La storia dell’ospedale di Marsala/2. Così sono stati aumentati i costi dei lavori

La storia dell’ospedale di Marsala/2. Così sono stati aumentati i costi dei lavori

2020-04-19T17:56:08+02:00 29th Ottobre, 2019|inchieste|

Tra inchieste giudiziarie, prezzi gonfiati, arresti eccellenti, e varianti in corso d’opera. In questi giorni si è chiusa una vicenda durata anni, con i protagonisti di quei lavori condannati a risarcire circa 5 milioni di euro per i lavori del nuovo ospedale.
Raccontiamo, a puntate, cosa è successo nei lavori del “nuovo” ospedale di Marsala, come un “comitato d’affari” ha agito, la storia del “Paolo Borsellino”, le inchieste, i ritardi.

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 E’ stata un’opera incompiuta per molti anni. Sono successe tante cose prima che quella che era una cattedrale nel deserto di contrada Cardilla, diventasse il nuovo ospedale di Marsala. Lavori infiniti, poi bloccati, soldi che mancavano, inchieste e arresti.

Abbiamo cominciato ieri a raccontare una parte della lunga storia dell’Ospedale di Marsala. Lo abbiamo fatto dopo la sentenza del Tribunale Civile di Marsala che ha condannato alcuni progettisti, imprenditori e funzionari a risarcire l’Asp per come è stato realizzato il nuovo ospedale. Varianti in corso d’opera, prezzi maggiorati, lavori non necessari, per un danno complessivo calcolato, oggi, in 5 milioni di euro circa.

Ci sono voluti quasi trent’anni per vedere realizzato il “Paolo Borsellino”. Quando venne progettato, il magistrato a cui oggi è intitolato l’ospedale di Marsala, era nel pieno della sua attività con Giovanni Falcone e stavano mettendo su il pool antimafia a Palermo.
Il progetto preliminare del nuovo ospedale è stato, infatti, approvato dal Comitato di gestione dell’Usl di Marsala nel 1983,
 per un importo di 36 miliardi 755 milioni delle vecchie lire. Successivamente si dovrà aspettare il 27 maggio 1987 per l’approvazione, da parte del comitato di gestione dell’Usl del primo stralcio esecutivo.

Il 1° stralcio esecutivo prevedeva la realizzazione di una prima porzione del nuovo ospedale del tutto “funzionale” e, dunque, operativa e fruibile dall’utenza nelle more della realizzazione della restante parte. Questo primo stralcio prevedeva una complessiva spesa di dieci miliardi di lire per la maggior parte , (L. 6.387.656.812) destinati a opere edili e la restante parte ad impianti, imprevisti su opere edili, revisione prezzi, espropriazioni, allacciamenti a reti e spese tecniche.

Già su questo primo lotto si sono messi in atto una serie di meccanismi che hanno fatto aumentare i costi di un’opera più che necessaria. “Necessità” è la parola che ricorre spesso nella sentenza che ha emesso le condanne al risarcimento danni all’Asp di Trapani. I protagonisti, condannati al maxi risarcimento, sono gli imprenditori edili Paolo Pace e Mariano Busetta, l’ex presidente dell’allora Usl 3 di Marsala Aldo Fratelli e tre tecnici progettisti dell’opera, gli ingegneri Paolo Carlo Parrinello e Michele Giglio e l’architetto Franco Operti.

I fatti sono tutti documentati, e accertati, nell’ambito del processo penale scaturito dall’operazione Glass, che vide nel 1995 ben 48 persone indagate, tra cui alcuni arrestati, accusati di truffa in pubbliche forniture, abuso d’ufficio e altri reati legati ai lavori sul nuovo ospedale.
E proprio sui fatti accertati nel processo di primo grado, chiuso nel 2000, si basa la sentenza del tribunale di Marsala di questi giorni.

LE VARIANTI IN CORSO D’OPERA
Un progetto, quello dell’ospedale, eseguito con alcuni stratagemmi volti a portare guadagni ingiusti e aumento dei costi. Il tutto attraverso le varianti in corso d’opera, giustificate con la “necessità” di adeguare il progetto, ma che si riferivano ad opere che dovevano essere messe in conto già prima di cominciare i lavori. Ad esempio la campagna di rilevamenti e indagini geognostiche.

Si legge nella sentenza che “le perizie di variante costituirono un premeditato espediente per operare una variazione del regolamento economico dell’appalto in modo da consentire all’ATI (l’associazione temporanea di imprese) aggiudicataria di conseguire maggiori profitti rispetto a quelli che si sarebbe procurata ove avesse dovuto rispettare gli impegni contrattuali assunti in sede di pubblica gara e ciò perché le diverse opere ed i maggiori prezzi individuati con le perizie in questione non derivarono da sopravvenute necessità, ma vennero intenzionalmente previste nelle varianti per procurare all’appaltatore un maggiore lucro liberandolo in tal modo dai vincoli contrattuali che si era assunto a seguito della presentazione dell’offerta, il cui notevole ribasso d’asta gli aveva consentito di aggiudicarsi la gara”.

Il trucco è stato questo. Il raggruppamento d’imprese che si era aggiudicato l’appalto per la realizzazione dell’ospedale aveva presentato in fase di gare un prezzo molto economico rispetto ai concorrenti. Per guadagnarci ancora di più si era previsto di fare delle varianti in corso d’opera, per aumentare i prezzi. Le varianti infatti vengono fatte su un progetto quando ci sono degli imprevisti. Ma qui era tutto studiato a tavolino. Questo d’accordo con funzionari e progettisti.
Ebbene, la direzione dei lavori adottò tre perizie di variante per il primo lotto (del 20/11/1989, 21/9/1990 e 30/9/1990).

LA PRIMA “MAGIA”
A novembre del 1989 va in scena il primo numero di magia.
La prima perizia di variante sui lavori. Si legge nella sentenza che “secondo la direzione lavori la variante era resa necessaria, oltre che dall’aumento della percentuale dell’IVA: 1) dal costo della relazione geologica; 2) dal costo delle indagini geognostiche; 3) dallo scavo in rocce con resistenza allo schiacciamento oltre i 150 kg; 4) dalla distanza dei trasporti allo scarico pari a km 4,5 invece di km 2; 5) dai maggiori sovraccarichi di alcuni solai, altezza della carpenteria dei solai a quote superiori dei mt 4,50; 6) dall’esigenza di affidamento all’aggiudicatario di tubazioni e canalizzazioni fisse per gli impianti di condizionamento e diffusione dei gas medicali, impianti e cabina elettrica di trasformazione; 7) dall’esigenza di modifica di alcune rifiniture allo scopo dichiarato di avere materiali perfettamente lavabili, refrattari alla polvere e resistenti al fuoco.

Ma come? E’ stata progettata e cominciata l’opera senza fare le analisi del terreno su cui sorge? E’ stato progettato un ospedale senza sapere che si dovevano realizzare rifiniture antincendio? Su questo e su altri punti casca il velo su uno dei più grandi sprechi della nostra provincia.
Si scopre, in tutto ciò, che quando venne presentata la prima variante i lavori di impiantistica erano già stati avviati un anno prima. Una presa in giro. E ancora, sui materiali ignifughi, quelli antincendio, rileva il giudice che dovevano essere scelti dagli stessi progettisti e direttori dei lavori “così come dagli stessi già indicato nella relazione di accompagnamento al progetto esecutivo del primo stralcio, sicché, alla stregua di quanto argomentato dalla sentenza di primo grado, “è evidente che la motivazione adottata in relazione a tale variante non è per niente rispondente né alle reali intenzioni che determinarono la direzione dei lavori né tantomeno alle oggettive esigenze di completamento dell’appalto””.

L’AUMENTO DEI COSTI
Le modifiche al progetto, sottolineano i periti, non sono scaturiti “nè da esigenze tecniche non prevedibili in fase progettuale né dall’esigenza di far fronte a circostanze che non potevano essere previste in sede progettuale”. Dovevano essere previsti gli scavi, dovevano essere previste le indagini geologiche, dovevano essere previsti gli impianti e gli infissi antincendio, il minimo per un ospedale. Ebbene, si sono calcolati 115 nuovi prezzi nel 1989 con conseguente aumento “illegittimo” del profitto per la ditta aggiudicataria.
La prima variante in corso d’opera fece aumentare i prezzi previsti in fase di gara.
L’appalto, originariamente aggiudicato all’ATI per un importo di 5.901.401.839 di vecchie lire subì un “indebito” aumento di spesa per la pubblica amministrazione, e quindi per le tasche dei cittadini, fino a 7.570.750.185 di vecchie Lire con una differenza in più di 1.589.348.346 di Lire. Così l’importo di 10 miliardi di vecchie lire, originariamente previsto per la realizzazione dell’intero progetto di primo lotto “venne in effetti illecitamente stanziato per l’esecuzione di solo una parte di esso”. Ovviamente questi aumenti inficiarono sulla continuazione dei lavori.

CI GUADAGNANO ANCHE I PROGETTISTI
E i progettisti? Scrive il giudice che “tale soluzione illecita determinò un evidente vantaggio patrimoniale sia per l’aggiudicatario che per i progettisti e direttori dei lavori, nonché per l’ingegnere capo”. Infatti l’ATI, “liberata dagli oneri contrattuali originariamente assunti, poté beneficiare sia del maggior lucro derivante dalla fornitura dei nuovi materiali indicati in variante, che della mancata esecuzione di parte delle opere originariamente previste”.

Bisogna sottolineare anche che le nuove previsioni tecniche contenute nelle varianti erano in parte dirette a rimuovere gli errori degli stessi progettisti e direttori dei lavori Giglio e Operti e dell’ingegnere capo Parrinello. Queste modifiche in corso d’opera portarono un aumento dei compensi per progettisti e direttori dei lavori.

Così le spese tecniche per progettisti e direttori dei lavori passarono, per primo e secondo lotto, da un miliardo e mezzo di vecchie lire, a 3 miliardi duecento milioni. Scrive il giudice che “è evidente che nessun aumento di onorari spettava né all’ingegnere capo, né alla direzione dei lavori per effetto della citata variante, dal momento che tale atto era stato adottato in palese violazione di legge ed in mancanza dei presupposti giuridici indefettibilmente richiesti per la sua validità”.
In più dai processi è emerso che progettisti, imprenditori e tecnici abbiamo avuto consapevolezza di quello che stavano combinando. Il dolo, fondamentale nell’accertare la responsabilità del danno delle cause in sede civile.

Infatti la Corte d’Appello con la sentenza del febbraio 2005 ha individuato una serie di elementi che accerterebbero la consapevolezza di tutti gli imputati “nella forma del dolo intenzionale” di procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale all’ATI (gli imprenditori Pace e Busetta) e quella dei progettisti (Operti e Giglio) e dell’ingegnere capo (Parrinello) di “fare lievitare i compensi per l’accrescimento della loro base di calcolo, in dipendenza del maggior costo dei variati lavori”. In tutto ciò responsabile è anche l’allora direttore del Comitato di gestione dell’Asl, Fratelli, che avrebbe dovuto percepire “l’apparenza e la pretestuosità delle motivazioni addotte dai progettisti a sostegno delle perizie stesse”.

Sulla prima parte dei lavori il danno di cui sono stati definiti responsabili, oggi, è di 2 milioni 255 mila euro.
Domani vedremo cosa è successo con la seconda parte dei lavori, con un un viaggetto in America compreso…

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Giacomo Di Girolamo
Giacomo Di Girolamo, giornalista. Mi occupo di criminalità organizzata e corruzione in Sicilia da più di 20 anni. Sono direttore della radio più ascoltata della provincia di Trapani, Rmc 101, e di un portale molto letto in Sicilia, Tp24. Miei articoli sono usciti su Repubblica, Il Sole 24 Ore, Domani. Collaboro anche con Linkiesta.  Sono autore della biografia del boss Matteo Messina Denaro: L’invisibile (un'edizione aggiornata è uscita nel 2023), di Cosa Grigia (il Saggiatore 2012, finalista al premio Piersanti Mattarella), Dormono sulla collina (il Saggiatore 2014), Contro l’antimafia (Il Saggiatore, 2016).  Per Laterza ho scritto "Gomito di Sicilia" (2018), per Zolfo "Matteo va alla guerra" (2022) e "Una vita tranquilla" (2004). Per le mie inchieste ho vinto nel 2014 il Premiolino, il più importante premio giornalistico italiano, e, nel 2022, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, il Premio Nazionale "Paolo Borsellino". Ho raccontato la mia vita in un podcast per Audible, "L'isola di Matteo".