L’isola dei Vicerè, l’isola alla ricerca sempre di un conquistatore, lo aveva incoronato in fretta: è stata una storia d’amore a prima vista, quella tra Silvio Berlusconi e la Sicilia. Lui si concedeva ai rinfrancanti bagni di folla a ogni campagna elettorale, spopolando nelle borgate le sue promesse di ricchezza – senza bisogno di elargire alcun reddito di cittadinanza – l’Isola lo ricambiava con una valanga di voti, diventando presto il granaio dell’impero forzista. L’apice fu il famoso sessantuno a zero, del 2001, ma anche adesso, in tempi di magra, i voti non mancavano: il 14,7 per cento di Forza Italia alle ultime elezioni regionali del Settembre 2022 era in pratica il doppio della media nazionale alle Politiche, di nemmeno l’otto per cento.
Silvio e la Sicilia La Sicilia e Silvio Berlusconi. Anzi, «Belluscone», come lo chiamavano tutti. Un amore viscerale, tanto che “Belluscone – una storia siciliana” si chiama proprio il film del 2014 di Franco Maresco che voleva raccontare questo rapporto tra gli isolani e il politico, e fu, invece, la storia strampalata di un progetto di racconto, poi abbandonato per mille motivi, ma con alcuni momenti iconici, come l’intervista, era il 2012, ad un Marcello Dell’Utri seduto niente di meno che su un trono.
Acclamato, portato in trionfo. La prima volta non si scorda mai. È il marzo del 1994, la campagna elettorale della discesa in campo. Alla Fiera di Palermo Berlusconi trova settemila persone ad attenderlo. Il doppio della capienza prevista. Si entrava solo per invito, e in tanti avevano anche falsificato i biglietti pur di esserci, davanti al profeta del nuovo miracolo italiano. Lì, capisce che la vittoria è a portata di mano.
La prima avventura da presidente del Consiglio di Berlusconi dura poco. Nel 1996 vince l’Ulivo di Romano Prodi, ma ugualmente, in Sicilia, Forza Italia è il primo partito: «La Sicilia non si lascia intimidire», è il suo commento. Proprio dalla Sicilia nasce la grande rivincita, che si basa su due colonnelli uguali ed opposti, il vulcanico Gianfranco Miccichè, e il diplomatico Renato Schifani. Con loro comincia la risalita, grazie ad un asse con i centristi di Totò Cuffaro, che porta alla clamorosa vittoria del 2001, con l’aggiudicazione al centrodestra di tutti i 61 collegi elettorali nei quali si votava con il sistema maggioritario.«Siamo uno splendido fiume che scorre nella direzione della libertà», esulta lui di fronte a un mare di gente.
Dalla Sicilia, dunque, arriva la spinta per tornare di nuovo al governo, questa volta stabilmente. E Berlusconi non si ferma. Nel 2008 il Partito delle libertà, la sua creatura di allora, prende alle Politiche il quarantotto per cento. Da lui arriva, per primo, la proposta di riprendere il dossier per la costruzione del Ponte sullo Stretto. Vorrebbe inaugurare già il cantiere, non gli riesce. Si accontenta dell’inaugurazione dell’autostrada Palermo – Messina. Dall’isola di Lampedusa, dove si trova per una delle tante crisi per la gestione dell’emergenza migranti, chiede agli italiani di venire in vacanza nell’isola più a sud del Mediterraneo: «Fate come me. Mi sono attaccato a internet e ho scovato una bellissima casa a Cala Francese, si chiama Due Palme e l’ho comprata».
Ma l’isola è agrodolce, questo Berlusconi lo impara con il tempo. Se dal punto di vista politico le delusioni sono poche (forse l’unico è quell’Angelino Alfano da Agrigento che lui alleva come un delfino, salvo poi mollarlo: «Gli manca il quid»), le amarezze arrivano, tanto per cambiare, dalle Procure e dalle tante indagini, tutte chiuse però sempre con l’archiviazione. L’ultima volta a Palermo, nel 2019, è proprio in un’aula giudiziaria, chiamato come testimone nell’infinito processo sulla trattativa Stato – mafia. Davanti la Corte d’Assise rimase solo qualche minuto, il tempo per dire che si avvaleva della facoltà di non rispondere.
Addio bagni di folla nei palasport come nei centri congressi. Ma la relazione con l’Isola continua a distanza. Ed è forte. Non è un caso che Silvio Berlusconi scelga la Sicilia, ed in particolare il collegio di Marsala, per candidare nel maggioritario, alle politiche di settembre, la sua amata Marta Fascina. Sa che lì l’elezione è più blindata che ad Arcore, per dire. I due erano attesi in campagna elettorale, come i Ferragnez, per un evento. Non verranno mai. Lei sarà eletta ugualmente.
Da lontano, poi, Berlusconi commissaria il partito in Sicilia, dopo che lo scontro Renato Schifani – Gianfranco Miccichè ha assunto proporzioni atomiche per la stabilità di un partito che, dopo la morte del padre e leader, rischia di andare in frantumi. Anzi, per Miccichè, il conto alla rovescia verso la dissoluzione è iniziato: Non ci sarà più Forza Italia, muore con Silvio”.