Alle ultime elezioni politiche del Marzo 2018 è stata eletta deputata del collegio Marsala – Trapani – Partinico, la signora Piera Aiello. Candidata con i Cinque Stelle, ha ottenuto 80.000 voti. Un plebiscito. Dovuto non solo al trend favorevole al partito di Grillo e Casaleggio, ma anche alla storia di Piera Aiello, che si è presentata addirittura come “candidata senza volto” per via delle misure eccezionali di protezione che la coprivano, e la tutelano tutt’ora.
L’on.le Piera Aiello è infatti una testimone di giustizia. Originaria di Partanna, la sua storia si può riassumere sinteticamente così: nata nel 1967, inserita nel degradante contesto mafioso del Belice, nel giugno del 1991 dopo l’omicidio del marito, mafioso, Nicolò Atria, che voleva vendicare a sua volta l’omicidio del padre, Vito, decise di collaborare con la Procura di Marsala, retta allora da Paolo Borsellino.
Grazie anche al suo contributo, si è potuto ricostruire l’ambiente, assolutamente retrogrado, in cui è maturata la guerra di mafia di Partanna per il controllo del territorio e delle piazze dello spaccio di droga. Piera Aiello è infatti cresciuta in un ambiente allucinante, e con coraggio si è ribellata.
Meno utile, in alcuni casi, è stato il contributo dell’On.le Piera Aiello dal punto di vista giudiziario. La donna è stata una grande accusatrice di Vincenzino Culicchia, deputato e storico Sindaco di Partanna, uno dei più noti politici della Democrazia Cristiana in provincia di Trapani. Imputato di associazione mafiosa, Culicchia è stato assolto per non aver commesso il fatto sia in primo grado (Tribunale di Marsala, 31 Ottobre 1997, al termine di un processo lunghissimo, cominciato nel 1994 e con oltre 40 testi) che in Appello.
Da qui potete scaricare la richiesta di autorizzazione a procedere inviata dalla Procura in Parlamento. Il quel documento, tra l’altro, Piera Aiello è definita “collaboratrice di giustizia”, anche perchè, tecnicamente, la definizine di “testimone di giustizia” era ancora da introdurre nel nostro ordinamento.
L’attuale parlamentare dei Cinque Stelle, insieme ad altri pentiti, accusava addirittura Culicchia di essere l’ombra del mafioso Stefano Accardo e il mandante dell’omicidio di Stefano Nastasi (consigliere comunale della Democrazia Cristiana, ucciso nel 1983) solo perché era un astro nascente della politica locale che avrebbe oscurato la stella di Culicchia.
Nelle motivazioni i giudici smontano le sue accuse nei confronti di Culicchia, e anche il valore delle sue dichiarazioni, utilissime a descrivere un ambiente mafioso (“l’aria che respirava” come dice la stessa Aiello) meno dal punto di vista processuale, dato che erano dei “si dice” senza riscontro. Aiello riportava ad esempio alcune confidenze fatte dal suocero, Vito Atria, alla figlia Rita, e da questa a Piera (cognata di Rita). Quello che è singolare è che però il pastore Vito Atria viene ucciso nel 1985, e in quel tempo sua figlia Rita, depositaria delle sue confidenze sull’assetto mafioso del Belice, aveva solo 11 anni.
Piera Aiello aveva raccontato di interventi di Culicchia in favore degli Accardo per gli appalti pubblici, di soldi rubati dai fondi per il terremoto, di posti di lavoro chiesti al Sindaco Culicchia da parte del suocero per suo marito Nicolò. Aveva aggiunto che Culicchia seguiva le processioni del Venerdì Santo in prima fila con gli Accardo. Ma tutti questi episodi, scrivono i giudici, vengono smentiti dal dibattimento e dalle verifiche dei documenti del Comune di Partanna. Ad esempio Nicolò Atria cercava un posto di lavoro al Comune, è vero, anche perché era invalido e poteva accedere ad una corsia preferenziale. Ma Culicchia rifiutò di interessarsi al suo caso. E inoltre la stessa Aiello ha ammesso in udienza che il marito non aveva mai neanche fatto domanda per essere assunto.
Così come non ci sono prove sulla gravissima accusa di Piera Aiello a Culicchia di essere stato il mandante dell’omicidio di Stefanino Nastasi, al solo scopo di frenarne l’ascesa politica e per evitare che rivelasse le magagne che aveva scoperto sulla ricostruzione post terremoto. Il movente “non è confermato in alcun modo” scrivono i giudici, anzi i rapporti fra i due erano “ottimi e di intima amicizia”.