Mafia e politica in Sicilia. Il caso di Messina

Mafia e politica in Sicilia. Il caso di Messina

2016-05-13T07:50:12+02:00 14th Maggio, 2016|cosa grigia|

Una matassa inestricabile che lega, tra le sue maglie, i clan mafiosi messinesi di spicco. E’ quanto scoperto dalla Squadra Mobile di Messina che, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia peloritana, ha fatto luce su come alcuni affiliati alle cosche mafiose, legati a personaggi del mondo politico locale, abbiano ostacolato la libertà di voto per le consultazioni elettorali regionali, politiche e comunali che vanno dall’ottobre 2012 al giugno 2013.

In tutto sono 35 le persone arrestate. Di esse, 26 sono state raggiunte da ordine di custodia cautelare in carcere e 9 sottoposte agli arresti domiciliari. Sono 4 invece le società sequestrate con le quali settori commerciali leciti concorrevano al mantenimento di attività illecite.

Le misure cautelari sono state eseguite dalla Squadra Mobile di Messina con la collaborazione dei Commissariati della Provincia e delle Squadre Mobili di Palermo, Catania, Caltanissetta, Enna, Reggio Calabria, e Vibo Valentia.

I destinatari delle misure cautelari sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di aver costituito e fatto parte di una associazione mafiosa attiva nel quartiere “Camaro – San Paolo”, finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti contro la persona ed il patrimonio, tra cui estorsioni e spaccio di sostanze stupefacenti.

Dalle indagini è emerso in particolare come, mediante un diffuso e capillare sistema clientelare, il gruppo ostacolasse la libertà di voto,procurando voti – scrivono i magistrati – ai candidati Franco Rinaldi, Francantonio Genovese e Paolo David in occasione delle consultazioni elettorali per il rinnovo del consiglio regionale del 28-29 ottobre 2012, delle elezioni politiche del 24-25 febbraio 2013 e delle elezioni amministrative per il rinnovo del consiglio comunale di Messina del 9-10 giugno 2013“, in cambio di denaro, generi alimentari, assunzioni presso strutture sanitarie, agevolazioni per il disbrigo di pratiche burocratiche ed altro.

La Procura ha precisato che i due big – Genovese e Rinaldi – non sono indagati perché non è stato possibile provare che fossero a conoscenza che l’attività di David fosse finalizzata a favorire anche loro.

 A proposito dei deputati di Forza Italia, il gip precisa che «la stabilità e la sistematicità dei rapporti tra i principali procacciatori di voti con metodi illeciti e i politici di riferimento, ed il diretto vantaggio in termini elettorali ricavato nelle prime due tornate elettorali, porterebbero a ritenere – in termini che allo stato costituiscono, per il vero,solo un plausibile spunto investigativo, in quanto tale meritevole di approfondimento – che i due onorevoli possano avere avuto contezza del metodo utilizzato per procacciare consensi a vantaggio del partito d’appartenenza». E aggiunge che «è certo che David si è mosso freneticamente alla ricerca di consenso elettorale dapprima in favore dei suoi referenti politici, ma anche in vista delle elezioni comunali che lo vedevano candidato». A David viene contestata solo la corruzione elettorale perché, secondo gli inquirenti, non aveva la consapevolezza di avere a che fare con soggetti legati a Cosa Nostra.

Le indagini hanno permesso di documentare come il sistema per procacciare i voti fosse servito fin dalle primarie del Pd per la scelta del sindaco, e poi per le regionali del 2012 e per le ultime amministrative. Un voto sarebbe costato circa50 euro, o sarebbe stato acquistato con una busta della spesa. Un pacchetto di una decina di voti, inoltre, sarebbe stato scambiato con un’assunzione trimestrale in strutture compiacenti. In particolare quelle del medico Giuseppe Picarella che gestisce in città centri estetici e case di riposo. Proprio sull’aspetto delle assunzioni trimestrali, il procuratore Guido Lo Forte ha voluto precisare: «Si tratta di una novità: persone che venivano assunte e non è detto che poi effettivamente andassero a lavorare. Diciamo che avevano trovato il modo di usare la legge sui contratti a termine per i loro interessi».

A dirigere il sistema sarebbe stato sempre David. «Con una convulsa attività di supporto politico – scrive il gip – David spende le proprie conoscenze, i rapporti personali, parentali e amicali e la propria influenza politica negli ambiti più vari (Inps, Inail, esercito, Cas) ma soprattutto, nel settore sanitario e in particolar modo presso le strutture gestite da Picarella». Secondo gli inquirenti, il trait d’union tra David e gli elettori sarebbe stato Angelo Pernicone, personaggio «legato alla criminalità organizzata e in specie al clan Spartà ma anche a quello di Ventura». È lui – scrivono i magistrati – che «si prodiga per garantire un pacchetto di voti con l’evidente obiettivo di assicurarsi l’affidamento di lavori da parte del Comune e non solo, garantendo come conseguenza, anche l’assunzione per sodali e amici».

Tra le persone coinvolte c’è anche Giuseppe Capurro, un ex consigliere comunale di Messina, candidato alle elezioni amministrative per il rinnovo del Consiglio Comunale di Messina del 2013, poi non rieletto, è ritenuto responsabile di concorso esterno in associazione mafiosa: si sarebbe attivato per la risoluzione di problematiche amministrative di particolare interesse per l’organizzazione criminale.

Le indagini, svolte in un arco temporale che va dal luglio 2011 al giugno 2013, hanno disegnato uno spaccato estremamente aggiornato del contesto criminale di Messina, evidenziando l’attualità del clan mafioso nel quartiere di Santa Lucia Sopra Contesse, con a capo il boss detenuto Giacomo Spartà, il quale da dietro le sbarre continua ad avvalersi della collaborazione dei suoi uomini di fiducia.

Pesanti forme di estorsione agli imprenditori e la costituzione di società, sono state documentate dalle forze dell’ordine. Attraverso queste ultime, il gruppo riusciva ad inserirsi in remunerativi settori commerciali come quello edilizio e dei servizi di sicurezza dei pubblici spettacoli, così da ottenere apprezzabili introiti da investire in attività illecite come il traffico degli stupefacenti.

L’elenco dei destinatari della misura cautelare in carcere:

1) Carmelo Ventura, 55 anni, di Camaro San Paolo, inteso Carosello;

2) Andrea De Francesco, 45 anni di Bisconte;

3) Lorenzo Guarnera, 55 anni di Camaro San Paolo;

4) Salvatore Mangano, 37 anni di Cataratti, inteso “Panzazza”;

5) Albino Misiti, 54 anni di Bisconte;

6) Giovanni Moschitta, 57 anni;

7) Adelfio Perticari, 46 anni, inteso “Adolfo”;

8 Domenico Trentin, 37 anni;

9) Giovanni Ventura, 35 anni di Camaro;

10) Santi Ferrante, 61 anni già detenuto, inteso “Ricchiazzi”;

11) Salvatore Pulio, 45 anni di villaggio SS. Annunziata;

12) Fortunato Cirillo, 50 anni di villaggio Santo;

13) Gaetano Nostro, 47 anni di villaggio San Filippo;

14) Raimondo Messina, 43 anni di Santa Lucia sopra Contesse;

15) Giuseppe Cambria Scimone, 52 anni di Santa Lucia sopra Contesse, inteso “Peppone”;

16) Giovanni Celona, 46 anni di Santa Lucia sopra Contesse;

17) Francesco Foti,53 anni di Santa Lucia sopra Contesse;

18) Francesco Giacoppo, 50 anni di San Filippo Inferiore;

19) Angelo Pernicone, 61 anni, inteso “Berlusconi”;

20) Giuseppe Pernicone, 35 anni di villaggio Santo;

21) Luca Siracusano, 40 anni di Santa Lucia sopra Contesse, “U Biddicchiu”;

22) Pietro Santapaola, 52 anni;

23) Paolo David, 59 anni, consigliere comunale;

24) Pietro Costa, 27 anni di Pistunina;

25) Fortunato Magazzù, 27 anni di Santa Lucia sopra Contesse;

26) Francesco Tamburella, 33 anni di Santa Lucia sopra Contesse;
Soggetti sottoposti agli arresti domiciliari:

27) Vincenza Celona, 44 anni di Santa Lucia sopra Contesse;

28) Giuseppe Capurro, 61 anni, ex consigliere comunale;

29) Giuseppe Picarella, 61 anni del villaggio Santo;

30) Baldassarre Giunti, 57 anni del rione Villa Quiete;

31) Stefano Genovese, 62 anni di villaggio SS. Annunziata;

32) Carmelo Catalano, 24 anni di Santa Lucia sopra Contesse;

33) Carmelo Bombaci, 34 anni;

34) Massimiliano Milo, 37 anni del rione Aldisio;

35) Rocco Milo, 40 anni del rione Aldisio.

 

About the Author:

Giacomo Di Girolamo
Giacomo Di Girolamo, giornalista. Mi occupo di criminalità organizzata e corruzione in Sicilia da più di 20 anni. Sono direttore della radio più ascoltata della provincia di Trapani, Rmc 101, e di un portale molto letto in Sicilia, Tp24. Miei articoli sono usciti su Repubblica, Il Sole 24 Ore, Domani. Collaboro anche con Linkiesta.  Sono autore della biografia del boss Matteo Messina Denaro: L’invisibile (un'edizione aggiornata è uscita nel 2023), di Cosa Grigia (il Saggiatore 2012, finalista al premio Piersanti Mattarella), Dormono sulla collina (il Saggiatore 2014), Contro l’antimafia (Il Saggiatore, 2016).  Per Laterza ho scritto "Gomito di Sicilia" (2018), per Zolfo "Matteo va alla guerra" (2022) e "Una vita tranquilla" (2004). Per le mie inchieste ho vinto nel 2014 il Premiolino, il più importante premio giornalistico italiano, e, nel 2022, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, il Premio Nazionale "Paolo Borsellino". Ho raccontato la mia vita in un podcast per Audible, "L'isola di Matteo".