Di sicuro c’è solo che sarà lungo. Molto lungo. È il Ponte sullo Stretto di Messina, quello che unirà finalmente la Sicilia al resto del mondo, e che è diventato, in questi ultimi mesi, l’ossessione di molti siciliani, e di un padano, Matteo Salvini.
Il ministro delle Infrastrutture l’avrebbe sfruttato molto il ponte, in questo periodo, dato che fa va e vieni dalla Sicilia ogni quindici giorni, in pratica, per fare una conferenza di servizio, un annuncio, una riunione tecnica, o partecipare ad un convegno, su questo benedetto Ponte intorno al quale si muovono tantissime cose, per ora, ma solo sulla carta.
L’ultima novità in ordine di tempo è il ritorno in vita della famosa società Stretto di Messina, costituita nel 1981, smantellata nel 2013. E adesso, risorta. I soci (tutti pubblici: Rfi, Regione Siciliana, Regione Calabria, Ministero dell’Economia e Finanza, Ministero dei Trasporti) si sono riuniti in assemblea per approvare il nuovo statuto e il nuovo Consiglio di amministrazione. A guidare la società è stato richiamato, come Amministratore delegato, Pietro Ciucci, già in carica dal 2002 al 2013, quando il governo Monti disse stop ai sogni del Ponte sullo Stretto, mettendo la società – costata trecento milioni di euro – in liquidazione.
«Realizzeremo dopo decenni un’opera di importanza mondiale», è stato il commento di Salvini, fotocopia delle dichiarazioni precedenti fatte fin qui, con qualche variazione sul tema. «Sarà un’opera unica come la Cupola del Brunelleschi», o «Sarà l’opera più green di sempre, ripulirà il mare e darà centomila posti di lavoro, ad operai italiani, perché sono i migliori al mondo». Oppure: «Non è il ponte di Messina, è il ponte degli italiani». Ancora: «Sarà un ponte antimafia».
«L’Italia sarà esempio nel mondo», ad esempio, si legge dopo l’approvazione del decreto “salva – Ponte” del 31 marzo scorso in Parlamento. È grazie a quel provvedimento che la Società dello Stretto torna in vita, cessa il contenzioso da oltre un miliardo di euro con chi il ponte dovrebbe farlo davvero, Eurolink e Parson Transportation, e viene rilanciata la prosecuzione del progetto.
Per convincere gli scettici sulla bontà dell’opera, al ministero guidato da Salvini hanno anche aperto una pagina dedicata alla Faq sul Ponte, contro i gufi, direbbe lui, e con qualche numero: ottomila elaborati per la progettazione dell’opera, tremilatrecento metri di lunghezza, 60,4 di larghezza, sei corsie stradali, due binari per una capacità di seimila veicoli l’ora e duecento treni al giorno. Poi, però, più uno si addentra, più il contorno si fa incerto. Ad esempio, quanto sarà alto questo ponte? sessantacinque metri, dicono al ministero. Così è troppo basso, rispondo i tecnici, e le navi non passeranno. Al ministero, poi, smontano le accuse sul pericolo vento e terremoto. È progettato per una resistenza fino ad un sisma di 7,1 gradi della scala Ritcher, spiegano sempre le Faq del Ministero, e fino a duecentosettanta chilometri orari di vento.
Salvini ci crede. Nel governo fanno i conti. Giorgia Meloni da queste parti non si vede, e tutto assume la forma di un gigantesco giocattolo per distrarre il più ingombrante degli alleati. Circa i costi, lì sorgono i problemi. Perché quando nel 2013 il governo Monti stoppò la società Ponte sullo Stretto, la struttura costava 8,5 miliardi di euro. Oggi sono già 13,5 miliardi, senza contare le opere connesse. E il tutto a ruspe ferme.
Lo stesso Def, il Documento di Economia e Finanza, segnalava qualche settimana fa la mancata copertura delle risorse, ma per Salvini non è un problema: «Vedrete che alla fine costerà anche di meno. E poi ci sono tanti investitori stranieri pronti a partecipare alla spesa». Inedito alleato di Salvini in questa missione è il presidente della Regione, Renato Schifani. I due non si risparmiano nei complimenti reciproci e si spalleggiano. Così, anche Schifani rassicura sui costi. Prima li fa anche aumentare: «La spesa sarà di quindici miliardi – dice, ad abudantiam, l’ex presidente del Senato – ma l’Europa non si tirerà indietro, e poi ci sono i ricavi dei transiti».
«I lavori cominceranno l’anno prossimo», ha detto Salvini intervenendo in un blindatissimo convegno della Cisl, lunedì 6 giugno, a Messina. Cioè nell’estate 2024. Si fa i rilanci da solo: in Parlamento, qualche settimana fa, parlava di avvio dei lavori nel 2025. Di questo passo è capace che si apre il cantiere e ci coglie tutti impreparati.
A mettere i bastoni tra le ruote, in ultimo è l’Anac, l’Autorità Nazionale Anti Corruzione. Nella sua relazione annuale il numero uno Giuseppe Busia boccia l’opera pubblica: «Comporta troppi rischi per la parte pubblica», scrive, riferendosi agli squilibri nel rapporto tra concedente pubblico e, appunto, i privati: «Il recente decreto-legge, sulla base di un progetto elaborato oltre dieci anni fa, ha riavviato l’iter di realizzazione del ponte tra Sicilia e Calabria – si legge nella relazione -. Sono stati, da parte di Anac, proposti alcuni interventi emendativi volti a rafforzare le garanzie della parte pubblica, non accolti, tuttavia, dal Governo in sede di conversione del decreto».
E così come la società Ponte sullo Stretto è tornata in vita, ecco rispuntare anche i comitati “No Ponte”, tenuti ben lontani dai convegni di queste settimane. Lunedì per evitare contestazioni, il convegno della Cisl con Matteo Salvini ospite si è tenuto a bordo di una nave, al porto di Messina.
All’arrivo, per il leader della Lega, rotoli di carta igienica e insulti. Gli aderenti al comitato sono tanti, e denunciano che, in un territorio fragile come quello di Messina, solo per le fondamenta del Ponte ci sono settantacinque torrenti da mettere in sicurezza, e che, ad esempio, solo gli espropri da fare riempiono un documento di 1039 pagine, con resort, ville di lusso, condomini, mentre escono i primi studi contrari, che smontano gli effetti positivi che il ponte avrebbe su turismo, trasporti.
«Un’opera dal costo elevatissimo e ingiustificato di cui non è stata ancora dimostrata la costruibilità e non è finanziata», scrivono in un rapporto di cinquanta pagine Wwf e Lipu. «La si vuole realizzare con una procedura di Valutazione di Impatto Ambientale addomesticata e bypassando l’obbligo di gara per l’affidamento al general contractor».
L’importanza di questo movimento non va sottovalutata. Proprio uno dei leader della protesta, Renato Accorinti, nel 2013 divenne Sindaco di Messina ed entrò nel palazzo municipale indossando la maglietta No Ponte. Non gli manca il coraggio: nel 2002 per protestare contro il Ponte si arrampicò sul pilone dell’elettrodotto di Monte Faro, a duecentoventi metri di altezza, stando sospeso per un giorno e una notte. Anche lui si è rifatto vivo. Annuncia una grande manifestazione per il prossimo 17 giugno, rispolverando l’ironia dei vecchi tempi: «È inutile fare il Ponte sullo Stretto, quando da Messina a Palermo in treno ci vogliono più di tre ore. Il nostro Vincenzo Nibali, il campione italiano di ciclismo, ci mette di meno».