Calcedonio Di Giovanni e quegli affari su Torrazza a Petrosino

Calcedonio Di Giovanni e quegli affari su Torrazza a Petrosino

2020-04-27T17:25:34+02:00 11th Novembre, 2014|inchieste|

Per la Direzione investigativa antimafia la scalata imprenditoriale di Calcedonio Di Giovanni sarebbe stata “indissolubilmente intrecciata con i destini delle famiglie mafiose di Mazara del Vallo”. Si sarebbe messo a disposizione di Cosa nostra, avrebbe fatto gli interessi delle cosche. Per la Dia, che ha disposto il sequestro dei suoi 450 milioni di euro di beni, tra società e villaggi turistici, conti correnti, immobili, auto, mezzi, l’imprenditore di Monreale avrebbe cominciato già negli anni 70 la sua scalata. Quando acquistò da Vito Roberto Palazzolo, “uno dei principali artefici del riciclaggio internazionale”, un enorme complesso edilizio, a destinazione turistica, in fase di realizzazione a Campobello. E’ il Residence Kartibubbo. Qui secondo l’inchiesta erano stati investiti i capitali che arrivavano dal traffico di droga, dal contrabbando di sigarette e altri affai illeciti di Cosa nostra. Il tutto con la massoneria deviata che avrebbe fatto la sua parte negli affari di Di Giovanni. Ma soltanto adesso vengono fuori questi intrecci. Negli anni non ha mai subito una condanna per mafia Di Giovanni, sfiorato soltanto dal sospetto.
Ma ha collezionato un bel po’ di condanne nel corso degli anni. Dagli assegni a vuoto, al furto di energia elettrica, alla truffa, a reati ambientali.


Assegni senza copertura
Negli anni ottanta Di Giovanni viene più volte condannato per emissione di assegni senza copertura, reato oggi depenalizzato. Sono quattro le condanne che tra il 1982 e il 1984 vengono inflitte dalle preture di Monreale (il 25 giugno e il 16 settembre 1982), Bologna (30 settembre 1982) e Palermo (7 gennaio 1984) a Calcedonio Di Giovanni al pagamento, in sostanza, di una sanzione.

Violazioni urbanistiche
Nel corso della sua lunghissima carriera Di Giovanni è stato più volte processato per reati urbanistici.
Il 19 giugno 1979 il Tribunale di Marsala lo condannava a due mesi di reclusione e il pagamento di 1 milione di lire di ammenda per per “lottizzazione di aree senza preventiva autorizzazione”. E’ la prima vicenda giudiziaria che colpisce il Villaggio Kartibubbo, a Campobello di Mazara. I fatti si riferiscono a quanto era stato fatto dalla “Campobello S.p.a.” di cui DI Giovanni fu legale rappresentante dal ‘74 a tutto il ‘ 77, che ebbe a compiere in contrada Torretta Granitola, una lottizzazione a scopo edilizio di vaste dimensioni, attraverso la realizzazione del Kartibubbo village. Il villaggio sorge su un area estesa 92.649 metri quadrati con diversi edifici indipendenti: un albergo a sei elevazioni, alcune decine di bungalows disposti a schiera fronti stanti il mare, nonché alcune decine di bungalows isolati. Sottolinea la Dia nella sua proposta di sequestro che “attraverso tale (apparentemente banale) violazione di legge, si realizzavano enormi interessi economici, connessi alla realizzazione, gestione e ed eventuale cessione del complesso turistico di rilevante valore”. Di Giovanni subisce un’altra condanna, nel dicembre 1979, dal Tribunale di Palermo sempre per lottizzazione abusiva , si legge nella sentenza, di “….una complessa struttura composita di edifici interdipendenti…”, costituita da un albergo su due elevazioni (con 20 camere), una casa albergo da 30 camere, nonché 30 costruzioni a schiera su diversi piani.

Abusi edilizi
L’abusivismo edilizio è una costante nella fedina penale di Di Giovanni.  Negli anni novanta le procure di mezza Sicilia si concentrano su di lui.
Nell’agosto del 1993, è stato segnalato all’Autorità Giudiziaria per aver avviato all’interno del villaggio Kartibubbo un cantiere edile senza essere in possesso della relativa licenza edilizia. Il cantiere era stato sottoposto a sequestro preventivo dagli agenti della Polizia Municipale del comune di Campobello di Mazara, poi però interveniva la prescrizione a salvare Di Giovanni.
Nell’ aprile del 1996, scatta un’altra denuncia perché nella sua qualità di custode giudiziale del cantiere di Kartibubbo, aveva violato i sigilli proseguendo nella realizzazione delle opere abusive, incurante delle disposizioni dell’Autorità Giudiziaria. Per questo è stato condannato a 4 mesi di carcere e 600.000 lire di ammenda, poi sostituiti con la libertà controllata per otto mesi.
Sempre per abusivismo edilizio la Corte d’Appello di Palermo nel novembre 2000 (con sentenza diventata definitiva ad aprile 2001) condanna Di Giovanni a due mesi e 20 giorni. L’imprenditore di Monreale aveva costruito “senza concessione edilizia o comunque in difformità dalle concessioni rilasciate un locale di 2000 mq e di altezza di 15 metri, esecuzione di lavori di sbancamento in area del demanio ferroviario, con la realizzazione di una struttura articolata su due piani per una superficie di complessivi mq. 2000 ed una cubatura di mc. 6000 circa.

Quanti guai a Kartibubbo…
Ha passato tanti guai giudiziari Di Giovanni per il Villaggio Kartibubbo. Nell’agosto 1995 una turista ospite nella struttura è morta folgorata mentre si faceva la doccia. e un altro uomo restava ferito. Nel corso delle indagini veniva riscontrata l’inefficienza degli impianti elettrici installati all’interno del complesso turistico e l’inadeguatezza agli standard di sicurezza previsti dalla normativa allora vigente. E poi è stato scoperto che Di Giovanni per rifornire il villaggio turistico rubava energia elettrica all’Enel allacciandosi abusivamente alla rete. Per queste vicende ha patteggiato una condanna nel 1996, e sempre per furto di energia elettrica, nel 1997, è stato condannato a Marsala. Sempre dal Tribunale di Marsala, nel gennaio 2012, Di Giovanni viene condannato per “non aver provveduto alla bonifica di un area contenente rifiuti disposta dal Comandante della Polizia Municipale di Campobello di Mazara”.

Violazione degli obblighi di versamento contributivo
Per il Tribunale di Palermo la società “Il Cormorano srl” (la società proprietaria dei terreni di Torrazza, a Petrosino, poi venduti alla Roof Garden di Licata) da novembre 2007 a novembre 2008 non ha versato le ritenute assistenziali e previdenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti della società riconducibile a Di Giovanni.

Truffe e reati fiscali
Per Di Giovanni, con tutte le società che gestiva, non potevano mancare i reati fiscali e le truffe legate all’ottenimento di finanziamenti pubblici per le sue aziende turistiche.
Nel febbraio 2008 il Tribunale di Udine lo condanna per il reato di tentata truffa ai danni dello Stato e falso in scrittura privata, “per aver formato, nella qualità di legale rappresentante della società Di Giovanni Immobiliare s.r.l., false attestazioni bancarie in ordine alle disponibilità liquide dello stesso Di Giovanni, poi presentate presso l’istituto bancario concessionario del Ministero delle Attività Produttive al fine di poter illecitamente accedere ad un contributo pubblico pari ad euro 5.231.000”.
Nel maggio 2012 la Corte d’Appello di Palermo conferma la condanna in primo grado sempre per tentata truffa ai danni dello stato per l’erogazione di un contributo di un milione e 300 mila euro richiesto per la “Selinunte Country Beach Srl”.
Di Giovanni e la moglie, Orsola Sciortino, sempre a Palermo sono stati condannati per l’utilizzo e l’emissione di fatture false per operazioni inesistenti in qualità di rappresentanti delle società “Parco di Cusa Vita e Vacanze s.r.l.” e “Immobiliare La Mantide s.r.l.” e “Il Cormorano s.r.l.” Poi in appello non viene confermata la sentenza per sopravvenuta prescrizione dei reati.
Il 16 luglio 2009, il tribunale di Marsala condanna l’imprenditore di Monreale ed altri sempre per finanziamenti pubblici illecitamente richiesti e in parte ottenuti.
Il sito di destinazione di gran parte dei forndi è il solito complesso turistico “KARTIBUBBO” di Campobello di Mazara, la cui proprietà, nel tempo, era stata trasferita dalla Campobello Park Corporation s.p.a. ad altre società tutte riconducibili a Di Giovanni”.Facendo riferimento ai soli reati di truffa, la Dia ha calcolato in circa 16 milioni di euro i fondi illecitamente ottenuti. La truffa e i reati fiscali camminano a braccetto. Di Giovanni, la moglie e il suo commercialista (Pietro Tranchida) patteggeranno una condanna davanti il tribunale di Marsala nella sentenza del 16 luglio 2009. E sotto l’occhio dell Dia finiranno tutti i movimenti delle sue società, con i trasferimenti fittizi di capitale, le dichiarazioni di fallimento delle sue società, che per la dia costituisce “una palese dimostrazione di eclatanti ipotesi di bancarotta fraudolenta per distrazione”. Il tutto per sottrarre alla confisca i suoi beni. Come quando ha ceduto a una società inglese e una di San Marino le sue aziende. Società che, ha scoperto la Dia, sono risultate sempre essere riconducibili a Calcedonio Di Giovanni.

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Giacomo Di Girolamo
Giacomo Di Girolamo, giornalista. Mi occupo di criminalità organizzata e corruzione in Sicilia da più di 20 anni. Sono direttore della radio più ascoltata della provincia di Trapani, Rmc 101, e di un portale molto letto in Sicilia, Tp24. Miei articoli sono usciti su Repubblica, Il Sole 24 Ore, Domani. Collaboro anche con Linkiesta.  Sono autore della biografia del boss Matteo Messina Denaro: L’invisibile (un'edizione aggiornata è uscita nel 2023), di Cosa Grigia (il Saggiatore 2012, finalista al premio Piersanti Mattarella), Dormono sulla collina (il Saggiatore 2014), Contro l’antimafia (Il Saggiatore, 2016).  Per Laterza ho scritto "Gomito di Sicilia" (2018), per Zolfo "Matteo va alla guerra" (2022) e "Una vita tranquilla" (2004). Per le mie inchieste ho vinto nel 2014 il Premiolino, il più importante premio giornalistico italiano, e, nel 2022, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, il Premio Nazionale "Paolo Borsellino". Ho raccontato la mia vita in un podcast per Audible, "L'isola di Matteo".