Tirate di orecchie, imprecazioni, offese, bambini strattonati. Si leggeva nel volto degli alunni della scuola elementare Falcone di Valderice il timore, la paura, che avevano nei confronti di quelle maestre “violente”.
Violenze soprattutto verbali, comportamenti che facevano vivere ai bambini quelle ore in classe come un incubo. Bambini che non volevano andare a scuola per le umiliazioni che subivano, per le urla e gli insulti. Questo c’è scritto nella sentenza che condanna ad un anno, per maltrattamenti ai bambini, tre maestre che insegnavano nella scuola elementare valdericina. Un caso che ha scosso l’intera comunità, e dal quale adesso la scuola tenta di reagire. Abbiamo raccontato ieri di alcuni casi che hanno coinvolto la maestra Pacilè, una delle tre maestre condannate i maltrattamenti in classe. Maltrattamenti che a livello fisico, non erano delle vere e proprie percosse, ma tirate di orecchie e strattonamenti. Per il giudice però questi gesti, uniti alle urla e agli atteggiamenti inutilmente intimidatori, alle offese, costituiscono dei maltrattamenti a livello penale.
E sono numerosi anche per Maria Amore, una delle tre insegnanti condannate, gli episodi di maltrattamenti nei confronti dei bambini.
Tirate di orecchie, imprecazioni, offese. Tutto registrato dalle telecamere piazzate in classe che riprendevano cosa facevano le insegnanti incriminate ai bambini.
Le telecamere riprendono il gesto di una “sculacciata” data ad una bambina, che poi il giudice rileverà non aggressiva. Ma la maestra sgridava spesso i bambini con toni molto accesi. Alla stessa bambina le urlava “poi dici che le maestre non ti vogliono bene”. E ancora rivolgendosi alla bambina che batteva più volte la fronte sul banco: “cerca di finirla perchè mi stai annoiando. La smetti? Perchè mi dai fastidio”, poi la maestra le si avvicina e le solleva bruscamente la testa. Alla stessa bambina le diceva “devi stare qua, siediti, ti prenderei a schiaffi”, mimando la mano aperta. Amore, di nome, ma non di fatto, la maestra viene registrata mentre dà dell’insopportabile ad una bambina e mentre alla stessa, che aveva risposto ad una domanda prima che l’insegnante finisse di formularla, dice “è da stupidi rispondere prima che una persona finisca la domanda”. Lo stesso giorno l’insegnante invita i bambini a disporsi in fila davanti alla porta e dopo pochi secondi si avvicina ad una bambina che si stava distraendo, l’afferra per un braccio, la mette con le spalle rivolte verso il muro e le urla contro il volto, a pochi centimetri di distanza, come a voler incutere maggior timore, “stai zitta”.
Un altro grave episodio succede lo stesso giorno. Questa volta vittima è un bambino. La maestra Amore entra in un’aula vuota trascinando bruscamente con sé il bambino, dopo averlo messo con le spalle appoggiate alla porta, gli dice, a distanza di pochi centimetri dal volto e puntando il dito e gesticolando con fare minaccioso: “dunque o tu la finisci di fare il buffone quando c’è l’altra maestra o ti faccio vedere io hai capito?”. Il tutto avviene in presenza della maestra Pacilè, altra condannata, che resta ferma, immobile, senza reagire all’atteggiamento della collega. Il bambino da solo ed indifeso davanti alle due maestre è visibilmente intimorito e rimane muto. E lo stesso bambino, mentre era chinato per terra a prendere un oggetto caduto, veniva preso per l’orecchio dall’insegnante e rimesso sulla sedia.
Non finiscono qui gli episodi. Ad un altro bambino dice “se tu non la finisci di gridare, io qualche giorno ti faccio gridare col piacere mio”.
Le telecamere registrano anche l’insegnante prendere per il braccio un bambino, mentre lei era intenta a correggere le prove scritte, con il bambino che prova a divincolarsi ma la maestra lo tiene fermo per due minuti.
Per il giudice il comportamento dell’insegnante instaura “un clima vessatorio, intimidatorio, mortificante, tale da infliggere uno stato di sofferenza (non necessariamente fisica)”. Un clima che risulterebbe provato da più elementi. Come la frase pronunciata da un bambino: “non mi dare botte”. E lo sfogo di un altro bambino con la sorella: “pazze queste maestre sono... io vorrei scrivere un foglietto dove scrivo cosa fa… cosa mi fa la maestra Maria”, “io odio la maestra Maria mi ha fatto tanto a me mi dice parole, mi fa un sacco di cose. Io … proprio la odio!”.
Il caso del bambino trascinato nell’aula vuota, il timore che si legge sul volto di quell’alunno per i giudici è un altro elemento di maltrattamento. Come il timore che traspare dal volto di un’altra bambina mentre la maestra le intima perentoriamente urlandole contro a pochi centimetri di stare zitta.
La maestra si è giustificata, sulle tirate di orecchie, che si trattava di mere “sollecitazioni tattili”. Ma queste non spiegherebbero le orecchie arrossate del bambino notate da un’altra maestra che ha denunciato tutto.
Il giudice poi spiega che l’insegnante avrebbe dichiarato di rimproverare i bambini avvicinandosi e inginocchiandosi dinanzi a loro per evitare che la sua altezza potesse incutere timore. Ma per il giudice una motivazione del genere non è convincente, anche perchè si vede dai filmati dell’atteggiamento intimidatorio della maestra, che urla a pochi centimetri dal viso e punta il dito “con nessun altro fine se non quello di imporre, con forza, la propria indiscutibile autorevolezza”. Scrive il giudice nella sentenza che “un conto è la sana autorevolezza, altro è la mera sopraffazione a suon di minacce e insulti”.
Fare la maestra è altro, infatti. Insegnare, emerge dalle analisi del giudice, è educare i bambini, non umiliarli. Domani, vedremo altri episodi con un’altra maestra “violenta” protagonista.