Continua il nostro viaggio dentro le motivazioni che hanno potato il Tribunale di Trapani ad effettuare una maxi confisca di beni all’impreditore, oggi defunto, Carmelo Patti. La prima parte la potete leggere cliccando qui. La seconda la potete leggere cliccando qui.
Secondo il Tribunale di Trapani “molti soggetti coinvolti nella vicenda penale, pur non avendo alcun ruolo nel settore del cablaggio, era destinatari di consistenti somme di denaro derivante dalla frode fiscale.”
Questi personaggi hanno, quale elemento comune, quello di essere organici, contigui od in qualche modo “vicini” alla “famiglia mafiosa” capeggiata da Matteo MESSINA DENARO, di avere effettuato operazioni contabili anche per importi consistenti, non del tutto giustificate dal reddito dichiarato, nonchè di avere contribuito a fare disperdere le tracce del denaro originato dalla frode fiscale, negoziando per contanti gli assegni ricevuti, per cui gli inquirenti non riuscirono a risalire al loro effettivo impiego e lo destinazione finale.
Tra questi Michele Alagna persona di fiducia di Patti, quasi un suo “rappresentante” in territorio di Castelvetrano, in quanto:
• ha organizzato la “struttura piramidale” delle aziende coinvolte nella vicenda “Cable Sud”;
• ha curato gli interessi del “Gruppo VALTUR” con particolare riferimento alla penetrazione nel settore turistico in Sicilia;
• ha curato la procedura di acquisizione del complesso denominato “PUNTA FANFALO”;
• si trovava in Robbio, a casa Patti, al momento dell’ispezione fiscale alla Srl “CABLE SUD”, il 15 Gennaio del 1998;
• ha custodito gioielli ed oggetti preziosi per conto della moglie di Patti, Elisabetta Pocorobba, depositati in una cassetta di sicurezza, presso il Banco di Sicilia, filiale di Castelvetrano, con un contratto del 1998.
Peraltro Alagna ha intrattenuto stretti rapporti con altri soggetti indagati nella vicenda “CABLE SUD”, tra i quali si segnalano Giovanni Sparacia (1966), Giovanni Lo Sciuto (1963), Santo Sacco (1961) e Giovanni Patti (1953).
Michele Alagna è fratello di Franca Anna Maria Alagna, la donna che nel 1996 ha dato alla luce una bambina, alla quale è stato dato il nome di Lorenza, come la nonna. Lorenza Alagna è l’unica figlia certa del latitante Matteo Messina Denaro.
Secondo gli avvocati difensori di Carmelo Patti i rapporti tra i due sono iniziati nel 1991 quindi ben cinque anni prima l’evento che ha fatto sorgere la parentela, seppur indiretta, tra il boss di Castelvetrano Messina Denaro e Michele Alagna.
Ma il Tribunale di Trapani non condivide questa impostazione: “ALAGNA Franca Anna Maria, nata a, ha partorito la figlia Lorenza, in data 17.12.1996, all’ età di 35 anni. Nessuno può affermare che si sia trattato di un concepimento estemporaneo, frutto di una relazione occasionale. Sia l’età della donna che la scelta della famiglia del boss di accoglierla in casa, sono segni di una relazione che durava da tempo e la maternità una scelta consapevole, maturata con la stabilizzazione (nei termini in cui una relazione con un latitante può esserlo) del rapporto negli anni.
Secondo un’altra sentenza, invece, per quanto riguarda l’affare cablaggio: “l’Alagna aveva utilizzato dei conti “transeunti” intestati a prestanome, del tutto estranei al!’ attività di cablaggio, come Sacco Santo e Rosanna, Lo Sciuto Giovanni e Riccobono Rosalba, per far transitare i flussi di denaro provenienti dalle cartiere”.
I coniugi Lo Sciuto (lui è stato anche deputato regionale) non si sono mai occupati di cablaggio, ed il loro coinvolgimento nell’indagine è emerso a seguito degli accertamenti bancari, dai quali è risultata la considerevole mole di operazioni effettuate anche nei confronti di altri coindagati, nonché il consistente importo delle operazioni sia in assegni che per contanti (per diverse centinaia di milioni di lire, non giustificate dall’attività svolta).
Lo Sciuto è stato uno dei soci fondatori, della “FUTURA CALZE Srl”, unitamente, tra gli altri, alla sorella ed al cognato di Matteo Messina Denaro, cioè Giovanna e Rosario Allegra, recentemente arrestato per mafia. Altri soggetti coinvolti nella presunta frode fiscale Cable Sud, in cui molti furono assolti, che negoziarono assegni bancari per centinaia di milioni di lire:
- Antonella Catalano titolare dall’anno 1994 della omonima ditta individuale – operante nel settore dei cablaggi di sistemi elettrici per autovetture, ha utilizzato fatture per operazioni inesistenti nella frode fiscale “CABLE SUD” ed ha definito la sua posizione giudiziaria con il “patteggiamento”;
- Antonino e Giacomo Centonze di Mazara del Vallo, hanno negoziato assegni emessi da Maria Concetta Patti per l’imprto complessivo di lire 152.000.000, ma ciascuno di lire 19.000.000, (al di sotto della soglia dei 20 milioni di lire, verosimilmente modo tale da non incorrere negli obblighi di segnalazione di cui alla legge nr. 197/91) e da Michele Alagna (Antonino Centonze, 2 assegni per l’importo complessivo di lire 22.000.000);
- I SACCO, invece, pur non avendo mai operato nel campo dei cablaggi, si sono prestati, al pari di altri soggetti, a far transitare nei loro conti correnti importanti movimenti di denaro, la cui origine derivava dalle aziende coinvolte nella frode fiscale “CABLE SUD”, in modo tale da rendere difficoltosa, se non impossibile, la ricostruzione delle varie operazioni economiche;
- Filippo Sammartano, oggi deceduto, altro associato conclamato della cosca mafiosa di Castelvetrano, è risultato essere intervenuto nella negoziazione dei titoli emessi nei vorticosi giri delle aziende poste a base della piramide;
- Anche Maria Biagia Cimarosa, sorella del dichiarante Cimarosa Lorenzo e suo marito Antonino Vaiana, nato a Castelvetrano, hanno negoziato assegni emessi nell’ambito della frode per circa 50 milioni di lire ec emesso fatture relative ad operazioni inesistenti, in favore della “PUNTO CABLE Srl”, per un ammontare complessivo di oltre 100 milioni di lire.