Chiamati in giudizio dai loro dipendenti, quelli che, in nome della lotta alla mafia, avrebbero dovuto tutelare, e che invece sono finiti, letteralmente, in mezzo ad una strada. Per la prima volta alcuni amministratori giudiziari rischiano un processo. E che processo. Si tratta infatti del caso più eclatante tra la gestione dei beni sequestrati alla mafia in Sicilia, quello del gruppo 6Gdo di Castelvetrano.
LA STORIA. La 6GDO è anche la storia di Giuseppe Grigoli, nasce da una sua idea e diventa in poco tempo la cassaforte del suo impero economico. Prima però, Grigoli comincia vedendo detersivi all’ingrosso e fallisce. Successivamente, nel ventennio ’80/’90 costruisce a Castelvetrano il suo impero. Grigoli apriva supermercati Despar in ogni angolo della provincia di Trapani, e poi continua ad espandersi a Palermo e ad Agrigento. Il gruppo 6GDO, l’azienda di distribuzione di prodotti alimentari diventa una delle realtà economiche più consistenti della Sicilia Occidentale e dell’intera regione. Talmente forte economicamente che il 10% del fatturato Despar in Italia appartiene alla sua 6GDO. Il Gruppo gestiva direttamente 43 punti vendita, situati in numerosi paesi delle province di Trapani e Agrigento e altri 40 punti vendita affiliati al marchio Despar e le collegate Eurospar, Superstore, Interspar. Un impero economico dal valore di 700 milioni di euro, che però per gli inquirenti e i giudici era di Matteo Messina Denaro. Grigoli, infatti, che ha scontato 12 anni di reclusione era intimissimo con la famiglia mafiosa di Castelvetrano, ha utilizzato i suoi supermercati per riciclare i milioni di euro i suoi beni costituiti da 12 società, 220 fabbricati (palazzine e ville) e 133 appezzamenti di terreno per 60 ettari sono considerati “di origine e di natura mafiosa”.
L’INCHIESTA. Ben 56 ex dipendenti hanno presentato un esposto in Procura, nel 2015, a Marsala. Le indagini, affidate alla Guardia di Finanza, si sono concluse, e il procedimento è già nella fase dell’udienza preliminare. Indagati sono Nicola Ribolla, Stefano Buscemi, Antonello Cirino (ex componenti del Cda della società), Daniele Santoro e Valerio Rizzo (ex collegio dei sindaci) e Giorgio Nicitra (ex direttore generale). Nell’ultima, tra l’altro, è accaduto qualcosa di importante. I 56 ex dipendenti sono stati ammessi come parte civile. Con loro anche l’ex curatore fallimentare. La Procura ha messo sotto la lente i sette anni di amministrazione giudiziari della società che fu del mafioso Giuseppe Grigoli e del suo socio occulto, Matteo Messina Denaro. Ribolla fu amministratore giudiziario della società, che fallì nel 2014. Secondo la Procura di Marsala, i sei imputati, a vario titolo, sarebbero “ritenuti responsabili di false comunicazioni sociali, bancarotta fraudolenta aggravata dalla commissione di più fatti e dal danno patrimoniale causato”. I 56 dipendenti sono difesi dagli avvocati Alessandra Guarini e Lorella Casano, sei anni fa hanno presentato una denuncia-querela. Il 13 Settembre si deciderà sull’eventuale rinvio a giudizio.
“E’ uno straordinario risultato l’ammissione, come parte civile, di tutti i 56 ex lavoratori del Gruppo 6Gdo, che entrano adesso a pieno titolo nel processo” spiega l’avvocato Guarini. “Nella loro denuncia querela questi lavoratori hanno deciso di non nascondersi dietro un dito, ma di elencare, punto per punto, tutto i punti di quella che è stata per loro la mala gestio dell’impresa sotto sequestro”, aggiunge. Il Gup ha anche respinto la richiesta di incidente probatorio delle difese degli imputati che volevano una perizia contabile sulle cause del dissesto della società.
Nicola Ribolla è uno dei commercialisti più noti in tema di amministrazione di beni sotto sequestro. Ha gestito, per esempio, i beni sequestrati a Vito Nicastri. Nell’atto d’accusa Ribolla e gli altri sono accusati di aver compromesso la stabilità economica e finanziaria dell’azienda, e di effettuato alcune operazioni anomale, come il giro di soldi verso la Special Fruit, azienda controllata dalla 6GDO, e nel cui Cda facevano parte Ribolla e Buscemi, così come la Grigoli Distribuzione Srl, partecipata dalla 6GDO per oltre sei milioni di euro, e nel cui Cda facevano parte sempre Ribolla, con Cirino.
Ci sono poi una serie di crediti a società fornitrici che sono stati svalutati, portando, secondo l’accusa, un danno alla società. 1.150.000 euro con la Cemeland, ad esempio, per citare l’importo più alto, o il caso, singolare, di quasi 1.800.000 euro con la Logicom Srl, nel cui Cda siedevano Ribolla e Nicitra.
Il capitolo più duro delle indagini riguarda però il compenso degli amministratori. Secondo l’accusa i compensi percepiti da Ribolla e gli altri indagati sono stati “sproporzionati rispetto a quelli percepiti dagli altri amministratori, nonostante la società versasse in stato di dissesto”. Di che cifre stiamo parlando? Ecco uno schema.
Nicitra, in tre anni, ha percepito 145.600 euro. Ribolla e Buscemi 105.000 euro a testa. Cirino 135.000 euro.
Secondo la Procura il danno causato dagli amminstratori e da chi non ha vigilato è enorme, ed è quantificato in 33.800.000 euro. Il tutto è avvenuto “dissipando i beni societari”, mentre gli amministratori e il direttore generale continuavano a percepire compensi “sproporzionati”. Ribolla si è sempre difeso dicendo di aver agito con trasparenza e correttezza.
Come ha raccontato in un’intervista a Tp24 Alessandro D’Angelo, ex dipendente dell’azienda (e autore, insieme ai suoi colleghi, dell’esposto), Gruppo 6 Gdo era la Srl più grande in Sicilia con 14 milioni e 500 mila euro di capitale sociale interamente versato: ” Nel 2007, tra Trapani, Agrigento e Palermo avevamo 54 supermercati, più una trentina di affiliati”. Poi l’amministrazione giudiziaria, e la fine …