Trent’anni fa non c’erano gli smartphone. Sai che selfie che sarebbero venuti, sotto le Torri Gemelle, ancora in piedi. Tutti insieme, negli Stati Uniti, un viaggio collettivo, magari per festeggiare che gli affari stavano andando bene (per loro) a Marsala. La comitiva del viaggio è formata dai progettisti, imprenditori, ingegneri, e funzionari che hanno messo mano nella realizzazione del nuovo ospedale di Marsala. Lavori che sono costati più del dovuto, attraverso il ricorso illegittimo a perizie di variante che hanno fatto impennare i costi. Tutto premeditato, tutto pensato e voluto. E proprio questo viaggio negli Stati Uniti è uno degli elementi che i processi sui lavori all’ospedale di Marsala hanno fatto sentenziare al giudice che c’era il “dolo”, che c’era premeditazione, nelle condotte dei protagonisti della storia dell’ospedale lilibetano condannati a risarcire oltre 5 milioni di euro all’Asp di Trapani dal Tribunale Civile di Marsala.
ALTRO LOTTO, ALTRO SPRECOIeri abbiamo visto cosa hanno studiato imprese e progettisti per guadagnare di più con la realizzazione del primo lotto dell’ospedale di Marsala. Stesso sistema, quello delle perizie di variante illegittime, viene adottato anche per il secondo lotto, un progetto elaborato, tra gli altri, da Operti e Giglio mentre erano in corso i lavori del primo stralcio.
L’importo complessivo del secondo lotto era stato stimato in 12 miliardi 896 milioni di vecchie lire, di cui 8,7 miliardi per opere edili in appalto. Il progetto si riferiva ad un lotto “funzionale” e funzionante. Ma già dalle prime battute si capisce che non può essere così. Scrive il giudice, infatti che, “il progetto era strutturalmente incoerente con tale finalità, giacché contemplante le sole opere edili, a dispetto della formale destinazione di L. 1.815.000.00 agli “impianti”. Tale rilievo, associato a quello riguardante l’incongrua scelta di scorporare anche dal primo lotto gli impianti, rende chiara la finalità di agevolare in ogni modo l’affidamento dei lavori all’ATI, priva dei requisiti tecnici per l’esecuzione delle opere impiantistiche”.
Infatti, come avvenuto per il primo lotto, dopo l’aggiudicazione dei lavori nel marzo 1990, la direzione dei lavori procede con un’altra perizia di variante, nel marzo 1991 con la quale viene affidata all’Ati, il raggruppamento di imprese, la realizzazione degli impianti. L’importo per le imprese aumenta. Passa da L. 7.717.183.921 al netto del ribasso d’asta a L. 9.491.067.530.
La direzione dei lavori segue lo stesso modus operandi del primo lotto. E motiva così la perizia di variante.
1) necessità di allargare lo scavo di sbancamento del terreno roccioso; 2) approvazione dei calcoli statici da parte del Genio Civile di Trapani con sezioni di calcestruzzo e ferro superiori a quelle riportate nel progetto originario; 3) necessità di recuperare la somma destinata ad espropriazioni per L. 280.000.000 intaccata con perizia di assestamento del 21/9/1990 in relazione al primo lotto; 4) opportunità di affidare alla stessa ATI l’esecuzione delle tubazioni e parti fisse degli impianti (condizionamento, gas medicali, antincendio, elettrici, telefonici, TV) per evitare intralci tra attività di diverse imprese; 5) necessità di porre in opera materiali adatti (lavabili, refrattari alla polvere e resistenti al fuoco) e funzionali al miglioramento estetico dell’opera (facciata continua, infissi interni ed esterni, pavimentazione); 6) insufficienza della spesa ammessa dal CTAR a liquidare le competenze tecniche; 7) completamento di talune opere del primo lotto al fine di renderlo parzialmente agibile.
Stessa storia, stesso sistema. Vengono inserite nella variante, che dovrebbe farsi solo in caso di necessità e per opere impreviste, lavori che invece dovevano essere previsti nel progetto originale, che era logico servissero, e se ne sarebbe accorto anche uno non del settore. E proprio questo scrive il giudice civile.
“La condotta dolosa dei convenuti risalta in modo cristallino se solo si pone mente alla circostanza che, nonostante nel corso dell’esecuzione del primo lotto si fossero presentate analoghe “necessità”, nel corso della redazione del progetto del secondo lotto ad esse non si è inteso porre alcun rimedio in tempo precedente all’aggiudicazione, così che il progetto del secondo lotto nascondeva già in nuce i presupposti per la nuova perizia di variante”.
Ci sono elementi necessari, come munire l’edificio di materiali lavabili e resistenti al fuoco. Ma questo doveva essere chiaro già da prima, perchè è una prerogativa delle strutture pubbliche e perchè è un elemento “connesso alla descrizione dell’opera”. Una circostanza, scrive il giudice, “immediatamente percepibile anche da soggetto privo di competenze tecniche”.
L’EDIFICIO IN VETRO, COME A NEW YORK
Magari ai progettisti, ingegneri, al direttore del Comitato di gestione, agli imprenditori, è venuta negli Stati Uniti l’idea della facciata in vetro. Magari è stato là che hanno pensato di alzare i prezzi anche sulla facciata continua. E’ da qui, infatti, che è partita l’operazione che nel 1995 vide indagate 48 persone. Operazione Glass, si chiamava, e prendeva spunto da quanto hanno combinato con la facciata in vetro del “Paolo Borsellino”.
Perchè tra le cose cambiate in corso d’opera c’era proprio la facciata in vetro. Viene cambiato sulla carta il materiale e anche il prezzo, il tutto per “necessità” scrivono nella perizia di variante. Ma come ha spiegato il giudice “nessuna motivazione, poi, venne associata alla “necessità” di variare facciata continua, infissi e pavimentazione, così che illegittimo risulta l’aumento del prezzo”. Illegittima anche la sostituzione del pavimento, da klinker ceramico a duraker. “Immotivata” è la sostituzione della facciata continua prevista nel progetto generale nel tipo “Astra Wall a scudo termini” (non strutturale) per 600 mq a l. 300.000/mq (e già estesa in sede di secondo stralcio a mq 1.134 per L. 380.000/mq) nella più costosa facciata continua strutturale “glass to glass” al prezzo di L. 729.000 /mq per mq 1.277,43.
A far drizzare le antenne è proprio quello che hanno combinato sul vetro. Infatti già quattro mesi prima della perizia di variante, l’11 dicembre 1990, l’impresa confermò l’ordine diretto alla fornitrice Infisud per il “glass to glass” per il prezzo di 508 mila lire a metro quadrato, un prezzo superiore a quello previsto dal progetto approvato. Nessuna necessità, nessun imprevisto.
Questa soluzione, come già accertato nella sentenza di primo grado, era dannosa per le casse pubbliche. Una soluzione, “glass to glass”, il doppio vetro che vediamo oggi, non necessaria, che ha causato un aumento di prezzo di circa 588 milioni di vecchie lire. In più è stato poi scoperto che venne posto in opera del materiale diverso e, scrive il giudice, “meno pregiato rispetto a quello indicato in perizia di variante”. Una differenza di valore di circa 76 milioni di vecchie lire.
GUADAGNANO TUTTI, MA L’OSPEDALE E’ INCOMPLETO
Come successo con il primo lotto, anche con la seconda parte dei lavori per il nuovo ospedale si sono adoperate le perizie di variante e suppletive in corso d’opera. Questo ha determinato un aumento del costo dell’opera che ha anche impedito lo stesso completamento del secondo stralcio. Infatti ad un certo punto i soldi erano finiti. E questo, scrive il giudice, ha permesso a tutti i protagonisti di guadagnarci su.
Si legge nella sentenza, infatti, che “ciò ha consentito innanzitutto un maggior lucro per l’ATI appaltatrice, in relazione alla fornitura dei nuovi materiali compensati con prezzi maggiormente remunerativi ed alla mancata esecuzione di parte delle opere originariamente previste, e, nello stesso tempo, un maggior profitto per i progettisti e direttori dei lavori, nonché per l’ingegnere capo, in relazione al considerevole aumento delle competenze tecniche, mentre nessun compenso spettava a costoro in relazione alle varianti illegittime in questione adottate al di fuori dei poteri attribuiti dalla legge alla direzione dei lavori ed in mancanza dei presupposti giuridici per la loro adozione”.
In tutto ciò, dicevamo, il secondo lotto non era stato completato. Doveva essere funzionale, ma non lo era. E gli stessi Operti e Giglio, i progettisti dell’opera, nel 1993, attestarono che il piano P2 era fermo alle tramezzature e agli intonaci fino a traversato, mentre del blocco P1, il primo, secondo, terzo, quarto e quinti piano mancavano dei soffitti, dei rivestimenti delle pareti, mentre gli impianti elettrici e di condizionamento ed erogazione dei gas medici erano incompleti. I periti indicano che “le variazioni accorse hanno di fatti modificato l’opera variando le quantità e la tipologia di lavori. Di fatti, aver eliminato opere per realizzarne di più costose, ha determinato un effettivo danno per la pubblica amministrazione”. Modifica qui, togli lì, aggiungi quest’altro, e il pasticcio è fatto. Miliardi di vecchie lire spese, più del dovuto, e l’ospedale non era neanche pronto. Tant’è che rimase un’incompiuta per tanti anni. Il danno, calcolato con gli interessi, per questi lavori è di € 2.889.655,30.
I PREZZI GONFIATI
Ma c’è di più. Perchè c’è stato un “errore” anche nel calcolo dei prezzi. L’associazione di imprese, a cui è stato aggiudicato anche il secondo lotto, tra l’altro in modo illegittimo, ha aumentato i prezzi “al di fuori di qualsivoglia regola normativa o anche di semplice buon senso”. Un giudizio pesante sulla condotta di imprenditori e progettisti.
Con la perizia di variante vennero aggiornati anche i prezzi di materiali e opere da realizzare. E qui venne fatta la porcheria. Perchè si prese come riferimento un adeguamento Istat basandosi sui prezzi del 1986, quando invece lo si doveva fare riferendosi a quelli del 1989, visto che la perizia di variante è del 1990.
E’ stato accertato che, in relazione ad alcune lavorazioni (in particolare controsoffitti, infissi e pavimenti) gli aumenti praticati dai progettisti esorbitavano in una maniera definita “eclatante” (anche oltre il 100 %) dalle previsioni del prezziario del 1989. I prezzi del secondo lotto, rispetto a quelli del primo, hanno subito un incremento ben superiore al consentito 13 %, “precisamente, un aumento medio aritmetico del 32,48 % ed un aumento medio ponderale (in relazione alle quantità) del 23,97 % determinando un danno complessivo per la P.A. individuato dal giudice penale in L. 408.228.774”.
Un conto pesante. Pesantissimo. Sulle spalle di tutta una comunità. Di chi aspettava la realizzazione di un nuovo ospedale. Un ospedale rimasto incompiuto per anni, nel deserto di Contrada Cardilla. Su cui si sono fiondati come avvoltoi tecnici, professionisti e imprenditori.
Fine