pubbliche che prima vengono costruite e poi con tutti i limiti di una politica che ritarda, che fa opportunismo, che non è capace di portare a termine nei tempi stabiliti quanto si è prefissata, rimane lì in attesa che ci si metta d’accordo, magari aspettando la prossima tornata elettorale. Ci chiediamo perchè un qualcosa di già pronto per essere fruibile, realizzato con il denaro dei contribuenti, debba ancora restare bloccato. Eppure la soluzione sembrerebbe lì, a portata di mano, basterebbe solo volerlo.