Ieri, dopo che Tp24 ha dato la notizia del primo contagiato da coronavirus a Marsala, è partito in città un balletto ignobile di voci. Noi c’eravamo limitati all’essenziale: c’è un contagiato a Marsala. Non potevamo non scriverlo: era un dovere per la nostra comunità, soprattutto per capire che la tempesta ci riguarda da vicino, che non è più tempo di fare gli splendidi o gli eroi, ma di attuare tutte le poche semplici regole che ormai sappiamo a memoria ma che facciamo finta valgano solo per gli altri.
Noi ci siamo limitati all’essenziale. Altri hanno cominciato ad aggiungere i particolari. Su WhatsApp (un giorno verrà, lo senso, un virus che si contagia con il cellulare in mano, sarà davvero una strage …) hanno cominciato a girare identikit, appelli, storie, pure la foto del nostro concittadino, dei suoi colleghi, dei familiari. Sono partiti insulti nei suoi confronti, latrati da fine del mondo, e appelli: chi è stato con questa persona si metta in quarantena! Si allontani da Marsala!
Ad un certo punto qualcuno avrà pensato di fare un picchetto a casa del nostro concittadino (sempre con le dovute precauzioni, però…).
Ma non lo capite che non è più il momento di isolare chi sta male ma di autoisolarci? Non avete davvero capito che dobbiamo metterci tutti in quarantena? Il mondo, e Marsala nel mondo, si divide ormai in due categorie: chi ha il coronavirus, chi rischia di averlo. Non ci sono altre categorie. Quindi: o siamo stati già contagiati (vi ricordo che si può essere portatori sani del virus e non presentare sintomi per la quale …) e quindi siamo un pericolo per gli altri, e dobbiamo metterci quarantena. O non siamo stati ancora contagiati, e per non essere un pericolo per noi e per gli altri dobbiamo metterci in quarantena. Ripeto: siamo tutti quarantena.
Non dobbiamo cominciare la caccia all’untore, dobbiamo ragionare come se fossimo tutti untori.
Non devo pensare a chi è contagiato e chi no. Devo pensare che da adesso, in questa città, il contagio sono io.
Io, devo isolarmi il più possibile. Io, devo limitare i miei spostamenti. Io sono l’infetto. Non l’altro. Io.
Guardiamoci allo specchio, diciamocelo ad alta voce, senza paura: il contagio sono io.