Insulti, maltrattamenti, minacce, parole forti nei confronti dei bambini che invece dovevano educare. Ha scosso la comunità di Valderice il caso delle maestre “violente” della Scuola elementare Falcone.
Quattro le maestre finite a processo, tre di loro sono state condannate ad un anno di reclusione. Si tratta di Ignazia Agosta, Maria Amore e Grazia Pacilè. Il Pm Francesco Urbani aveva chiesto tre anni. Le quattro insegnanti della scuola elementare Falcone di Valderice, erano accusate di maltrattamenti.
Tutto nasce, tra l’altro, non dalla denuncia dei genitori, ignari di quanto avvenisse nella scuola, ma di una collega, che ha ritenuto che i “metodi educativi” delle maestre fossero troppo violenti. Da qui l’indagine per maltrattamenti, e poi la sospensione per un anno. Comincia tutto con una relazione al dirigente scolastico da parte della maestra, che elenca tutto ciò che non va nelle colleghe, il modo strano in cui agiscono, soprattutto perché si comportano da vera e propria “squadra”. La relazione finisce sul tavolo della Procura, e da lì alla Squadra Mobile. Scontato il passaggio successivo: mettere le videocamere nascoste. E c’è la conferma di quanto già scritto: ragazzi presi per le orecchie brutalmente, spinti, altri costretti ad auto schiaffeggiarsi.
Il Pm aveva chiesto gli arresti domiciliari per le indagate, ma il Gip dispose soltanto la sospensione dell’esercizio della professione.
Le condanne non sono pesanti per le maestre “violente”, ma sono pesanti soprattutto i fatti che gli investigatori hanno scoperto all’interno della scuola valdericina. Prima con la denuncia della collega insegnante, poi con le cimici che hanno intercettato i maltrattamenti ai danni dei bambini.
Tra le condannate c’è Grazia Pacilè, insegnante che, da quello che emerge nelle motivazioni della sentenza, aveva la delicatezza di un orso nel rivolgersi ai bambini che avrebbe dovuto educare. Parole pesanti, quelle intercettate in classe dalle cimici piazzate. Giorno dopo giorno era un continuo strepitio, un continuo di insulti e urla nei confronti di bambine e bambini. Parole e atteggiamenti che gettano nello sconforto e umiliano gli alunni.
Come quando una bambina si rivolge alla maestra dicendo che la compagna di banco stava copiando il suo disegno, e la maestra risponde “non ci fa niente, vuol dire che non ha fantasia e copia da te… vuol dire che è inferiore a te”. E lo stesso giorno ad un’altra bambina urlando le dice “arrè? Che cazzo fai con i colori?” dandole della “mocciosa”. E ancora un altro giorno la maestra Pacilè afferra un bambino per un braccio e lo strattona in avanti. Dopo pochi minuti ad un’altra bambina esclama: “chiamo a tua madre e ti fazzu fare a facci tanta”. Il 19 dicembre 2017 l’insegnante è molto nervosa. Prima dà della “stupida” ad una bambina, poi, alla stessa le dice “maledetta… ti metto la museruola”, e su un’altra bambina dice “ci spacco a testa!”.
Un altro episodio qualche giorno dopo. La maestra spiega come funziona il computer. Una lezione stimolante per i piccoli alunni. Una bambina la interrompe più volte per esternare le proprie conoscenze. Ma la cosa infastidisce la maestra che afferra la bambina per il braccio e la mette in piedi con il viso rivolto verso la classe ordinandole di spiegare al suo posto e “minacciandola che ad ogni errore commesso riceverà una sberla”.
Insegnare, ed educare, spiegare le cose bene, anche se i bambini sbagliano. Succede che un bambino insiste sul fatto che le palline nella tabella sono 112, la maestra replica che sono 100 e, infastidita dal persistente errore del bambino, dice “Stai zitto… sono cento… contali! Ed ora ti spacco la faccia… attendo perchè se sono cento ti arriva una sberla, te la do a prepotenza, te l’ho già detto ieri… ringrazia Dio che le maestre non possono dare botte perchè una sberla te la darei”.
Non finisce qui. Qualche giorno dopo allo stesso bambino la maestra intima di tornarre al suo posto dicendogli “vai a sederti prima che ti schiaccio con i piedi”. Il bambino non va a sedersi, lancia una penna in aria, e la maestra lo afferra per il braccio e lo mette a sedere, strattonandolo e colpendolo, seppur lievemente, sul viso. Tanti sono gli episodi di questo genere. Ad un bambino gli dà della “testa di cavolo”. Ad un altro dice “ahi niente! Perchè ti faccio morire e poi chiamo tua mamma e ti faccio prendere a scuola!”. E ancora strattoni, spinte, e altri maltrattamenti verbali. Come quelli che riferisce un’altra insegnante che ha denunciato diversi fatti. Come quella volta che la Pacilè disse ad un bambino “ti spiaccico la faccia sul banco”.
Ad una bambina che aveva chiesto di andare in bagno, riferisce sempre l’insegnante, la Pacilè disse “vai in bagno perchè la pipì ce l’hai sempre in pizzo a questo fiorellino”. La bambina poi rientrava piangendo e mentre un’altra maestra la accompagnava fuori la Pacilè diceva ad un altro bambino “ti prendo a schiaffi se non la smetti”.
Comportamenti che secondo il giudice che ha condannato la maestra sono gravissimi, che anche se non c’è stata una eccessiva violenza fisica, quella verbale configura anche il reato di maltrattamenti. Ancora più grave è il fatto che atteggiamenti così e parole offensive siano state ad opera di un’insegnante nei confronti di bambini che ha il compito di educare. Ma non è tutto. Nei prossimi giorni vedremo gli altri episodi che riguardano altre insegnanti.