Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia e consulente della Lega di Salvini per l’energia arrestato pochi giorni fa, sapeva con chi aveva a che fare. Descriveva Vito Nicastri “il più bravo nell’eolico in Italia”, ma non poteva non sapere dei suoi rapporti con la mafia, della sua carriera criminale da anni su tutti i giornali, e soprattutto che si trovasse agli arresti domiciliari.
Arata faceva affari in Sicilia con personaggi “a rischio” per le loro frequentazioni. Uno di questi è Francesco Isca, imprenditore indagato per mafia. Isca opera settore calcestruzzo in provincia di Trapani ed entra in diversi affari di Nicastri e Arata.
Prima della confisca dei beni Nicastri ha avuto rapporti molto stretti di lavoro con Isca per la costruzione di impianti eolici. Era stato proprio Nicastri ad indicare Isca come intermediario per la vicenda della speculazione immobiliare a Santa Ninfa che ha visto protagonisti i vertici delle famiglie mafiose di Vita e Salemi.
Ma c’è di più. Ad Isca è stata fatta acquisire fittiziamente la società Ambra Energia Srl poi ceduta agli Arata, con la regia di Nicastri. Isca è stato coinvolto anche nei progetti del bio-metano e del mini eolico, e di tutto questo Arata ne era a conoscenza. Isca aveva grosse disponibilità di denaro contante, tutte banconote da 500 euro, “di provenienza illecita” che in parte venivano versati in banca, e altri soldi reinvestiti occultamente nella costruzione di un impianto di bio-metano da parte della società Solgesta. Isca era socio occulto, e non poteva che essere così per sfuggire alle misure di prevenzione antimafia. Nel 2017, infatti, la Prefettura di Trapani aveva escluso dalla white list la Isca Francesco Surl e la Nuova Sistemi Edili Srl, entrambe riconducibili ad Isca. E non potrebbe che essere diversamente, perchè da precedenti indagini emerge la vicinanza di Isca ad ambienti mafiosi.
Il collaboratore di giustizia Nicolò Nicolosi descrive Isca come un “imprenditore finanziato dalle famiglie mafiose di Calatafimi e di Vita e protagonista nel mercato del calcestruzzo grazie al sostegno mafioso ricevuto e ricambiato” attraverso il sostentamento della sorella di Salvatore Crimi, in carcere per mafia, e l’assunzione del nipote di Calogero Musso, mafioso della famiglia di Calatafimi. Nicolosi dice altro su Isca. Che aveva il monopolio della fornitura di cemento in provincia di Trapani, un monopolio che aveva fatto rinunciare Nicolosi e Domenico Scimonelli, altro esponente mafioso, di rilevare una ditta di calcestruzzo per effettuare i lavori nei parchi eolici. Per far rinunciare a due così – Scimonelli ha gestito la corrispondenza con il super latitante Matteo Messina Denaro – di fare affari nel calcestruzzo, Isca doveva avere le sue forti entrature, doveva avere un monopolio sostenuto da esponenti di primo piano della criminalità organizzata.
Alle dipendenze di Isca hanno lavorato molti parenti di mafiosi e mafiosi stessi. Come Vito Musso, il figlio e la moglie. Dopo la cancellazione dalla white list delle imprese di Isca, Musso, figlio del boss Calogero e nipote di Salvatore Crimi, era stato licenziato, almeno formalmente, perchè ha continuato a lavorare in nero.
Nicolosi racconta anche un’altra vicenda. Isca provvedeva al sostentamento economico della sorella di Salvatore Crimi, detenuto per mafia. Isca con la donna aveva una relazione, e anche quando questa è finita le dava dei soldi e questo perchè era “suo dovere provvedere al sostentamento della famiglia mafiosa dei Crimi quale ‘controprestazione’ per il sostegno” che la famiglia garantiva alle sue imprese.
Ma Isca era consapevole dei guai in cui si trovava. In un’intercettazione ambientale riferisce che si trova in una situazione un po’ delicata: “Io ho la famiglia Crimi n’cape e spadde come se fossi il referente… Salvatore Crimi dice giustamente che io sono discepolo suo… Vito Musso che lavorava con me perchè suo padre mi ha condizionato… Anna Crimi perchè me la mantengo io… Craparotta che è il mio socio che ha una denuncia per associazione mafiosa, porto abusivo di armi, estorsione, intestazione fittizia dei beni ed è socio mio! Che devo fare, devo peggiorare ancora? Devo peggiorare ancora?”.
Se lo chiede due volte Isca, e gli inquirenti all’ascolto prendono nota. Prendono nota su un soggetto che secondo quanto raccontato dal pentito avrebbe il monopolio del calcestruzzo in provincia di Trapani, che da quanto emerge dalle indagini è protetto dalle famiglie mafiose. E soprattutto Isca sarebbe stato al centro degli affari, uomo di riferimento, di Vito Nicastri e Paolo Arata, il consulente della Lega di Matteo Salvini.