C’è un modo di dire e non dire le cose che è tipico di certi personaggi dell’antimafia. Denunciare a mezza bocca, fare intendere: la mafia ce l’ha con me, lo so, ma non posso dirlo chiaramente, ma ho dubbi, e allora lo dico. Rosario Crocetta, presidente della Regione Siciliana giunto ormai alla fine di questa esperienza che si ricorderà più per le sue ospitate all’Arena di Rai Uno, che per altro, dello stile del dico – non dico è maestro. Tutto ciò che gli capita di triste, spiacevole, quanto meno sospetto, pare abbia mandanti mafiosi, non fosse altro per una sorta di macumba che la mafia di Gela gli ha giurato anni fa. “Sono un presidente condannato a morte – ha detto in alcune occasioni – perché un pentito ha riferito che la condanna può essere cancellata solo da chi l’ha emessa, ma chi l’ha emessa in questo caso è deceduto”. Crocetta parla del boss mafioso Daniele Emanuello, ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia una decina di anni fa.
Nel Settembre del 2013 Rosario Crocetta, mentre sta andando con la scorta ad un’iniziativa del suo movimento “Il Megafono”, è protagonista di un brutto incidente stradale.L’auto della scorta che seguiva quella su cui viaggiava Crocetta, ha sbandato scontrandosi con violenza contro un pilone. Tre gli uomini della scorta estratti dall’auto, feriti gravemente.
L’illeso Crocetta il giorno dopo piazza le due dichiarazioni del dico – non dico sui possibili mandanti di quell’incidente stradale: “Sono un condannato a morte”. Sceglie con cura come calibrare ogni dichiarazione, ad esempio mica si può fare un comunicato stampa, è preferibile l’autorevolezza di qualche osservatore straniero, di qualche testata non italiana. Ed è così che l’inserto domenicale del Times, il quotidiano più letto in Inghilterra, un mese dopo l’incidente dedica un servizio “al governatore gay che giura di voler raddrizzare la Sicilia” e che “guardato a vista da sei poliziotti armati, riporta continuamente informazioni ai magistrati antimafia, portando avanti la sua crociata contro gli sprechi, l’inefficienza e la criminalità”.
Cosa dice Crocetta in quell’articolo? “Diciamo che la mia morte è molto più probabile che il mio andare in prigione – dice Crocetta -. Io penso ogni giorno di morire. Continuo a ricevere minacce da parte della mafia, ma ho abituato me stesso a non avere paura.” E poi eccolo avanzare, appunto, il sospetto che possa esserci la mafia dietro l’ incidente sulla Siracusa-Gela. “Tuttavia – ammette – non posso provare nulla”.
Quattro anni dopo, su quell’incidente, possiamo dire che si può avere una certezza: la mafia proprio non c’entra.
Si è concluso infatti il processo per i responsabili di quell’incidente, gli operai e i funzionari che lavoravano al cantiere, poveretti, non certo i capi della cosca locale, ed è terminato con due assoluzioni e due sentenze di non luogo a procedere. È questo l’esito del processo che si è celebrato al tribunale di Siracusa sull’incidente stradale. Il gup, Giuseppe Tripi, ha assolto Corrado Magro, 70 anni, funzionario del Cas e Vito Salemi, 60 anni, dipendente di un’impresa titolare dell’appalto per la realizzazione della segnaletica, che erano accusati di attentato alla sicurezza stradale. Prosciolti, in quanto non avevano scelto il rito abbreviato, Gaspare Sceuse, 62 anni, direttore dei lavori, e Angelo Arman, titolare dell’azienda in cui lavora Salemi.
L’auto ha sbandato contro un pilone. Tutto qui. Senza dico – non dico.