Continuiamo con la quarta ed ultima parte del nostro approfondimento sulla requisitoria del pm Gabriele Paci, al processo che si sta svolgendo a Caltanissetta, nei confronti di Matteo Messina Denaro, accusato di essere il mandante delle stragi.
Il gioielliere e Francesco Geraci e le sue dichiarazioni a Firenze – Francesco Geraci è un personaggio particolare, è un gioielliere di Castelvetrano, che è cresciuto con Matteo Messina Denaro fin dall’infanzia. I due ad un certo punto si sono persi e quando qualcuno chiede il pizzo a Geraci, lui si rivolge al vecchio compagno di scuola, Matteo Messina Denaro. “Da quel giorno – dice lui stesso – divento un uomo di fiducia di Messina Denaro. Mi ha fatto sparare, mi ha fatto uccidere e partecipare anche alla missione romana”. Tanta fiducia aveva Messina Denaro in Geraci che un giorno gli porta a casa Totò Riina. E Geraci diventa addirittura il custode del tesoro di Riina e quando viene arrestato, infatti, lo fa trovare.
Dichiarazioni di Rino Germanà – Riina ha un fratello Gaetano che troviamo nell’organigramma della Stella D’Oriente. Gaetano Riina – dice Germanà – è sposato con la sorella di Gancitano Andrea, della famiglia mafiosa di Mazara, e a lungo fidanzato con la figlia di Mariano Agate. Germanà ricorda come sia Riina, sia Provenzano, avevano dei possedimenti e nella zona di Mazara e in quella di Castelvetrano. Dichiarazioni a conferma di come quella zona sia un fortino sicuro per i corleonesi e in particolare Riina aveva molte proprietà a Castelvetrano.
Anche Provenzano aveva diversi interessi e proprietà tra Campobello e Castelvetrano – Provenzano ha anche una sorella che vive a Castelvetrano e che è sposata ad un certo Giangrosso. Lo conferma il collaboratore Giovanni Brusca che Provenzano aveva diversi possedimenti a Castelvetrano. Stessa cosa fa Pino Lipari, il geometra dell’Anas che gestiva gli appalti per conto di Riina e Provenzano di cui era prestanome. Sulla natura di alcuni immobili, ci sono le dichiarazioni anche del commissario Ganci. Bernardo Provenzano aveva anche dei possedimenti nella zona di Castelvetrano intestati direttamente alla moglie Palazzolo Saveria Benedetta, all’epoca convivente del boss.
Prestanomi di Provenzano – Questi terreni, da quanto risulta, venivano gestiti da un possidente di Corleone, Sebastiano Provenzano di Corleone che si avvaleva per la gestione, della collaborazione di Giangrosso, cognato di Bernardo Provenzano. Alla morte del gestore Sebastiano Provenzano, questi terreni sono passati alla gestione del figlio, Provenzano Giuseppe, professore universitario e futuro Presidente della Regione, ma in seguito passati alla moglie di Bernardo Provenzano, Saveria Palazzolo e poi definitivamente confiscati.
Non solo i Corleonesi investono a Castelvetrano anche i Madonia, i Cuntrera, i Caruana ed altri – A Castelvetrano investono, non solo i Corleonesi ma anche i Madonia di Resuttana e i Cuntrera e i Caruana di Siculiana, famiglie famose per il traffico di stupefacenti. Altro Corleonese doc che investe a Castelvetrano è Raffaele Ganci, uomo di fiducia di Totò Riina, capo mandamento della Noce. Tutto questo sta ad indicare come persone certamente diffidenti quali i due boss, Riina e Provenzano, abbiano eletto quel territorio un luogo sicuro dove investire e dove trascorrere parte del loro tempo, certamente in maniera continuativa per Riina, meno per Bernardo Provenzano.
La partecipazione di Matteo Messina Denaro e il suo consenso fondamentale alla delibera stragista – Che cosa poteva succedere in caso di dissenso trapanese sulla strategia stragista di Riina? “Se avessero detto no, noi non ci mettiamo contro lo Stato”. Quale sarebbe stata la reazione a questo dissenso? Bisognava vedere se Riina continuava con il suo progetto. Non poteva contare sui trapanesi. Dopo le stragi non potevano trasferirsi trnquillamente come hanno fatto a Mazara, a Castelvetrano o a Castellammare. Il consenso dato dai trapanesi e in particolare da Matteo Messina Denaro alla stagione stragista è un consenso fondamentale. Se tutti non gli fossero andati dietro, Riina non poteva fare le stragi, non avrebbe mai potuto fare la guerra allo Stato, non poteva ordinare e fare quello che la sua mente diabolica, aveva già elaborato nell’estate del ’91. Lì Riina aveva tutto, lui e Provenzano e gli altri Corleonesi avevano tutto e di quelle persone loro si fidavano ciecamente. A settembre, anche dopo le stragi, hanno continuato a fare riunioni in tutta tranquillità. Sulla collaborazione tra Corleonesi e mafiosi trapanesi ci son anche le dichiarazioni del collaboratore Giuffrè, storico braccio destro di Bernardo Provenzano. I rapporti con i mandamenti trapanesi, sono rapporti con le persone e i riferimenti per i due boss Riina e Provenzano, sono Mariano Agate di Mazara e Francesco Messina Denaro.
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La richiesta di Francesco Messina Denaro a Riina – Chiese a Totò Riina di “togliergli una spina” e di uccidere il giovane Lillo Santangelo picciotto” che studiava e con forti simpatie mafiose. Lillo, non aveva paura di nulla e non permetteva a nessuno di farsi pestare i piedi. Don Ciccio capì che poteva essere d’ostacolo a suo figlio e lo fece ammazzare dai palermitani a soli 25 anni. Si era permesso di spacciare droga senza chiedere il permesso e aveva così mancato di rispetto. Il padre di Matteo Messina Denaro fa questa richiesta e subito viene esaudita da Riina. Santangelo fu ucciso nel novembre del 1981 a due passi dal Policlinico dove si recava per studiare Medicina. Nello stesso periodo don Ciccio diventa capo provinciale di Cosa Nostra. L’uccisione di Santangelo che era molto amico del figlio Matteo, fu ordinata dal vecchio boss, e servì a fortificare la sua ascesa al potere della mafia trapanese e a calmare le eventuali pretese di altri boss.
Francesco Messina Denaro – Nel luglio del ’90 c’è un decreto della Procura di Marsala che propone l’applicazione della misura di prevenzione per Francesco Messina Denaro. Questo è un provvedimento storico perché è la somma di tutto quello che c’è e si accumula negli anni ’80 a carico di Francesco Messina Denaro: capo della famiglia mafiosa di Castelvetrano dagli anni ’70 e vicecapo provincia della provincia di Trapani e capo del mandamento di Castelvetrano e capo della provincia di Trapani negli anni ’80.