Il sistema della “papessa” Silvana Saguto

Il sistema della “papessa” Silvana Saguto

2016-10-21T18:03:49+02:00 24th Ottobre, 2016|Contro l'antimafia|

E’ un vero e proprio sistema, teso all’arricchimento illecito, tramite una rete di favori, quello scoperto dalla Procura di Caltanissetta nelle indagini sul magistrato Silvana Saguto, “papessa” dei beni sequestrati a Palermo, ex presidente della sezione misure di prevenzione del capoluogo siciliano.

Saguto era molto cosciente dei suoi poteri, tanto che aveva deciso di mettere mano su tutti i beni sequestrati di importanza tra Palermo, Trapani, e Agrigento. Chiamava questa mezza Sicilia “il triangolone”.  Piazzava giudici e amministratori di fiducia, emerge dalle indagini della procura di Caltanissetta e del nucleo di polizia tributaria di Palermo, che ieri hanno fatto scattare un sequestro di beni da 900 mila euro per Saguto, il re degli amministratori Cappellano Seminara  e altri cinque.

Dentro questa inchiesta c’è di tutto: il giudice che raccomanda il figlio per farlo nominare amministratore giudiziario, l’ex prefetta di Palermo che puntava a sistemare il nipote di un suo collega in un’altra amministrazione giudiziaria, il professore della Kore che piazzava  i suoi familiari.  I punti di riferimento del sistema Saguto erano da un lato Cappellano Seminara e dall’altro lato Carmelo Provenzano, giovane docente dell’Università Kore di Enna.  Quest’ultimo, che si vantava di fare da
direttore strategico dell’amministratore Roberto Santangelo (anche lui indagato), aveva avviato una vera e propria parentopoli nella gestione dei beni sequestrati.  E così la moglie, psicologa, Maria Ingrao, era stata incaricata di gestire un’azienda di surgelati sequestrata alla mafia. La cognata,  Calogera Manta, professoressa di Lettere,  si occupava di alcuni immobili dei boss. Hanno intascato dei compensi con un incarico per il quale non avevano neanche il titolo e non facendo comunque nemmeno un giorno di lavoro. Così come il cugino della moglie Giuseppe Ingrao, e la moglie Maria Lia Mantione, assunti nel gruppo surgelati Vetrano.  O i nipoti acquisiti Carmelo e Antonio Canalella, anche loro dipendenti della ditta Vetrano.

Diversi gli episodi emersi passando al setaccio le oltre cinquanta amministrazioni giudiziarie finite nel giro della Saguto. Un caso singolare, che era già emerso e che trova ulteriore conferma: Saguto faceva la spesa gratis nei supermercati Sgroi, sotto sequestro, imponendo all’amministratore giudiziario, Alessandro Scimeca, di pagare 12 mila euro di debiti da lei fatti.

Ancora, le tracce di un «accordo criminoso» fra  Saguto e Francesca Cannizzo, ai tempi prefetta di Palermo, oggi indagata per  il reato di concorso.  Cannizzo voleva sistemare il nipote di un ex collega prefetto, Stefano Scammacca, nell’amministrazione giudiziaria dell’Abbazia Sant’Anastasia (fra tutti, forse, il caso di sequestro più amaro….) e avrebbe fatto pesanti pressioni all’amministratore giudiziario, sempre Alessandro Scimeca “con modi bruschi e pressanti”, scrivono i giudici. Scimeca tra l’altro è stato interrogato, insieme a decine di altre persone, e a verbale è finita una sua frase che racconta bene il clima imposto da Saguto: “Questi mi schiacciavano come fossi uno scarafaggio”.

Nel 2015 la sezione Misure di Prevenzione è attraversata dalle prime polemiche. Saguto chiede aiuto al collega Tommaso Virga, e in cambio però è costretta a nominare il figlio Walter, giovane e inesperto avvocato, niente di meno che a capo dell’impero dei beni sequestrato alla famiglia Rappa. Una scelta infelice, dato che Saguto, intercettata, si lamenta con il colonnello Rosolino Nasca della Dia: “Un ragazzino da niente”, oppure “una mezza sega”. Però il sostegno del padre era fondamentale, perché faceva parte della stessa corrente di Saguto, Magistratura Indipendente, e infatti si era messo in contatto con Cosimo Ferri, sottosegretario alla Giustizia, per favorire un incontro con Saguto teso a sottolineare l'”eccellente” (per loro) funzionamento della sezione Misure di Prevenzione di Palermo.

Un architetto ha raccontato di aver consegnato una tangente di ventimila euro a Cappellano Seminara, soldi che poi sarebbero finiti alla Saguto, che stressava Seminara con una continua richiesta di soldi per le troppe spese che faceva (ad esempio c’era una scopertura con l’American Express di 10.000 euro).  Il testimone è Giuseppe Caronia, che ha confermato che per parlare di tangenti utilizzavano la parola “documenti”. Si è incontrato di sera in piazza con Cappellano, è salito sulla Mercedes bianca, e gli ha consegnato 20.000 euro tutti in banconote da 50 euro.

Un’altra mazzetta da 15.000 euro sarebbe stata consegnata a Silvana Saguto da Carmelo Provenzano, che era una assiduo frequentatore di casa sua, nell’Agosto 2015.

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Giacomo Di Girolamo
Giacomo Di Girolamo, giornalista. Mi occupo di criminalità organizzata e corruzione in Sicilia da più di 20 anni. Sono direttore della radio più ascoltata della provincia di Trapani, Rmc 101, e di un portale molto letto in Sicilia, Tp24. Miei articoli sono usciti su Repubblica, Il Sole 24 Ore, Domani. Collaboro anche con Linkiesta.  Sono autore della biografia del boss Matteo Messina Denaro: L’invisibile (un'edizione aggiornata è uscita nel 2023), di Cosa Grigia (il Saggiatore 2012, finalista al premio Piersanti Mattarella), Dormono sulla collina (il Saggiatore 2014), Contro l’antimafia (Il Saggiatore, 2016).  Per Laterza ho scritto "Gomito di Sicilia" (2018), per Zolfo "Matteo va alla guerra" (2022) e "Una vita tranquilla" (2004). Per le mie inchieste ho vinto nel 2014 il Premiolino, il più importante premio giornalistico italiano, e, nel 2022, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, il Premio Nazionale "Paolo Borsellino". Ho raccontato la mia vita in un podcast per Audible, "L'isola di Matteo".