Due avvenimenti importanti, negli ultimi giorni, servono ancora una volta a chiarire quello che sta succedendo nel vasto campo che noi chiamiamo “lotta alla mafia”, o “antimafia”.
Avvenimenti che in molti non vedono, o preferiscono non commentare, perchè ci viene comodo e facile attribuire a Matteo Messina Denaro come ai Corleonesi tutti i mali di questo mondo e di questa terra, ci viene comodo e ci viene facile pensare agli eroi morti da venerare, su quelli rimarcare le nostre antologie e i pubblici interventi, ci viene comodo e ci viene facile esaltare la potenza di Cosa nostra, della Sicilia irredimibile, dei boss spietatissimi e fortissimi.
Eppure non possiamo più nasconderci. Non è onesto.
Quando vado nelle scuole, oppure all’estero, in contesti, cioè, dove mafia e antimafia vanno spiegati bene e con calma, dall’abc, mi trovo ormai in forte imbarazzo. Perchè a chi si aspetta da me l’esaltazione del sacrificio degli eroi, di noi che camminiamo sulle gambe delle loro idee, e di tutto l’apparato retorico indispensabile per il kit del bravo oratore antimafia, io aggiungo altri pezzi. Che seminano preoccupazione, delusione, anche qualche critica.
Comincio dal citare i dati su Cosa nostra, ormai ridotta al lumicino, degli omicidi di mafia pari a zero ormai da anni in Sicilia, dei boss morti fradici al 41 bis, di Messina Denaro ultimo fuggitivo e senza eredi. Quando dico: vedete che stiamo vicendo la battaglia contro Cosa nostra, si levano quasi mugugni. Come? Che delusione. Addirittura stiamo vincendo. Si, stiamo. Che non significa che abbiamo vinto, anzi, ora ci arriviamo, ma si, negli ultimi 25 anni quanti successi abbiamo conquistato in questa guerra? Tantissimi.
Lo ha detto anche l’ex procuratore di Reggio Calabria/Palermo/Roma, Pignatone, quando abbiamo presentato, questa estate, il suo ultimo libro a Marsala. E insomma, criticare un umile giornalista /giornalaio di provincia è facile, ma c’è stato anche chi ha detto, il giorno dopo: come fa questo Pignatone a dire che Cosa nostra è debole, quando è più forte che mai?
E già.
Ma la verità è questa, Cosa nostra è debolissima e dobbiamo dirlo, anche se ciò mette a rischio il nostro prestigio, il fatturato, la nostra partita Iva, e l’indotto.
Però trascurare questo aspetto è fare un torto a chi ha combattuto la mafia, ignorare gli ultimi 25 anni di storia, per sbadataggine, reticenza o comodità. E’ come quando nelle scuole superiori, al quinto anno, il programma di storia si ferma alla seconda guerra mondiale. Come se il mondo dopo non fosse esistito. Hanno vinto i buoni, fine della storia.
E invece il mondo continua, e il nostro è continuato dopo le stragi del ‘92 – ‘93, tra alti e bassi, molti successi, e molte cose che cambiano.
E dunque, si, io ne parlo.
E devo parlare anche di come cambia la mafia. Perchè è vero che stiamo vincendo la battaglia contro Cosa nostra, ma una nuova criminalità organzzata si è ormai affacciata nel nostro Paese, e io gli ho dato un nome, “Cosa grigia”, avendone intuito forme e contorni. E il mio amico Attilio Bolzoni la chiama “mafia degli incensurati”, ancora meglio. E poi è arrivato un giudice, anzi, una giudice – notizia di questi giorni – e ha messo un altro bollino: “mafia trasparente”.
E insomma, oggi quando parliamo di mafia, non possiamo ignorare questa mafia trasparente, dobbiamo spiegarla bene.
Il riferimento è alle motivazioni, da poco rese pubbliche, della condanna a 14 anni, per associazione a delinquere e altro, per Antonello Montante. Si parla proprio di “mafia trasparente” per spiegare il sistema criminale messo in piedi dall’ex numero uno di Confindustria in Sicilia, una mafia che non è definibile secondo i canoni dell’articolo 416bis, eppure in qualche modo esiste, c’è, arriva fino nel cuore delle istituzioni, dei Ministeri e delle segreterie dei partiti, decide appalti ed elezioni, pianifica le emergenze.
Che cos’è questa mafia trasparente, dobbiamo provare a spiegarlo, a spiegarlo bene. E allora penso ad una puntata del Trono di Spade, a due personaggi che parlano, e parlano di potere, tanto per cambiare, e l’uno, Lord Baelish, “Ditocorto”, dice all’altro: “Il potere? Cos’è il potere se non l’ombra del potere stesso…”. Ed è questa la mafia trasparente, eccola: l’ombra del potere. E sempre rimanendo in tema “Trono di spade”, cosa dice, sempre Baelish? Che il caos non è disordine, ma è una scala, per chi ne sa approfittare, ecco perchè scrivo di “emergenze pianificate” in Sicilia (i rifiuti, il dissesto idrogeologico: tutti caotici problemi che conviene tenere strutturalmente in emergenza per permettere a gruppi di potere di agire...).Sono caos preparati a tavolino.
Quindi, se dobbiamo parlare di mafia, aggiorniamo le nostre dispense al capitolo, fresco di stampa, della “mafia trasparente”. Cerchiamone esempi anche nelle nostre città, magari ci stupiremmo di quante assonanze, quante somiglianze, ci sono tra la vicenda Montante, ad esempio, e vicende locali.
E quando parliamo di mafia, dall’altro lato, dobbiamo spiegare cosa abbiamo inventato, per lottare la mafia, il carcere duro, ad esempio, o lo strumento formidabile del sequestro dei beni agli indiziati di mafia, al di là del fatto se poi mafiosi lo siano davvero. E quante aziende gli abbiamo sottratto, e quante ricchezze. Solo che queste aziende, queste ricchezze, sono passate nelle mani dei magistrati, cioè dello Stato, che hanno nominato degli amministratori giudiziari, cioè commercialisti che sono diventati pubblici ufficiali, incaricati di gestire l’azienda che fu del mafioso. E alcuni di questi amministratori, senza controlli, senza regole, hanno fatto quello che volevano, arricchendosi a dismisura, alcuni anche rubando, e autoassolvendosi sempre in nome della le-ga-li-tà. E’ il caso , secondo le accuse della Procura, di questi giorni, del commercialista Lipani, e dei beni sequestrati ai mafiosi di Mazara e Campobello. E quante mail ricevo, quanti messaggi, di gente che mi dice: hanno scoperto l’acqua calda, ma perchè non controllate l’amministratore X, dell’azienda Y, o quello che succede nella città di.
In questi anni quello degli amministratori giudiziari è diventato un potere cresciuto senza controllo da parte dell’opinione pubblica. Dobbiamo combattere la mafia con la legalità e la trasparenza, e invece abbiamo creato un potere opaco. Un amministratore giudiziario è, di fatto, un pubblico ufficiale. Lavora per lo Stato, per noi. E invece, nella mia esperienza, nove volte su dieci, quando provo a chiedere qualche informazione ad un amministratore giudiziario trovo un muro di gomma. Eppure sarebbe corretto pubblicare tutto: quanto guadagnano, come gestiscono le aziende, quali sono le loro performance.
Anche episodi come questi vanno raccontati, come le finte associazioni antiracket, gli avvocati campioni delle mille parti civili che bene conosciamo a Marsala, le vittime dei finti attentati, gli autori delle finte “svolte legalitarie”, insomma tutte queste finzioni qua. Le dobbiamo raccontare, perchè il nostro potere è la parola, e la parola serve a definire. Se davanti all’ennesimo amministratore giudiziario ladro facciamo spallucce e parliamo di mela marcia stiamo cercando ancora una volta la nostra confort zone.
Trasparente è la nuova mafia, trasparente è certa antimafia. Come si somigliano…