E’ una doppia istantanea di Costa Nostra, quella fotografata dalla relazione semestrale (1° semestre 2016) della DIA (Direzione Investigativa Antimafia) presentata dal ministro dell’Interno Marco Minniti alla Camera dei Deputati, e quella a Palermo, fatta all’inaugurazione dell’anno giudiziario da Matteo Frasca, presidente facente funzione della Corte d’Appello del capoluogo siciliano.
Relazione DIA – E’ una Cosa Nostra forte e che ha totalmente cambiato volto quella che viene fuori dal documento della DIA, che due volte all’anno, oltre a monitorare i gruppi criminali italiani, i loro rapporti, l’infiltrazione nella società e nel sistema economico del Paese fa anche un bilancio dei risultati ottenuti dalle operazioni di contrasto alle mafie. Oggi – si legge nella relazione -, Cosa Nostra continua ad essere un’organizzazione criminale fortemente strutturata, con un proprio ordinamento, un vasto bacino di reclutamento ed elevate potenzialità offensive. Queste caratteristiche rimangono nonostante la perdurante crisi in cui l’associazione si trova, affannandosi nel cercare di recuperare la leadership di un tempo ed assorbire i colpi inferti dalle forze di polizia.
Per la DIA è in corso un vero processo di emancipazione da parte dell’associazione criminale dal mafioso tradizionale. Fanno parte dell’organizzazione, infatti, assieme ai boss quei soggetti “estranei” la cui attività è funzionale, se non addirittura necessaria, alla sopravvivenza e al rafforzamento dell’organizzazione mafiosa. E questi soggetti sono i colletti bianchi, quei professionisti che dal mondo dell’economia, dell’imprenditoria, della politica e della pubblica amministrazione hanno raccolto il testimone per condurre le mafie tradizionali verso un nuova identità.
Inabissameto – Altro punto della relazione della DIA si sofferma sull’insofferenza che c’è all’interno di Cosa Nostra verso il potere esercitato dalla frangia corleonese, in passato garanzia di massima coesione verticistica e la cui autorità, sebbene spesso criticata, finora non era mai stata messa in discussione. Il fenomeno dell’inabissamento, già descritto nelle precedenti relazioni semestrali ed ancora in atto, non è da intendersi come depotenziamento, ma come una scelta strategica di sopravvivenza finalizzata a sottrarsi alla pressione dello Stato. In questa ottica, l’organizzazione si sarebbe specializzata nel controllo e nella fornitura di beni e servizi di varia natura, adottando una “strategia di mercato” alla quale affianca una più tradizionale modalità d’azione, basata sulla capacità di esercitare una forte influenza sul territorio. Cosa Nostra riesce, così, non solo a condizionare gli apparati politico-amministrativi locali, ma potendo disporre di consistenti capitali “a basso costo”, altera inevitabilmente il sistema economico-finanziario.
Cosa Nostra Palermitana – La mafia palermitana, condizionata dalle diverse vicende criminali e giudiziarie dei reggenti e degli uomini d’onore delle sue famiglie, come detto, mostra crescenti segni di insofferenza verso la leadership corleonese, ristretta in carcere. Nonostante ciò l’organizzazione ha ancora una propensione verticistica, ma nei fatti è multipolare, avvalendosi di diversi centri di comando ed opera in uno scenario eterogeneo, in cui vi sono sconfinamenti, indebite ingerenze, e soprattutto la tendenza di famiglie e mandamenti ad esprimere una maggiore autonomia.
Le cosche nelle altre aree siciliane – Le famiglie delle province di Agrigento e Trapani mantengono caratteristiche omogenee a quelle di Cosa Nostra palermitana con la quale condividono struttura, interessi, strategie e criticità. Mentre le cosche del versante orientale dell’Isola, pur avendo come obiettivo la coesistenza di più componenti, al momento sono attraversate da fibrillazioni interne, che fino a poco tempo fa non si erano manifestate con atti violenti. Gli omicidi registrati nel mese di aprile del 2016 non sembrano, tuttavia, aver compromesso la strategia di non belligeranza tra i diversi clan, funzionale all’inabissamento. In quell’area geografica si è verificato, nel mese di maggio, l’attentato al Presidente dell’Ente Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci. È questo il contesto generale nel cui ambito si è sviluppata l’attività di contrasto della D.I.A. a cosa nostra.
Estorsioni e Usura – Oltre al condizionamento del territorio sotto il profilo “politico-amministrativo”, Cosa Nostra non rinuncia al controllo del territorio con le estorsioni. Diverse sono le indagini svolte nel 1° semestre del 2016. Ad essere colpiti sono piccoli e grandi operatori economici, ma anche cittadini comuni, costituendo una delle principali fonti d’introiti per far fronte alle spese correnti che l’organizzazione sostiene per il mantenimento dei sodali e per il funzionamento della macchina organizzativa. E insieme all’estorsione, anche l’usura concorre al sostentamento delle famiglie mafiose.
Proseguendo, appare fortemente esposto agli interessi della criminalità organizzata il settore delle scommesse clandestine, spesso praticate utilizzando reti informatiche e società estere.
Sostanze stupefacenti – Altra fonte di guadagno è rappresentata dal traffico di stupefacenti, nel cui ambito appare consolidata la collaborazione per l’approvvigionamento con la camorra e le cosche calabresi. Altri gruppi criminali, anche stranieri, gestiscono invece – non senza frizioni – le numerose piazze di spaccio. Nel semestre di riferimento è stata constatata l’ulteriore diffusione di coltivazioni di cannabis indica, che in alcune province appare inserita in un ciclo di produzione e lavorazione che, oltre all’individuazione di siti idonei, necessita di un servizio di sorveglianza nel quale vengono spesso impiegati pregiudicati, anche di altre nazionalità, disposti a commettere gravi reati per proteggere le colture, nello specifico, il riferimento è a quanto accaduto a Marsala, con l’uccisione del maresciallo dei carabinieri Silvio Mirarchi. Pur non risultando imputazioni dirette a mafiosi, appare quanto mai probabile un coinvolgimento di Cosa Nostra nelle coltivazioni locali.
Relazione di Matteo Frasca all’apertura dell’anno giudiziario – Per il giudice della Corte d’appello di Palermo, la mafia non è quella violenta di venti anni fa, ma non per questo è meno innocua, all’occorrenza sa ancora usare le armi e continua a vivere di estorsioni e del traffico di droga, reinvestendo il denaro in diverse settori economici e inquinando la pubblica amministrazione. La mafia è ancora forte, dunque, al di là di arresti e condanne. “Cosa Nostra sul territorio rimane diffusa e pervasiva ed è in grado di portare azioni violente ed efferate per affermare la supremazia ed alimentare il flusso di proventi illeciti – afferma Frasca – “. “Rimane pressante la sistematica imposizione del pizzo, anche se vengono registrati incoraggianti atteggiamenti di rifiuto da parte delle vittime”. Per quel che riguarda gli stupefacenti, secondo Frasca, è tornato preminente l’interesse di Cosa Nostra ad acquisire e mantenere il totale monopolio del mercato delle sostanze stupefacenti, portando avanti un sodalizio con altre organizzazioni criminali italiane ed estere”. Frasca ha concluso la sua relazione, sottolineando come nell’ultimo anno si siano “pentiti” ex boss come Antonino Pipitone, Vito Galatolo e Giuseppe Tantillo, fatto che rileva la ripresa del fenomeno e l’incremento del numero dei collaboratori di giustizia.
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