La stagione triste dell’antimafia vive un altro dei suoi paradossi: un’azienda di calcestruzzo, gestita dallo Stato, che un’azienda controllata dallo Stato fa fallire, davanti ad un Tribunale dello Stato. E adesso il Prefetto nominato dallo Stato a capo dell’agenzia di Stato, per gestire l’azienda che appartiene allo Stato, farà ricorso contro la sentenza dello Stato ad un altro giudice dello Stato…
L’azienda è la Calcestruzzi Belice di Montevago, ai confini tra le province di Agrigento e Trapani, confiscata all’imprenditore mafioso Rosario Cascio, è gestita dall’Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati, diretta dal Prefetto Postiglione. L’istanza di fallimento, decisa dal Tribunale di Sciacca, è stata fatta dall’Eni per alcune forniture non pagate per “ben” 30.000 euro. Agli 11 operai sono già state inviate le lettere di licenziamento.
“L’Agenzia nazionale per i beni confiscati ha proposto reclamo avverso alla dichiarazione di fallimento della Calcestruzzi Belice deciso dal Tribunale di Sciacca davanti alla corte d’Appello, che verrà esaminato il 2 febbraio. Nel frattempo, visto che l’attività di estrazione è boccata, abbiamo dato autorizzazione a continuare a vendere il materiale”. A dirlo è il direttore dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, Umberto Postiglione. “Le caratteristiche di questo fallimento sono singolari – commenta Postiglione – tutto il debito per il quale la magistratura ha stabilito che l’azienda va fallita è di 30 mila euro, debito che la Calcestruzzi prima del sequestro aveva nei confronti dell’Eni, la quale si è sottoposta a verifica dei crediti. Il credito è molto modesto per mandare a gambe all’aria una struttura”. Di tutta la vicenda, Postiglione assicura che ne parlerà con la leader della Cgil Susanna Camusso – che ha incontrato i dipendenti della Calcestruzzi Belice – appena si riprenderà da una brutta influenza che ho ha colpito. “Nel settore delle costruzioni la mafia ha buon gioco – dice Postiglione – e non c’è mercato; più facile è invece rimettere in sesto gli alberghi, con alcuni dei quali abbiamo ottenuto grandi risultati fino a migliorarne qualità, fatturati e numero di ospiti. Il settore delle costruzioni è più delicato, vede purtroppo concentrati molti investimenti dei mafiosi”. “Parleremo con l’Agenzia nazionale che amministra i beni sequestrati alla criminalità, affinché riveda questa assurda decisione”, ha detto oggi Susanna Camusso, riferendosi al fallimento della Calcestruzzi.
La Calcestruzzi Belice Srl di Montevago è stata confiscata all’imprenditore di Partanna Rosario Cascio, condannato per associazione mafiosa.
Attivo nel settore del cemento e degli inerti, Cascio aveva conquistato una tale posizione di monopolio da riuscire ad entrare in numerosi cantieri di opere pubbliche della Sicilia Occidentale, lucrando svariati miliardi di vecchie lire. Le sue imprese, secondo i giudici delle misure di prevenzione e secondo i rapporti investigativi antimafia, sono state a disposizione della mafia.
La Calcestruzzi Belice Srl, che faceva parte dei beni sottratti all’imprenditore nel 2010, è gestita dall’Agenzia nazionale per i beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata. Lo scorso 29 dicembre il Tribunale di Sciacca ne ha dichiarato il fallimento accogliendo l’istanza presentata dall’Eni Spa, creditrice per circa 30 mila euro. Già tra il 1993 ed il 2000 l’imprenditore aveva subito un sequestro e una conseguente confisca di beni.
Le imprese che si occupano di costruzioni e quelle di calcestruzzo sono quelle sulle quali i mafiosi investono. E’ semplice per loro in questo settore individuare chi andare a minacciare per vendere il loro materiale, spesso anche di bassa qualità, e a chi far fare i lavori. In un momento nel quale le costruzioni sono semi ferme, il mercato immobiliare in crisi, è difficile avviare strategie per far funzionare, nella legalità, queste società” dice Umberto Postiglione.
“In questi settori, c’è una clientela pre individuabile e dunque si tratta di clientela fortemente attenzionata dalla mafia. Ci sono invece altri settori, come quello degli alberghi, dove la clientela arriva grazie ad internet. Non attraverso bandi pubblici. E dunque non si può controllare questa clientela. I nostri alberghi in Sicilia sono tornati a funzionare. Mi riferisco a quello del Villaggio Mosè, ad Agrigento, che è passato a quattro stelle e che dai sei dipendenti ne ha, adesso, 18. Mi riferisco al San Paolo di Palermo che perdeva un milione e mezzo di euro all’anno ed oggi guadagna e stiamo reinvestendo nella struttura per venderla e farla evolvere in efficienza. Con gli alberghi si può fare. Ribadisco, non si può individuare la clientela. Mentre invece è facile farlo nel mondo delle costruzioni o dei trasporti. Si pensi, ad esempio, al mercato ortofrutticolo di Vittoria. E’ semplice conoscere chi farà le spedizioni e dunque è semplice avvicinarli. Con le strutture ricettive, anche le agenzie di viaggio straniere si muovono su canali non facilmente tracciabili: su internet”.