Certo che fa strano. Martedì abbiamo presentato “La partita truccata”, il libro scritto da me e dall’imprenditore Andrea Bulgarella, a Livorno, all’Hotel Palazzo. Nonostante fosse un giorno lavorativo, ad un orario scomodo, c’erano circa 300 persone, molte delle quali venute da Pisa. E capisco che per un pisano venire a Livorno è sempre difficile…
Ovvio, si dirà, Andrea Bulgarella, che ha fatto di Pisa la sua seconda casa, giocava facile. E’ vero. Anche se il rapporto di Pisa e della Toscana in generale con Bulgarella negli ultimi tempi è stato un po’ come un giro sulle montagne russe: prima amatissimo, “il poeta del mattone”, poi visto come un appestato, dopo l’indagine della procura antimafia di Firenze, infine, dopo che l’indagine è stata smontata pezzo per pezzo, di nuovo, cercato e considerato.
Però non mi ha fatto strano questo. Mi ha fatto strano pensare ai casi della vita, perché la vita, se uno la sa accogliere con meraviglia, è sempre sorprendente. E insomma, io Andrea Bulgarella prima di Giugno non lo conoscevo, e ne avevo un’idea che mi ero fatta leggendo le carte della Procura antimafia di Firenze: l’emissario di Matteo Messina Denaro in terra di Toscana, il grande riciclatore dei capitali mafiosi. E mai potevo pensare che un giorno avrei scritto un libro con Bulgarella, “La partita truccata”, che non è un libro contro la magistratura, ma contro certe indagini fatte senza capo nè coda, contro chi rappresenta male le istituzioni, che invece dovrebbero essere a fianco delle persone e degli imprenditori onesti e capaci. E insomma, mai potevo pensare che un giorno quel libro l’avrei presentato con Bulgarella sul palco, e sotto, ad ascoltare, Rino Germanà. Proprio lui, l’unico che è sopravvissuto ad un attentato di Matteo Messina Denaro, un eroe vero (e non solo perché si è salvato da eroe, ma perché molte cose aveva capito della mafia a Trapani, ed era per questo che volevano ucciderlo). Germanà, che per molti è una sorta di bene assoluto, vive in centro Italia, e si è accollato tre ore di macchina per venire ad ascoltare Bulgarella, che per gli stessi è magari il male assoluto.
E invece c’è un posto dove Germanà e Bulgarella stanno insieme e si stringono la mano. E si scopre che hanno fatto battaglie comuni, in nome di valori comuni. E allora, ancora una volta, la conclusione non può che essere questa: bisogna abbandonare facili schemi mentali, la superficialità, cercare di capire, approfondire. Purtroppo, invece, dalle parti dell’antimafia siamo spesso solo pronti ad applaudire, a fare il tifo per le procure e le manette facili, per i giornalisti che copincollano le ordinanze senza farsi domande o scrupoli, per i politici che cavalcano l’antimafia per fare carriera, insomma, facciamo il tifo per una partita, sempre quella, truccata.