Avevo deciso, tempo fa, che il mio voto alle prossime Elezioni Europee, il mio semplicissimo voto, che vale come quello di tutti, quello degli hater che vomiteranno su questa mia breve nota, ad esempio, o dei nostalgici del quando-c’era-lui, il mio voto, appunto, sarebbe stato frutto di un semplice ragionamento: avrei votato per la lista più europeista fra tutte, per chi avesse fatto lo sforzo più grande di unire, superare gli steccati, ragionare in nome di beni e valori comuni.
Non sfugge a nessuno, neanche a me, che queste elezioni di domenica assumono sempre di più l’aspetto di un referendum sull’Unione Europea. E io ho scoperto di tenerci molto, all’Europa. Nonostante i banchieri, i commissari, gli zero virgola del deficit, la burocrazia e tutto il resto. Perché c’è una valore supremo che l’Unione Europea garantisce a tutti: ed è la pace. Detta così, sembra una cosa da bacchettoni. Ma proviamo a guardare con l’occhio degli storici. Di noi, un giorno, scriveranno questo, e poco altro: eravamo in guerra, eravamo nemici, poi abbiamo saputo costruire un continente di pace.
Tra tutte le liste in campo, dal mio personale punto di vista, lo sforzo più europeista e più aperto l’ha fatto, pur con tutti i suoi limiti, il Partito Democratico di Zingaretti. E quindi, si, voterò Pd. Hater, scatenatevi.
La prova della bontà di questo impegno l’ho avuta sabato scorso, quando abbiamo organizzato a Marsala una bella e riuscita manifestazione di sostegno a Pietro Bartolo, medico di Lampedusa, candidato nella Circoscrizione isole proprio con il Pd. Eravamo in tanti, tante storie diverse, gente che non si faceva una cosa insieme da anni, facce nuove, amici. Nessuno aveva la tessera del Pd in tasca o un ruolo o una carica. Tutti diversi, tutti per Bartolo.
Perchè si, voterò Pietro Bartolo.
Non lo faccio nè per i migranti, nè per i morti in mare. Anche per quello ci giudicherà la storia, tra l’altro. Un giorno di noi diranno: hanno costruito un’area di pace duratura (vedi sopra). E nel rigo successivo: hanno creato un cimitero nel Mediterraneo.
A proposito, dato che sono in fase di outing faccio un’altra confessione: sono abbonato al Foglio, e lo trovo un ottimo quotidiano. Oggi, per esempio, c’è un articolo che si chiama “Il dolore degli altri” e consiglio a tutti di leggere. Questo è il link.
Non lo faccio per Salvini o per le Ong. Non lo faccio per pietas, perché me lo dice il mio Vescovo.
Non lo faccio per le storie che Bartolo racconta, per Fuocoammare o per i libri che ha scritto sulla sua esperienza di medico impegnato nel salvataggio di tante vite e nella constatazione di tantissimi morti in mare.
Lo faccio per il più misterioso e ostile dei pronomi.
Lo faccio per “noi”.
Per me l’Europa è un punto fermo. Fatta l’Italia, mancavano gli italiani, diceva Massimo D’Azeglio un secolo e mezzo fa.
Fatta l’Europa unita, sembrano essere venuti a mancare gli europei, oggi. E gli europei siamo noi.
E “noi” significa una comunità, che condivide valori irrinunciabili, storie, idee. Per me Pietro Bartolo le rappresenta tutte. Con dignità, in silenzio, con ostinazione.
Noi siamo l’Europa, noi siamo il Mediterraneo, noi siamo la storia. E il mito.
Il racconto mitologico narra che Europa era una principessa fenicia che viveva sulla costa africana. Zeus, avendola vista in spiaggia a raccogliere fiori insieme alle sue compagne se ne invaghisce. Il padre degli dei si trasformò in un bellissimo e bianco toro, si avvicinò alla fanciulla per nulla intimorita e gli si stese ai piedi. Europa gli salì sul dorso. Zeus fuggì con lei, ì attraversando il mare e trasportandola a Creta.
La storia dell’Europa, insomma, è iniziata proprio con uno sbarco.